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Little Sister

Il cinema di Hirokazu Kore’eda è un cinema prezioso, oggi come non mai. Il regista giapponese, appena reduce dall’esordio in una produzione non autoctona con il recentemente distribuito Le verità (2019), è infatti artefice di opere fuori dal tempo, sospese eternamente tra una dolcezza emotiva memore dei capolavori di Yasujirô Ozu e uno sguardo del tutto fresco e originale alle condizioni sociali e contemporanee del proprio Paese. Film come Father and son (2013) e Ritratto di famiglia con tempesta (2016) ma anche lavori più datati come lo struggente debutto di Maborosi (1995) sono infatti opere ricche di una pulsante umanità, con le emozioni in grado di sgorgare fluenti e armoniche nel tratteggio di situazioni familiari o private spesso scosse da eventi più o meno traumatici, sia in contesti prettamente realistici o verosimili che in atmosfere più affini ad un magico surrealismo, basti pensare all’altrettanto intenso Air doll (2009) nel quale una bambola gonfiabile prende vita e va alla scoperta del mondo, tra luce e ombra. Se con Un affare di famiglia (2018) il Nostro ha ottenuto una meritata Palma d’oro, tre anni prima la stessa manifestazione cannense aveva visto la partecipazione nel concorso ufficiale di un’altra sua pellicola, il qui oggetto di recensione Little Sister.

Little Sister

La trama del film, adattamento del manga Our Little Sister – Diario di Kamakura di Akimi Yoshida, ha inizio quando le sorelle Kouda, Sachi (29enne), Yoshino (22) e Chika (19), ricevono la notizia della morte del padre. Le ragazze, cresciute da sole dopo l’abbandono dell’uomo (che si è rifatto una famiglia) e l’allontanamento volontario della madre, mai ripresasi dal tradimento del trapassato, presenziano al funerale del genitore e conoscono la giovanissima sorellastra, la quattordicenne Suzu Azano. Quest’ultima vive ora con la matrigna e un fratellastro e sembra molto più matura della sua età, nonostante manifesti un evidente alone di tristezza. Proprio per questo alla fine delle esequie Sachi propone a Suzu di andare a vivere con loro, in grado di mantenerla visto che tutte hanno un posto fisso, e desiderose di conoscere meglio la parente acquisita. La Little Sister del titolo accetta più che volentieri l’inaspettata offerta e si trasferisce nella vecchia casa di Kamamura di proprietà dei Kouda, cominciando per la prima volta a sentirsi realmente amata e scoprendo le gioie e le difficoltà dell’adolescenza.

Little Sister

Nelle due ore di visione si respira un senso di rassicurante quiete, di una pace interiore che anche nei momenti più drammatici e potenzialmente tragici riconsegna lo spettatore alla semplicità delle piccole cose, al ricongiungimento con le parti più intime della propria anima: un viaggio credibile e appassionante, da assaporare tutto d’un fiato nell’assistere alla placida quotidianità del nucleo di personaggi principali, queste quattro sorelle unite non solo da legami di sangue ma anche da un’affinità elettiva che le aiuta a superare contrasti e rancori passati. Little Sister vive di ispirate similitudini, con situazioni cicliche che si ripercuotono nel destino di famiglia ponendo sotto una nuova luce decisioni da prendere e sfide da affrontare, e lo fa senza affidarsi ad una facile e scontata retorica. Hirokazu Kore’eda gestisce magnificamente il cuore della vicenda, centellinando gli slanci gratuiti in una estasiante e solo apparente sottrazione, tale da rendere emozionanti oltre misura i giochi di sguardi, i mancati abbracci e i realistici dialoghi, in un sincero e totalizzante veicolo di commozione. L’equilibrio tra i toni più amari e quelli più leggeri è imbastito su un magistrale gioco di sceneggiatura, capace di concentrare alcuni dei passaggi chiave della fonte di partenza in una storia organica e ragionata, dove la magistrale perfezione è una volta tanto non schiava di una freddezza stilistica ma anzi un esempio ideale di come mostrare la sfera dei sentimenti senza soluzioni artificiose di sorta.

Little Sister

Little Sister è ricco di scene madri o, come sarebbe meglio dire, è una continua scena madre in serie nella sua condensazione di atmosfere che, situazione su situazione, formano un perfetto e alchemico cuore passionale delle piccole cose, un racconto pregno di significati e messaggi che rimangono in testa e, soprattutto, nel cuore anche dopo lo scorrere dei titoli di coda. E se l’amore è elemento centrale all’interno di una narrazione tanto semplice quanto intimamente feconda, le varie love-story che vedono le quattro sorelle coinvolte si portano dietro tutti i traumi e le dolcezze di un rispettivo percorso destinato ad unirle sempre di più, fino a quella camminata finale sulla spiaggia che rimanda ad altri classici epiloghi della Settima Arte. Tra sequenze incantate e incantevoli (la corsa in bici nel tunnel di alberi di ciliegio in fiore su tutte), un numeroso gruppo di personaggi secondari indimenticabile e una colonna sonora che si adatta armoniosamente a quanto accadente sullo schermo, il film rapisce e conquista al primo sguardo, merito da condividere con le strepitose performance del quartetto protagonista, una più brava dell’altra nel dar vita ad una sorellanza dal sapore unico.

Il film andrà in onda stasera, martedì 3 dicembre, alle 21.10 su TV2000.

Voto Autore: [usr 4.5]

Maurizio Encari
Maurizio Encari
Appassionato di cinema fin dalla più tenera età, cresciuto coi classici hollywoodiani e indagato, con il trascorrere degli anni, nella realtà cinematografiche più sconosciute e di nicchia. Amante della Settima arte senza limiti di luogo o di tempo, sono attivo nel settore della critica di settore da quasi quindici anni, dopo una precedente esperienza nell'ambito di quella musicale.

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