Metti che tu chieda che cos’è l’amore? Cosa rispondi? Rispondi? Ogni parola che definisce contiene un pezzo di morte del definito; la sua tangibilità. L’amore, si sa, mal si adatta a questo percorso, l’amore non lo raggiungi così. L’amore sta da un’altra parte, probabilmente è un’altra parte. Se lo vuoi capire, o anche solo intercettare, serve uno sguardo diverso, una differente disposizione. The windshield wiper prova a mostrarci questa diversa prospettiva
The windshield wiper è un film di Alberto Mielgo, artista che ha fatto dell’animazione l’amore della sua vita, lavorando tra gli altri con Tim Burton (La sposa cadavere), la Disney (Tron – la serie) e la Sony (Spider-Man – Un nuovo universo), e che in quest’occasione ha scritto, diretto e montato un corto animato presentato a Cannes nel 2021 (Quinzaine des Realizateurs) e premiato agli Oscar 2022 come miglior opera nella sua categoria.
The windshield wiper è frutto di cinque anni di lavoro appassionato ed è un oggetto fascinoso, crepuscolare, che si muove tra le righe di un’ambizione, dentro un mood esistenziale, quasi beckettiano, della non-parola, della situazione accennata, dell’umanità che si dibatte come pesce fuor d’acqua in qualcosa per sempre più grande di lei.
The windshield wiper – Trama
Tutto parte da un signore seduto in un bar che si domanda, davanti ad un caffè, con una sigaretta tra le dita, ed un vociare d’ambiente convinto ed ingombrante, che cosa sia l’amore. Da qui si innesca un pathcwork di scene, ritratti di istanti, quadri in movimento, momenti particolari, che si frammentano e si intrecciano tra loro in una specie di rosario laico, sgranato come i petali di una margherita ipnotica e decadente, capace di restituire il senso del sentimento amoroso, il suo luogo, la sua circostanza, la sua modalità.
La realtà viene letta attraverso la lente d’ingrandimento dell’amore: where is the love, cantava un celebre tormentone alcuni ani fa. Mielgo risponde con il suo formicaio di attimi rivelatori, intellegibili in tal senso. Casuali colpi di fulmine, incontri sfiorati ma sabotati dalla tecnologia, incontri stanchi di una vita passata insieme, incontri preparati dalla sorte, che preannunciano un futuro match, baci in movimento.
Accanto a loro, rapporti consumati che lasciano un’eco frequente: negli sguardi di due innamorati fermi a fissare il tramonto in spiaggia, nelle sagome tristemente nude ed anonime di una coppia in una camera da letto newyorkese, nel farfugliare disperato di un ubriaco verso un manichino in vetrina, ipotetica donna che rivorrebbe indietro, nei petali di fiore caduti per strada ad un uomo che corre sotto la pioggia in cerca del portone della sua bella, la quale non risponderà, nell’attesa di un lui in ospedale, o di un nonno con la nipotina all’aeroporto, o di un anziano di fronte ad una tomba, persino in una giovanissima fanciulla asiatica in divisa scolastica d’ordinanza che si lascia cadere giù da un alto tetto, con alle spalle chissà quale cuore a pezzi.
Windshield wiper – Recensione
Un insieme di brevi visioni che dicono e vogliono fotografare un sentimento, il suo profilo, la sua degenerazione, il suo rapporto con la percezione altrui, coinvolta o non che sia, con l’alienazione tecnologica, con il passare del tempo, con la disillusione, l’imprevisto e la passione. Sono tutte istantanee che piombano emotivamente sul vetro dei nostri occhi come pioggia nel diluvio e poi via, vengono scavalcate da un’altra immagine, come gocce lavate via da un tergicristallo (che in inglese è proprio windshield wiper).
Una suggestione e poi un’altra suggestione e poi ancora: The windshield wiper abdica alla struttura classica della storia, non si appiattisce su plot e metafore, non mette in campo analoghi o allegorie, ma esercita su tema l’immaginazione, osservando da un’ottica pre-direzionata la realtà. Così sconosciuti, gesti inconsulti, sguardi o attenzioni improvvisate si rivelano portatori di un’energia sentimentale più profonda, a volte commovente ed epifanica.
Mielgo compone una collettività senziente che ci riflette in modo drammaticamente e romanticamente fedele. Quasi nessuno parla: due amanti di cui sentiamo solo le voci si chiedono quale colore sono l’uno per l’altra, ma la conversazione non termina; una chat dopo un incontro amoroso rivela lo squilibrio dell’impegno emotivo tra le due parti in gioco e anche qui non si arriva ad una risposta definitiva; sintomo che la parola, come già anticipato, non basta, tradisce, sabota.
Il resto è sguardi, posture, silenzi, linee del corpo, ambienti abitati, movimenti. Neanche un nome di personaggio è dato, così come manca un’unità di tempo specifica e di luogo unico: si salta dalla Grande Mela ad Honk-Kong, dalle rive di qualche località marina, a caseggiati simil-motel di umanità brada, che sembra avere la data di scadenza maggiormente in evidenza rispetto ad altri consimili.
Il colore adottato è gentile e realistico, a tratti si fa più evidente, schizza come a ricordarci quant’è vivida la vita, specie se amorosa, quando accade nonostante la nostra distrazione o cattiva volontà, in un impreciso ed imprevedibile momento. L’animazione è realistica, adulta, ma a tratti sembra voler sbucare fuori dallo schermo, imprimersi chissà dove con le linee del contorno dei corpi che si muovono autonome, nere su sfondo colorato, quasi a voler catturare con prepotenza l’attenzione di chi guarda, reclamando un’identità diretta e toccante.
The whindshield wiper si esercita a cogliere nella realtà segnaletiche d’amore, del passaggio di uno o più cuori, declinandone alcune modalità: un’opera di esegesi del sentimento attraverso i geroglifici umani, spaziali e sociali inventati per intendersi tra le pieghe della quotidianità. Una società segreta dell’amore, dove tergicristallo è una parola d’ordine che solleva il sipario sul rito.
Mielgo testimonia la non traducibilità univoca e verbale del sentimento principe, limite e poesia dello stare al mondo, inciampo prediletto dei senzienti, tana di ciò che maggiormente si avvicina alla vita. The windshield wiper applica un’orchestrazione a tratti andersoniana, del collettivo, e della collettiva emersione dell’atmosfera di riferimento: concentra e dilata lo sforzo, mette a fuoco e crea assonanze, con una malinconia denunciata, forse irreversibile, perché già consapevole che il più grave torto contro l’amore lo continuiamo a fare: non lo ascoltiamo.