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The Vast of Night

Un motivetto accattivante si fa largo fra le nostre idee. Di che si tratta? Ci sembra di averlo già sentito. Sullo schermo di una TV dalla cornice smussata sta iniziando un nuovo episodio di Paradox Theater. Come siamo tornati nella Twilight Zone?  “L’immensità della notte” viaggia in una frequenza imprigionata fra la logica e il mito. Anni ’50. Stati Uniti d’America. E siamo pronti per un incontro riavvicinato vecchio stile.

Nostalgia e creatività. Suspense e immagini dal sapore di una vecchia pellicola.  “The Vast of Night” è uno Sci-Fi dall’atmosfera intima, velato dall’aria fumosa di un tempo andato, ben lontano dal rumore del giorno, della contemporaneità e della razionalità.

L’America degli anni ’50 è di nuovo ad un passo da noi. Noi che da europei abbiamo sempre pensato di essere riusciti a toccarla, anche se solo attraverso uno schermo. Con i suoi cardigan dentro ai licei e i cheeseburger davanti ai jukebox. Con la Guerra Fredda che bussava alle porte, e la segregazione razziale già ben dentro le mura. Il debutto della radio, l’avvento della televisione, e l’incanto di un tempo gremito di possibilità. E si riusciva trasognati ad immaginare macchine telecomandate e autostrade in tubi sottovuoto. Qualche impavido sognatore forse poteva persino congetturare l’ipotesi di telefoni con schermi come quelli della TV.

Un omaggio al grande classico “Ai confini della realtà”, un inchino di ossequio a “La Guerra dei Mondi” di Orson Wells (nel film la radio si chiama proprio WOTW), una lode a “Incontri ravvicinati del terzo tipo” di Spielberg. Tutto ciò potrebbe giustamente sembrarvi qualcosa di estremamente distante dalla fragorosa vivacità dell’innovazione. Eppure quando si sa come raccontarla la fantascienza vintage stupisce, coinvolge e diverte. Come se fossimo rimasti in quei tempi da sempre.

The Vast of Night

Quello di Andrew Patterson è uno degli esordi più inaspettatamente intriganti degli ultimi tempi. “The Vast of Night”: rifiutato da molti festival, realizzato con solo 700mila dollari, autofinanziato da Patterson stesso, mediante il suo lavoro di pubblicitario e regista di corti per l’Oklahoma City Thunder. Con queste premesse il suo primo film sembra ancora più imperdibile, non trovate?

Gli abitati di una piccola cittadina del New Mexico sono tutti riuniti nella palestra del liceo per assistere alla partita di basket più importante della stagione. Proprio in quell’angolo di ordinario mondo americano incrociamo gli sguardi di Everett (Jake Horowitz) e Fay (Sierra McCormick). Lui è il giovane cronista della radio locale. La sua parlantina audace e il suo aspetto strafottente lo rendono l’uomo perfetto per tenere in mano un microfono. Lei nasconde la sua naturale eleganza dietro occhiali spessi, e trattiene a fatica la sua genuina curiosità in una stretta e composta coda di cavallo. È interessata alle invenzioni, alle scienze, a tutto ciò a cui ancora non è stata fornita una spiegazione. Ed è letteralmente stregata dalla rivoluzione tecnologica che potrebbe trasformare, in un futuro non troppo lontano, la vita che verrà.

Di serate così se ne sono già viste tante. Everett inizia a dare voce e suoni alla sua trasmissione radio di provincia, mentre Fay raggiunge il centralino per il suo turno notturno. Ma anche in “The Vast of Night” accade tutto in una notte. E la notte è proprio questa.

The Vast of Night

Fay avverte un segnale sulle linee telefoniche. Un suono al quale non riesce a dare un nome. C’è qualcosa di strano in arrivo. Everett non dubita delle intuizioni della ragazza, così decide di trasmettere in diretta quello strano suono. Entrambi sperano che qualcuno all’ascolto possa chiarire l’origine del rumore ignoto. Un ascoltatore risponde all’appello. Dall’altro capo del filo è un ex militare che parla. Una voce fosca, un nome probabilmente falso, una storia inquietante avvolta nel mistero. Questa oscura telefonata è solo l’inizio di una lunga notte.

Il fascino delle speranze e il sapore delle possibilità. La paura dell’ignoto e il terrore della massificazione che incombe. Si rivive un’intera epoca in “The Vast of Night”. E ogni brandello di efficace tecnica è dedicato a restituire le atmosfere degli anni che hanno preceduto lo Sputnik, la modernità, la vita come la intendiamo oggi.

La fotografia è intrisa dell’incanto della pellicola. Con la sua immagine fumosa che si strugge alla ricerca della poca luce presente su di un set perennemente notturno. La camera di Patterson sa sfruttare ogni briciola di luminosità a disposizione. Le luci non travolgono mai la scena. Rimbalzano sugli oggetti, immergono la notte in una fitta nebbiolina d’altri tempi.

