Qualche giorno fa si è conclusa la seconda stagione di The Boys, produzione originale Prime Video la cui prima stagione avevamo recensito qui. The boys è una serie creata da Eric Kripke, noto per essere l’ideatore della serie quindicinnale Supernatural, ed è tratta dal fumetto scritto da Garth Ennis e disegnato da Darik Robertson. Se la prima stagione si immaginava un mondo in cui la élite sono i Supes, ovvero dei supereroi e poi scardinava dall’interno questo mondo all’apparenza buono e splendente, questa seconda stagione abbandona leggermente il tono irriverente per dare più spazio a un taglio più drammaticamente politico. Pur non mancando alcune divertenti scene di gore caustico e eccessivo (ha fatto molto parlare la scena della balena), questa seconda stagione è più classicamente melodrammatica e anzi, ha una precisa intenzione di commentario all’attualità specialmente americana.
Riassumere The boys senza fare spoiler è una impresa ardua. Da una parte abbiamo i Sette, un gruppo di supereroi rappresentati dalla azienda Vought, che sono selezionati tra i più potenti Super degli Stati Uniti e che, soprattutto, li devono rappresentare. E quindi abbiamo Queen Maeve, Black Noir, Abisso, A-Train, Translucent, la novella Starlight e il loro leader, il Patriota. Ognuno, tranne Starlight, giovane dagli ideali chiari in testa, è stato più o meno corrotto dal sistema: Maeve è una alcolizzata, a-Train è tossicodipendente, Abisso e Translucent molestano le colleghe, il Patriota nasconde un animo spietato.
Dall’altra parte abbiamo i Boys del titolo: un gruppo di underdog ingaggiato dalla CIA per smascherare gli abusi dei Super e le corruzioni di Vought. Tutti i componenti del gruppo (Butcher, Latte Materno, Frenchie, Hughie e Kimiko) sono più o meno stati coinvolti da qualche azione spregevole di un Super, poi opportunamente insabbiata da Vought. Nella prima stagione, i Ragazzi scoprono a cosa serve il Composto V, una droga usata dai Super, e qual è la relazione tra Vought e alcuni attacchi terroristici. Nella seconda, il segreto del Composto V viene finalmente alla luce, ma questo non cambia la potenza di Vought. Anzi, in particolar modo con la nuova aggiunta al team da parte della femminista dalla bocca larga Stormfront, Vought e il Patriota usano l’odio a loro vantaggio e lo convertono in amor di patria.
Una trama estremamente complicata che sintetizza gli oltre 72 libri del fumetto, e che appunto per questo riesce a non calare mai di ritmo. I personaggi sono tanti e tutti complessi, con proprie ragioni di fare quello che fanno. I dialoghi sono brillanti e irriverenti, alcune idee deliziosamente gore e dark humor. Ma questa seconda stagione sicuramente prende le distanze dal divertimento fumettistico della prima, che passava senza sosta da un eccesso caustico a un altro e che aveva come grandissimo merito una sceneggiatura a orologeria, in cui niente era troppo e tutti i dettagli avevano una loro funzione. Insomma, un gioiello.
Questa seconda stagione risulta leggermente più fiacca per dialoghi e per approfondimento dei personaggi, puntando di più su tono classicamente melodrammatico e su istanze più di attualità. Per cui, se la prima stagione era soprattutto una sulfurea parodia di questo immaginario status system dei supereroi, questa seconda diventa più una dolorosa riflessione sulla politica americana degli ultimi anni. Impossibile non vedere in Stormfront un aizzatore delle masse come è stato Trump, contro gli immigrati e i “terroristi”. Il clima di terrore che lei e il Patriota creano per salvare la faccia dai loro abusi è terribilmente familiare. Come dice Stormfront nell’ultima puntata “condividono gli ideali, solo non gli piace la parola nazista”. Con questa frase ovviamente il collegamento tra le due istituzioni politiche è palesato e vuole proprio suggerire una amara riflessione sulla situazione politica americana, in particolare in questo periodo di proteste antirazziste. Ancora più amara nella conclusione, che ancora una volta, nella politica, non salva proprio nessuno.
Con temi più importanti e attuali, questa seconda stagione perde però in genuino divertimento e anche in approfondimento delle dinamiche tra personaggi. Certo, vediamo tutte le backstory che ci mancavano nella prima stagione, ma queste vanno anzi a rafforzare il tono melodrammatico di questa stagione. Leggermente più convenzionale della prima, controbilancia gli eccessi di sentimentalismo con una sana dose di splatter, ancora più disgustoso che nella prima stagione. Comunque, indubbiamente un prodotto di altissimo livello, di cui non vediamo l’ora di vedere i prossimi sviluppi.
Voto Autore [usr 4,0]