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Il Silenzio degli Innocenti, il capolavoro che ha cambiato per sempre il thriller

Diretto e interpretato con lucida intelligenza da Jonathan Demme, Il silenzio degli innocenti è un thriller claustrofobico, crudele e angosciante, che ha fatto di uno psichiatra pazzo e cannibale, interpretato da un memorabile Anthony Hopkins, un personaggio amato in tutto il mondo. Ma soprattutto una pietra miliare del genere (insieme a Seven di David Fincher) che fa da spartiacque tra il thriller degli anni ’70/’80 e quello a tinte scure e fortemente psicologico degli anni ’90, e a seguire.

Il Silenzio degli Innocenti
La recluta dell’FBI Clarice Starling

Il silenzio degli Innocenti: la variabile horror

Qui il thriller acquisisce la variabile horror (orrore che analizzeremo più avanti) e si eleva a genere maturo per il grande pubblico. Non a caso viene premiato con quattro meritatissimi Oscar. Tutti nelle categorie più importanti. Un record per un film di questo genere.

Targato 1991 Il silenzio degli innocenti ha settato uno standard. Da 30 anni guarda tutti i (Serial Killer) Thriller su un piedistallo da dove è a sua volta guardato, studiato, imitato, copiato. E’ per il cinema contemporaneo il “thriller” e rimane a tutt’oggi un avanzato cubo di Rubik con cui far giocare-vacillare le nostre menti.

Il dr. Hannibal Lecter interpretato da uno straordinario Anthony Hopkins

Dal romanzo alla trasposizione cinematografica

Un film a tutt’oggi modernissimo, attuale e sicuramente eterno per la svolta epocale che ha imposto (allo stesso modo in cui Alien di Ridley Scott cambiò per sempre la fantascienza e l’horror) negli anni a seguire.
Il silenzio degli innocenti è la fedelissima trasposizione del romanzo omonimo di Thomas Harris e può essere considerato lo Psyco degli anni Novanta.

Il silenzio degli innocenti trama

Una neo-poliziotta, vittima potenziale, costretta a fare i conti con il suo passato (e con il suo essere donna). Un maniaco assassino che scuoia ragazze di taglia forte convinto di cambiare sesso usando la loro pelle. Un ex-psichiatra lucidamente folle e cannibale che aiuta la giovane recluta FBI a catturare il secondo, in cambio dell’intimità dei suoi pensieri e dei suoi ricordi infanti.

Il silenzio degli innocenti recensione

Analizziamo ora le tematiche, profonde e rivoluzionarie, che in questo capolavoro raggiungono l’apice di un genere mai amato dal grande pubblico ma ristretto sempre nella nicchia degli appassionati.
Demme si serve  dell’involucro del thriller (abilmente nel film le tre variabili del punto di vista – “vedere-credere-sapere” – sono contraddette di continuo)  e, con un uso inquietante dei primi piani (PP) e della profondità di campo (PdC) , costruisce un racconto sulla distanza della visione (vetri, schermi, sbarre), sulla pazzia e sul dramma della vittima. In più, concede allo spettatore la stessa soggettiva, in infrarossi, del maniaco che osserva, non visto, il brancolare nelle tenebre della sua preda.

Il silenzio degli innocenti
Hannibal Lecter ingabbiato in uno dei momenti più drammatici del film

Il primo deragliamento arriva quasi subito: Clarice (Jodie Foster) percorre i pochi metri che la separano dal suo primo incontro col Dottor Hannibal Lecter (Antony Hopkins) ed è verbalmente, e pesantemente, molestata dai detenuti. Poi dalla cella di un onanista le arriva dello sperma in pieno volto. Sperma! Da lì il film si immerge in un certo indefinibile mood che inchioda alla poltrona in attesa di qualunque cosa.


Inizia così la sinfonia. In una sequenza memorabile il Dr. Hannibal Lecter sostiene che niente può appagare il desiderio di vedere, perché il vedere stesso genera il desiderio: “I tuoi occhi non cercano fuori le cose che vuoi?”. Con estrema razionalità egli conferma la forza attraente dello sguardo che, in tutta la sua quotidianità, scatena anche le passioni più insane.

Clarice brancola nel buio

Dai boschi di Quantico all’immersione simbolica nella folla

Il film si apre con l’immersione simbolica della protagonista nei boschi di Quantico e si chiude con quella altrettanto simbolica del protagonista in una folla entro la quale confondersi.

Una visione che trascina in zone oscure dell’inconscio (Clarice è costretta a ricordare per il Dr. Lecter il suo trauma, il “pianto flebile e rassegnato” degli agnelli in attesa della macellazione), che rinchiude in spazi stretti e disordinati (le prigioni di Hannibal, il covo del maniaco Buffalo Bill), percorsi di un’affannosa ricerca, schegge di un labirinto fisico e mentale, echi di realtà morbose e atroci percepite come vicinissime.

Uno dei momenti più drammatici del film

Il silenzio degli innocenti è un film che scavalca i limiti dell’orrore, per la maniera con cui ne prosciuga il sangue, torturando lo spettatore con un andirivieni scopico che scuote, stordisce e ammalia, complice l’ossessiva partitura musicale di Howare Shore o anche una musica preesistente e dissonante, siano le variazioni di Goldberg, sia una canzone pop: valga per tutta la sequenza della vestizione e del trucco di Buffalo Bill, mentre la vittima sacrificale sua prigioniera tenta di far precipitare il cagnolino nel pozzo nel quale è rinchiusa.

Cosa ci dice Il silenzio degli innocenti?

Recitato e diretto in maniera impeccabile, è un’opera forte soprattutto per aver detto che l’orrore ci appartiene come presenza assidua, quasi giornaliera, nonché per aver reso complice del massacro, o del silenzio degli innocenti, lo spettatore stesso, obbligandolo ad immaginare o rievocare, a occhi spalancati, prolungati e devastanti controcampi dentro e fuori di sé.

Il silenzio degli innocenti
Hannibal Lecter sta assoprando l’inizio di una nuova libertà dopo il massacro dei due agenti di custodia

E l’ultima memorabile battuta del Dr. Hannibal Lecter rivolta a Clarice che consegna alla storia una delle icone più terrificanti del cinema moderno: “Vorrei che potessimo parlare più a lungo ma…sto per avere un vecchio amico per cena, stasera. Addio”.

 

PANORAMICA RECENSIONE

regia
soggetto e sceneggiatura
interpretazioni
emozioni
Alessandro Marangio
Alessandro Marangio
Critico cinematografico per la RCS, ho collaborato per anni con le più importarti testate giornalistiche, da Il Messaggero a La Stampa, come giornalista di cronaca, passando poi per Ciak, Nocturno, I Duellanti (Duel) di Gianni Canova, Cineforum e Segnocinema, come critico cinematografico.

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