In “The Vast of Night” sono i suoni, e le parole degli uomini che vorrebbe poterli spiegare, la vera essenza. Capita che lo schermo si oscuri per lasciare la componente sonora libera di diffondersi, senza essere veicolata da immagini fuorvianti. Sono le interferenze sulle frequenze a reggere l’intera narrazione. Eppure le immagini sono così ben studiate da essere il perfetto contraltare del suggestivo design sonoro.

“The Vast of Night” è anche un film di piani sequenza (tra cui ricordiamo la corsa forsennata attraverso una cittadina meravigliosamente stereotipata, scalfita nell’immaginario di ogni spettatore nutrito a pane e cinema d’oltreoceano) e di scelte di montaggio molto interessanti. Patterson gioca sull’avvicendarsi di lunghi piani sequenza in movimento con inquadrature fisse, divertendosi nell’inserire stacchi decisi, quasi violenti, e tagli più dolci.

Le immagini di “The Vast of Night” ci restituiscono un frammento di passato. Sono ipnotiche, sporcate di un’esistenza di genuina nostalgia. Lo spettatore si sorprende per essere rimasto in ascolto, con lo sguardo fisso sullo schermo, e la mente rivolta alla spasmodica ricerca di soluzioni ad enigmi che forse non esercitano su di lui la stessa attrattiva di un tempo. Eppure ci ri-scopriamo nostalgici di un mondo che non abbiamo mai vissuto, per distanza culturale, per divario temporale, per banale lontananza chilometrica. Ma il mito sopravvive al tempo, il fascino colma il distacco, e la magia del cinema fa il resto.

Benché l’enigma occultato dal confuso segnale sia il più conosciuto nel mondo della fantascienza, ciò non compromette la resa complessiva di una narrazione che, pur non sorprendendo per originalità, sa restituire una fascinazione autentica.

The Vast of Night

“The Vast of Night” ci viene presentato come un episodio di una fittizia serie TV anni ’50. Le atmosfere sono così intime da ricordare davvero l’intrattenimento da piccolo schermo, goduto dal divano di casa. Non mancano però le sfumature drammaticamente attuali, così bene celate nella foschia vintage da non stonare affatto.

Le due chiamate in arrivo al centralino infatti sono di un afroamericano e un’anziana donna. Voci che nella società – ieri come oggi – faticano a trovare un orecchio teso. Voci di persone sacrificabili, voci che sapevano non sarebbero state mai ascoltate sul serio. Inoltre nel monologo di Gail Cronauer, intenso da togliere il fiato, si sferra un astuto colpo ai poteri forti. “Nessuno sa di essere coinvolto, ma il libero arbitrio è impossibile con loro là sopra”.

Il manierismo dialogico è il peccato imperdonabile di questo gioiellino low budget. Ad esclusione di qualche stralcio di dialogo la sceneggiatura di James Montague e Craig W. Sanger spesso arranca e sembra non centrare puntualmente l’obiettivo. I monologhi funzionano alla grande, ma le conversazioni a due perdono di efficacia. Forse si voleva con troppa premura renderli irresistibili. E l’operazione non pare del tutto riuscita.

“The Vast of Night” è una pellicola che ci riporta a quando lo Sci-Fi aveva un gusto tutto nuovo. La macchina da presa indugia sui personaggi, poi li avvolge, li soffoca. Il senso di inquietudine si amplifica, la stranezza fa presagire il farsi largo del genere horror. Bellissimo l’agitarsi della camera a raso terra, capace di costruire eccitazione e mistero.

“The Vast of Night” ci ricorda di una magia dimenticata. Lanciare in aria parole che possano essere udite in tutto il mondo, guardare seduti sui nostri divani le cose accadute altrove, o magari cose che non accadranno mai. Tecnologie desiderate, ottenute, ora date per scontate. Ma il fatto che oggi si possa spiegare come sono divenute realtà non le rende meno affascinanti. E i misteri dell’universo vanno ancora ben oltre il nostro cielo, nascosti nella vastità della notte.

PANORAMICA

regia
soggetto e sceneggiatura
interpretazioni
emozioni

SOMMARIO

Sci-fi dall'atmosfera intima e nostalgica. Si rivive un'intera epoca in "The Vast of Night" : le immagini fumose hanno tutto il sapore delle vecchie pellicole. Le immagini sono così ben studiate da essere il perfetto contraltare del suggestivo design sonoro. Quello di Andrew Patterson è uno degli esordi più inaspettatamente intriganti degli ultimi tempi.
Silvia Strada
Silvia Strada
Ama alla follia il cinema coreano: occhi a mandorla e inquadrature perfette, ma anche violenza, carne, sangue, martelli, e polipi mangiati vivi. Ma non è cattiva. Anzi, è sorprendentemente sentimentale, attenta alle dinamiche psicologiche di film noiosissimi, e capace di innamorarsi di un vecchio Tarkovskij d’annata. Ha studiato criminologia, e viene dalla Romagna: terra di registi visionari e sanguigni poeti. Ama la sregolatezza e le caotiche emozioni in cui la fa precipitare, ogni domenica, la sua Inter.

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