Il titolo originale significa letteralmente “quando volano le gru” ed è un modo di dire per indicare l’arrivo della primavera. L’adattamento italiano, e internazionale, è frutto di un errore di traduzione della versione francese e toglie parzialmente il senso alla visione di fondo dell’originale. Stiamo parlando di Quando volano le cicogne, produzione russa datata 1957 che è stata premiata, per la prima volta nella storia del cinema sovietico, con la prestigiosa Palma d’oro al Festival di Cannes l’anno successivo. Il film, diretto dal regista di origini georgiane Michail Kalatozov, è intriso di una retorica fortemente nazionalista e in più occasioni si assiste ad un’esaltazione del comunismo allora imperante ma, allo stesso tempo, porta con sé un profondo messaggio pacifista nelle dinamiche narrative che seguono la sfortunata e complessa love-story tra i due giovani protagonisti, divisi proprio dallo scoppio della guerra.
Il racconto ha inizio nel 1941, con il giovane Boris e la coetanea Veronika che vivono una passione pura e disincantata, tipica della loro età. Il sogno di felicità si interrompe ben presto quando l’Unione Sovietica entra in guerra e il ragazzo decide di partire come volontario per combattere sul fronte: nonostante l’ovvia tristezza per la separazione, i due promettono di sposarsi quando il conflitto sarà finito. Un ritardo di Veronika alla partenza di Boris, il quale è visibilmente deluso dalla mancanza dell’amata, complica la relazione e il novello soldato tarda a scrivere le proprie lettere a casa. Nel frattempo durante un bombardamento aereo i genitori di Veronika perdono la vita e il padre di Boris, il dottor Fyodor Ivanovich, decide di accogliere in casa sua la ragazza quale promessa moglie del figlio. Tra le quattro mura, oltre al capofamiglia, alla nonna e alla sorella, vive anche il cugino di Boris, il pianista Mark, che non ha mai nascosto i suoi sentimenti nei confronti di Veronika. La scarsità di notizia riguardo il destino di Boris e le avanche sempre più spinte e violente di Mark nei confronti di Veronika finiranno per dar vita ad una complicata situazione familiare.
Quando volano le cicogne è figlio di un’idea di cinema lirica e possente e nel corso dei novanta minuti di visione, che sembrano di più in quanto a solidità del costrutto e forza del messaggio – e quindi in senso positivo -, le scene madri si sprecano: dal rumore del bombardamento sovrastato dalla note del pianoforte, sequenza che precede un drammatico evento chiave, all’intenso epilogo dove gioia collettiva e dolore privato si mescolano con un’alchimia commovente, il film conquista e ammalia dal punto di vista stilistico, restituendo appieno quell’idea di Grande Madre Russia che è radicalmente connotata nelle pagine chiave della storia. Kalatozov si concentra più che sulla guerra in sé sulle conseguenze che il conflitto riserva ai personaggi, sia direttamente che – soprattutto – indirettamente; non è un caso che le fasi prettamente belliche si limitino ad una manciata di minuti, dove ha comunque luogo un episodio che condizionerà l’intero substrato drammatico a venire, sospeso tra incertezza e speranza. La sceneggiatura saggiamente si mantiene su toni ambigui e solo nella parte finale svela finalmente le proprie carte, appassionando lo spettatore fino al giungere dei titoli di coda.
Le emozioni viaggiano su binari dolci-amari, con gli iniziali momenti di tenerezza nella relazione tra i due protagonisti sostituiti in breve tempo dalla tragedia del distacco e dall’esaltazione di un ideale, in una sorta di eterna rincorsa alla tanto agognata serenità e al potenziale ricongiungimento. Quando volano le cicogne non si dimentica un’epica di fondo, con tanto di canzoni popolari (la più nota – Katjuša – parla proprio di una ragazza sofferente per la lontananza del suo innamorato) che accompagnano i passaggi più struggenti e “di massa” dell’insieme, e la splendida fotografia in bianco e nero offre il corretto sfondo scenico. L’ennesimo merito nella riuscita dell’operazione è da assegnare all’affiatato ed eterogeneo cast, con Aleksej Batalov (una sorta di James Stewart sovietico per la sua propensione a ruoli positivi) e Tat’jana Samojlova (splendida e intensa nel suo fascino tipicamente autoctono) nelle vesti dei due protagonisti e Vasili Merkuryev assolutamente perfetto nei panni del combattuto ma saldo capofamiglia.
Voto Autore: [usr 4,5]