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Quasi Amici – The Intouchables

Cos’hanno in comune un ragazzo senegalese, cacciato da casa, reduce da sei mesi passati in galera, ed un ricco tetraplegico con un cervello ormai destinato a scivolare nell’apatia? Durante i titoli di testa di Quasi Amici – The Intouchables, la risposta sembra essere: Nulla. Beh, sbagliato. E in fondo, questa storia non sarebbe piaciuta a nessuno, se la risposta fosse stata “nulla”. La verità è che tra questi due uomini così diversi c’è un solo grande, grandissimo punto in comune. Un’amicizia meravigliosa destinata a durare per tutta la vita.

Ispirata ad una storia vera, la pellicola di Toledano e Nakache uscì nel 2011, ricordando a noi tutti una cosa essenziale. Amore non significa soltanto coppiette. Amore significa umanità. E Quasi Amici, in fondo, è proprio questo. Una storia di splendida e disarmante umanità.

Driss Bassari siede in mezzo a gente che proprio non sopporta. Sono tutti impettiti, rigidi. Non ridono, né sorridono. Annuiscono solo. Davanti, una parete adornata di quadri altisonanti. Attorno, oro, superfici marmoree dense di valore. Sotto le suole, niente polvere. Nemmeno un granello. Attende ormai da due ore, e non lo nasconde. Batte i piedi, tamburella con le mani, scuote la testa. Ma non può fare altro.

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È un colloquio, e prima di entrare, dev’essere chiamato. Non è molto attento, Driss. È troppo annoiato per esserlo. Eppure, se rivolgesse per un momento lo sguardo verso la porta che lo separa dall’obiettivo, noterebbe i volti di tutti i candidati scartati prima di lui. Volti apatici, e scarni. Nessuno di loro otterrà il lavoro. Ma questo, Driss ancora non lo sa.

Nella stanza accanto, nascosto dall’ombra di una finestra socchiusa, siede Philippe Pozzo di Borgo. Davanti a lui, la sua bellissima segretaria, ed un imponente scrivania. Sono loro a dirigere i colloqui. Lei, Magalie, parla, domanda, sorride. Lui, Philippe, giudica in silenzio, annuisce, e a volte scuote la testa. Non è un gesto qualunque, scuotere la testa, anzi. In realtà, quello è l’unico movimento che il suo corpo gli concede. Driss non è il solo ad annoiarsi a morte in quella casa. L’altro, anche se sembra strano, è proprio Philippe.

Tutta quella gente non gli piace. Sono troppo formali, falsi e ipocriti come una réclame. Lo trattano con distaccata compassione, sbandierano referenze, cercano di mostrarsi sensibili e umani. Philippe li scruta in silenzio. Se potesse alzarsi, scapperebbe via. Ma non può. Ha bisogno di loro, suo malgrado. Bisogno di qualcuno che lo assista ogni giorno, tutti i giorni. Per sua fortuna, in mezzo a quella giungla di manichini imbalsamati, sta per piombare proprio quel ragazzo senegalese cacciato da casa. E da quel momento, tutto cambierà.

Quasi Amici è un lavoro in grado di far innamorare chiunque. Il rapporto paradossale e sfaccettato tra Driss e Philippe contiene al suo interno una gemma dorata capace di illuminare ogni singolo frammento della pellicola. Amerete ogni piccola cosa, come le offese bonarie e affettuose che Driss rivolgerà all’amico per tirarlo su di morale, gli sforzi continui per condurlo sulla strada che porta ad una vita normale, e persino i piccoli contrasti destinati a combattere i momenti di ostinata resistenza da parte di Philippe.

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Dall’altra parte, non possiamo che elogiare l’evoluzione dello stesso Driss, personaggio in parte simile a quello che Omar Sy interpreterà in Famiglia all’Improvviso, sempre in bilico tra un passato burrascoso fatto di rimorsi e un futuro che talvolta sembra semplicemente troppo bello per essere vero. I personaggi secondari, pur restando degli ottimi gregari, faticheranno ad emergere rispetto alla coppia principale. I problemi della figlia adottiva di Philippe, velocemente accennati e ancor più velocemente accantonati, ne sono l’esempio.

A tenere assieme una storia densa di momenti commoventi e allo stesso tempo divertenti, provvederà una regia sempre puntuale nel cadenzare il ritmo, senza nessun vero e proprio momento di arresto. Piuttosto saranno in molti, davanti allo scorrere dei titoli di coda, ad avere l’impressione che il finale sia arrivato troppo presto.

Applausi anche per l’attentissima scenografia. Parigi non è certo una location ignota, eppure a nessuno, durante le riprese, è venuto in mente di sfruttarla senza ritegno ad ogni inquadratura. Gli scorci della capitale francese, al contrario, saranno ben dosati e regalati con cura certosina. E quando si manifesteranno appieno in tutta la loro bellezza, sapranno bene come colpire gli spettatori più interessati.

Il vero pilastro della pellicola, però, non può che essere la colonna sonora. Bisogna lodare in primis l’accurata scelta delle tracce non originali, come la stupenda Boogie Wonderland degli Earth, Wind & Fire, protagonista di una scena magnifica ed esilarante che eviteremo di raccontare.

Il merito più importante, però, va a Ludovico Einaudi, il compositore italiano che ha reso ogni secondo dell’opera una sorta di piccolo trionfo musicale. Pezzi come Fly, o Una Mattina, scandiranno i minuti trasformandoli in oro. E possiamo garantirvi che quando sentirete di sfuggita quelle stesse note nei prossimi anni, non potrete fare a meno di pensare alle due ore stupende passate in compagnia di Driss e Philippe.

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Quasi Amici non è soltanto un semplice film, ma un vero e proprio manuale di istruzioni per la vita. La storia infinita di questi due protagonisti così simili e così diversi, ma soprattutto simili, scaverà nel vostro spirito un posticino destinato a restare abitato per molto, molto tempo.

Guardatelo, amatelo, e se possibile guardatelo di nuovo. Perché forse, l’omaggio più grande che la pellicola di Toledano e Nakache ha regalato e continua a regalare, è quello che arriva un attimo dopo la fine dell’ultimo secondo. Farci sentire tutti, anche solo per qualche istante, delle persone migliori. O anche soltanto delle persone, e basta.

Voto Autore: [usr 4,0]

Diego Scordino
Diego Scordino
Amante di tutto ciò che abbia una storia, leggo, guardo e ascolto cercando sempre qualcosa che mi ispiri. Adoro Lovecraft e Zafòn, ho passato notti insonni dietro Fringe e non riesco a smettere di guardare Matrix e Il Padrino. Non importa il genere, mi basta sentire i brividi.

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