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Tutti gli uomini del presidente: cult di un genere

Tutti gli uomini del presidente è un film del 1976, diretto da Alan J. Pakula. I due interpreti principali del film sono Dustin Hoffman e Robert Redford. Figurano nel cast anche Jack Warden, Hal Holbrook e Jason Robards. Il film ha vinto 4 Premi Oscar nel 1977. Jason Robards ha ottenuto la statuetta come miglior attore non protagonista. Alla vittoria dell’attore si aggiunsero anche quelle dei premi per la miglior sceneggiatura non originale, scenografia e sonoro. Tutti gli uomini del presidente ricevette anche la candidatura nella categoria miglior film e Pakula quella come miglior regista.

Tutti gli uomini del presidente: trama

Il film racconta uno dei più famosi scandali politici della storia degli Stati Uniti nel 1972 che coinvolse il presidente Nixon e il Partito Repubblicano. Nel giugno di quell’anno cinque uomini vengono arrestati per essersi introdotti nel complesso residenziale Watergate a Washington. Il giorno dopo, un giovane cronista del Washington Post Bob Woodward (Redford) si trova in tribunale per seguire la causa. Qui scopre che tra i cinque uomini c’è un uomo della CIA. Iniziando a sospettare che l’effrazione possa essere collegata alla campagna elettorale, il giovane cronista inizia ad indagare. A lui si affianca un altro giovane cronista Carl Bernstein (Hoffman). I due si scontrano con i silenzi del Partito Repubblicano e il disinteresse del resto della stampa. Grazie ad una fonte anonima, che lavora per l’amministrazione Nixon, riescono a ricongiungere i fili. Scoprono così l’esistenza di una rete di spionaggio e corruzione per la rielezione del presidente.

Tutti gli uomini del presidente: la recensione

Tutti gli uomini del presidente ebbe fin da subito un grande successo in termini di pubblico. L’idea di raccontare un fatto così recente e ancora scottante colpì soprattutto il pubblico americano. Il film è il capitolo finale della trilogia della paranoia di Alan Pakula. Una trilogia che era iniziata nel 1971 con Una squillo per l’ispettore Klute e proseguita con Perché un assassino del ’74. Tutti gli uomini del presidente tra i tre film risultava sicuramente essere quello a più alto contenuto politico. La vicenda del Watergate che ha condotto alle dimissioni di Nixon al momento dell’uscita non aveva ancora finito di sortire i propri effetti. È stato sicuramente uno dei punti di svolta della storia degli Stati Uniti. Una vicenda che oltre a rimarcare la corruzione di una certa classe politica evidenziava il potere dei media.

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Il film ricostruisce una vicenda molto vicina nel tempo. Questo ha forse in parte inficiato sulla riuscita generale. Alcune ricostruzioni operate dalla sceneggiatura risultano infatti leggermente carenti nella spiegazione, altre leggermente forzate. Tutti gli uomini del presidente muove lunga una direzione che è a metà tra il biografico e la spy-story senza prendere una linea chiara. I personaggi di Woodward e Bernstein avrebbero forse meritato un approfondimento maggiore. Robert Redford e Dustin Hoffman offrono interpretazioni credibili ma i loro personaggi peccano un po’ di spessore. La regia di Pakula è solida e impone al film il ritmo in maniera precisa. Si parla chiaramente di un film di spessore e molto importante per ciò che racconta. Le carenze della sceneggiatura inficiano, almeno in parte, sul risultato finale. Si tratta comunque di un film capostipite. Un’opera dalla quale ne sono derivate altre che a questa si sono ispirate nella propria costruzione.

Un film di riferimento e gli anni ’70

Sono stati molti, dunque, i film che si sono ispirati successivamente a Tutti gli uomini del presidente. Si parla naturalmente di opere, spesso su fatti realmente accaduti, che hanno messo in luce il ruolo dei media. Tra i casi più recenti rientrano di certo The Report e Il caso Spotlight. Quest’ultimo, che raccontava i casi di pedofilia riguardanti la Chiesa Cattolica a Boston, vincitore dell’Oscar nel 2016. È facile rintracciare all’interno di questi due film (come in altri) un pattern simile a quello del film con Hoffman e Redford. Il lavoro alacre di giornalisti, spesso molto giovani, che si scontrano con i silenzi e le storture del sistema. Gli anni ’70 sono stati un momento di evoluzione e di sviluppo di questo genere di narrazioni.

Ci sono stati anche prima di Tutti gli uomini del presidente film che raccontavano la vita della redazione di un giornale. Segnatamente, ci sono stati film che hanno raccontato la storia del ruolo dei media nella società a partire dagli anni ’50. Anche in Italia sono stati però gli anni ’70 a segnare una svolta in questo senso. Basti pensare a film come Sbatti il mostro in prima pagina. È chiaro che si tratta di un film che è l’antitesi di Tutti gli uomini del presidente. Da una parte c’è un giornalismo impegnato nella ricerca della verità. Nel film italiano si racconta invece la connivenza tra il potere mediatico e quello politico. Tutti gli uomini del presidente è, inoltre, un’ulteriore consacrazione di Robert Redford. Nessun attore come lui incarna negli USA quel genere cinematografico che si interroga sulla dimensione del potere.

PANORAMICA RECENSIONE

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Tutti gli uomini del presidente ha ridefinito un genere cinematografico. Alcune lacune di sceneggiatura vengono colmate dalle interpretazioni e dalla regia.
Stefano Minisgallo
Stefano Minisgallo
Si vive solo due volte come in 007. Si fanno i 400 colpi come Truffaut, Fino all’ultimo respiro come Godard. Il cinema va preso sul serio, ma non troppo. Ci sono troppi film da vedere e poco tempo, allora guardiamo quelli belli. Il cinema è una bella spiaggia, come nei film di Agnes Varda.

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