Negli ultimi anni il cinema italiano ha visto un ritorno inaspettato di un genere che sembrava ormai relegato al passato: l’horror. Tra i nomi più interessanti di questa nuova ondata c’è Paolo Strippoli, che con La Valle dei Sorrisi, presentato all’82ª Mostra del Cinema di Venezia, conferma di essere una delle voci più promettenti del panorama contemporaneo. Il suo film, di cui trovate qui la nostra recensione, dimostra come sia possibile riportare linfa vitale a un linguaggio che aveva conosciuto stagioni d’oro per poi incontrare decenni e decenni di silenzio. A margine della presentazione, abbiamo avuto modo di incontrarlo: ecco le parole di Paolo Strippoli raccolte durante la nostra intervista.
L’intervista a Paolo Strippoli
“Quanto è importante per il cinema italiano che il genere horror torni ad esprimersi con la forza di un tempo?”
<<Guardando al mercato, appare sin da subito una distinzione molto importante: se nel contesto globale il cinema horror appare vivissimo, nel cinema italiano è come se tale parentesi non fosse proprio presente. In tal senso, mi sono trovato frequentemente a parlare di questo argomento con Robert De Feo, con cui ho girato il mio primo film, ogni volta siamo disperati nel parlarne: il film uscirà, speriamo andrà bene, attualmente siamo tutti felici, però bisogna rifletterci su, da quanto tempo non usciva un film horror in Italia? Ne vediamo forse uno ogni due, tre anni, sintomo che il mercato sostanzialmente non esiste, o quantomeno si trova in pessima salute.
E se la cinematografia italiana si trova mutilata di un genere…beh, forse abbiamo un problema, soprattutto in un momento come questo in cui non esiste una vera e propria direzione su ciò che va bene, ciò che va male, ciò che si fa.
Un mercato poco variegato
Un problema anche per uno spettatore, come me ad esempio, che amo il genere, ma vedo ben pochi miei colleghi affrontare tale avventura a causa di diversi problemi. Ne conosco tanti, anche di giovani, e intravedo una difficoltà non tanto di ascolto, bensì forse di comprensione. Io ad esempio sono stato fortunato con questo film, ma va detto che ci abbiamo messo 7 anni per trovare qualcuno che lo capisse questo film. Il team di Vision ci ha creduto, ma in ogni caso in 7 anni ci vuole, come dire, tanta pazienza. Sarebbe bello che uscissero più film horror, anche di diverso tipo, per una questione di salute del mercato, anche se va detto che il genere horror non rappresenta ahimè un caso isolato.>>

“Quali sono state le influenze dietro la direzione registica di questo film?”
<<Non ti so dire sinceramente, Cerco di base di non guardare tanti film, o comunque mi approccio ad essi con paura…ma no perchè non voglia citare, anzi, basti guardare a quanto ci siamo divertiti nel primo film, ma ho paura di essere influenzato e di replicare ciò che vedo facendolo però in maniera peggiore, Per La valle dei sorrisi ho provato il più possibile a non pescare niente da altri film, seppur esistano inevitabilmente opere che ho avuto modo nel corso del tempo di introiettare. Dal punto di vista della scrittura è sicuramente una situazione diversa…cè sicuramente The Wicker Man, film a mio parere assolutamente fondativo…c’è Lasciami entrare, dal romanzo omonimo di John Ajvide Lindqvist, Thelma di Joachim Trier, oltre che ovviamente Carrie di Brian de Palma>>

