Martyrs è un film horror del 2008 diretto da Pascal Laugier. Insieme a La casa delle bambole-Ghostland, Alta tensione, Frontiers – Ai confini dell’inferno, À l’intérieur e a Calvaire ha contribuito a riportare in auge l’horror francese.
Il film venne presentato in anteprima al 61º Festival di Cannes. In Italia venne presentato al Festival del cinema di Roma.
Quello in cui ci trasporta Laugier è un mondo esplicito, brutale, cattivo e raccapricciante, non adatto a tutti.
Martyrs è una sorta di pietra miliare del genere horror, per alcuni un po’ terribile, ma è comunque un film da non sottovalutare. Ha l’intelligenza e la tenace determinazione di fare e dire ciò che i suoi predecessori non hanno saputo o voluto fare.
Martyrs: la trama
Martyrs si concentra sui fantasmi che si fanno strada verso la visibilità a colpi di fendenti, tagli e colpi.
Lucie (Mylene Jampanoi) fugge miracolosamente da una camera di tortura sotterranea. Anni dopo, è perseguitata dal fantasma di una donna che ha incontrato ma che non è riuscita a liberare nella fretta di sfuggire ai suoi rapitori. Con l’aiuto della compagna orfana Anna (Morjana Aloui), rintraccia le persone che l’hanno spietatamente sventrata e scopre che in realtà non sono dei contadini che fanno a pezzi la gente di città per divertimento, ma piuttosto i capi di una famiglia borghese di periferia.
Nel frattempo, il fantasma di Lucie le taglia allegramente la carne con le mani, ricreando senza mezzi termini la mentalità disgregata e autodistruttiva di una vittima di tortura.
Martyrs: la recensione
Martyrs prende il concetto di fondo di torture porn – il piacere che deriva dall’eccessiva dimostrazione di dolore – e lo fa esplodere in 99 minuti di massacro estenuante e ininterrotto.
Il senso di colpa manifestato da Lucie non è l’unico meccanismo motore del film: ciò che alla fine ha la precedenza è scoprire chi sono i mostri che l’hanno creato e perché lo hanno fatto.
Non c’è possibilità di “liberarsi” qui, solo una rappresentazione iper-reale dell’orrore della sofferenza fisica. Mylène Jampanoï e Morjana Alaoui sono eccellenti nei ruoli principali, offrendo ritratti credibili e naturalistici dei traumi individuali che ciascuna donna subisce.
Martyrs si occupa proprio della natura e della ricezione delle situazioni estreme. Solleva scomode domande su cosa si cerchi realmente quando si sceglie di “assistere” a scene di orribile abiezione umana.
Martyrs è così pesante sull’anima che diventa fisicamente impegnativo da guardare. Non è solo l’intensità della violenza ripugnante a essere quasi impossibile da sopportare, ma anche la distruzione mentale ed emotiva della volontà di qualcuno. Vediamo Anna perdere la sua umanità a poco a poco fino a quando la persona in lei scompare completamente.
Martyrs è originale, profondamente inquietante e getta lo spettatore nel caos non una, ma due volte prima che la storia sia completata.
In Martyrs le immagini terrificanti e il sangue non sono il punto o la fonte di intrattenimento. Trascende il genere e sfida gli spettatori a guardare oltre l’orrore. La narrazione si conclude da sola, lasciando allo spettatore il compito di riflettere su cosa sia appena successo.
L’atto finale di Martyrs è costellato di aggressioni fisiche e torture orribili presentate direttamente al pubblico. Contrariamente alle aspettative del pubblico, non c’è alcun aspetto sessualizzato nella violenza. È infatti presentata in modo così schietto e clinico che diventa più difficile coinvolgersi emotivamente. Il climax del film sembra portarlo a un vicolo cieco cinico e desolante: Laugier nega in larga misura non solo il coinvolgimento del pubblico, ma anche la sua soddisfazione.
Laugier e il paragone con Wes Craven
Il fatto che Laugier interpreti una famiglia perfettamente normale nei panni degli autori delle macabre attività del film serve innanzitutto come una frecciatina a L’ultima casa a sinistra di Wes Craven. L’astuto e audace francese svergogna efficacemente l’americano, dal nome appropriato, per essersi fermato così poco nel puntare il dito contro una piccola coppia di periferia che, avendo appena perso la figlia a causa di una banda di teppisti, decide di massacrare creativamente i suoi carnefici.
Laugier capovolge la conclusione compiaciuta e pseudo-ambigua di quel film suggerendo che forse questi insensibili genitori avevano una ragione per fare del male ad altre persone che va oltre il loro albero genealogico, una ragione infinitamente più sinistra perché serve una curiosità che non ha legami con la vita domestica o persino con la mondanità.
Queste persone torturano gli altri perché vogliono sperimentare indirettamente la loro “alterità”, per vedere cosa significa avere una persona che passa dall’altra parte e che torna indietro per dirle quanto è verde l’erba del vicino.
A livello tecnico, il film è superbo e modula montaggio, fotografia e sound design per modificare il tono emotivo in base alle diverse fasi della trama.
In conclusione
Martyrs è un improbabile capolavoro dell’orrore, seppur estremamente difficile da elogiare sinceramente. Quando lo guardi, ti risucchia ogni grammo di speranza che hai nell’umanità, facendoti desiderare di allontanarti il più possibile da essa.
Il feroce torture porn di Pascal Laugier rimane uno degli orrori più oscuri mai realizzati.
Non è un film facile da guardare, ma è comunque un film prezioso da vedere.