Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere è ormai il fiore all’occhiello tra le serie televisive prodotte da Amazon MGM Studios. La serie, disponibile in otto episodi su Prime Video, racconta gli eventi della Seconda Era della Terra di Mezzo ed è basata sul noto romanzo di Tolkien e sulle sue appendici.
L’idea dei creatori (J. D. Payne e Patrick McKay) era ed è quella di esplorare, in cinque stagioni, il prologo raccontato da Galadriel (Cate Blanchett) nel primo film della trilogia di Peter Jackson.
Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere – Trama
La seconda stagione inizia con un flashback che svela le origini di Sauron, mostrando la sua trasformazione da creatura amorfa ad Halbrand, fino all’incontro sulla zattera con Galadriel (Morfydd Clark). Sotto le sembianze di Annatar, un Valar Signore dei doni con l’aspetto di un nobile elfo, Sauron inganna Celebrimbor e gli elfi dell’Eregion, spingendoli a creare degli anelli del potere, sia per i nani che per gli uomini.
Nel frattempo, il Regno di Khazad-dûm ritrova la sua luce grazie al potere degli anelli, ma Re Durin (Peter Mullan) è ormai sempre più corrotto. A Númenor, Ar-Pharazôn (Trystan Gravelle) consolida la sua autorità, spodestando con l’inganno la Regina reggente Míriel (Cynthia Addai-Robinson) e creando un clima sempre più dispotico. I tre anelli elfici risollevano le sorti del regno, ma Galadriel viene catturata da Adar (Sam Hazeldine), che le propone un’alleanza contro Sauron.
Lo Straniero (Daniel Weyman) ritrova sé stesso grazie all’aiuto di Tom Bombadil (Rory Kinnear), mentre Nori (Markella Kavenagh) e Poppy incontrano un popolo molto simile al proprio, gli Sturoi. L’Eregion è sotto attacco, mentre Sauron continua a tessere le sue trame nell’ombra e nell’inganno. Il finale di stagione regala momenti epici e prepara il terreno per quello che deve ancora avvenire, con filoni narrativi conclusi e altri in sospeso.
Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere – Recensione
I continui riferimenti ai film di Jackson hanno addolcito, volente o nolente, anche gli occhi più critici. I nani che regalano la porta “Mellon” agli elfi (in segno di gratitudine per gli anelli ricevuti), le scuse di Arondir (Ismael Cruz Córdova) alla coppia di Ent, lo scontro dei due Stregoni (parallelismo Saruman Vs Gandalf), la spada Narsil nelle mani di Elendil (chiaro riferimento ad Aragorn e a quel “rivendica il tuo destino”), l’amicizia tra il principe Durin (Owain Arthur) ed Elrond (Robert Aramayo), che ricorda il legame Gimli/Legolas, ma anche il valore e la lealtà dei nani visti nello Hobbit. Sono solo alcuni esempi per i fan più nostalgici e accaniti.
L’elevato budget ha creato un prodotto perfettamente estetico, donando una qualità maggiore ed effetti speciali notevoli. Finalmente ammiriamo la grandiosità del regno dei Nani. Conoscevamo solo la sua distruzione prima d’ora. Tutto è curato nei minimi dettagli, anche la colonna sonora (i canti di Disa, il brano Golden Leaves di Bear McCreary) e i dialoghi. Nei libri di Tolkien, infatti, le parti dialogate sono ridotte al minimo, mentre abbondano le descrizioni minuziose.
Persino la lentezza della prima stagione acquista un senso maggiore in virtù di quest’ultima. Giustifica e spiega tutte le linee narrative sviluppate finora. Se la prima ruotava intorno a Galadriel, la seconda ha come protagonista indiscusso Sauron, ma si conclude con un’attenzione su Gandalf e altre parti in divenire. Chi siederà sul trono dei Nani? Gli elfi saranno pronti a ripartire? L’oscuro stregone è davvero malvagio? E Númenor? Ar-Pharazôn vede Halbrand/Sauron toccando il Palantír. Sarà lui uno dei nove uomini? Sarà lui uno dei futuri Nazgûl?
Il Sacrificio di Re Durin, l’Umanità degli Orchi e l’Oscurità degli Elfi
L’epicità del sacrificio di Re Durin è uno dei picchi più poetici e commuoventi della seconda stagione. In questa scena è racchiusa tutta l’essenza dei Nani. Togliendosi l’anello corrotto dal potere di Sauron, Re Durin mostra la sua integrità e la sua forza. “Non ti lasciavo vincere, eri tu che diventavi più forte”, dice al figlio prima di scontrarsi contro il Balrog e lo saluta, chiamandolo Re.
La scrittura dei personaggi è tutto fuorché piatta. Tolkien era quasi sempre netto nel definire e dividere il bene dal male, il cattivo dal buono (non in tutti i suoi scritti). Qui i caratteri sono complessi e sfaccettati. Per la prima volta viene mostrato un sentimento d’amore, un legame, un’umanità finora sconosciuta negli orchi. Adar piange, prega per gli orchi caduti in battaglia e li considera figli. Vediamo persino orchi neonati.
Anche gli elfi non sono quelle creature così perfette e impeccabili a cui eravamo abituati. L’ambizione di Celebrimbor è uno degli esempi più lampanti. Assistiamo ad una vulnerabilità e ad una parte della loro oscurità, già accennata nel primo film della Trilogia di Jackson, quando Frodo offre l’anello a Galadriel e lei supera l’ultima tentazione da parte di Sauron.
L’Ombra di Morgoth
Sauron è l’elemento più riuscito in questa serie. Catalizza tutta l’attenzione su sé stesso e irradia alchimia con i personaggi con cui entra in contatto (gli scontri/incontri con Galadriel, ma soprattutto il rapporto con Celebrimbor). Vediamo la costruzione, passo dopo passo, di uno dei cattivi più famosi in letteratura e nel cinema, un villain che finalmente ha un volto, non solo un’armatura o un occhio infuocato.
L’osserviamo in salse e toni diversi. Dispotico e debole all’inizio, quando viene massacrato dagli orchi; massa melmosa che prende e arraffa tutto, divorando qualunque cosa incontri; forma umana accogliente; regale nelle sembianze di Valar e spietato nel suo aspetto finale.
Charlie Vickers dimostra ancora una volta le sue doti d’attore già viste in Ascolta i fiori dimenticati. Modula la voce, la cambia, piange, muove i muscoli del viso, si adatta perfettamente al ruolo. Mostra un lato umano, gioca con le sue illusioni, inganna tutti, secondo uno schema noto soltanto a lui stesso.
Non sappiamo mai fino a che punto c’è ancora del buono in lui o se l’oscurità l’ha divorato del tutto. Ed è proprio questo il bello.
Celebrimbor visionario e il confronto finale con Sauron
Non c’è una buona sceneggiatura senza bravi attori e non ci sono bravi attori senza una buona sceneggiatura. Charles Edwards conferma la teoria, regalandoci un Celebrimbor magnifico e momenti di straordinaria recitazione, sempre intensa.
“Tu sei davvero il grande ingannatore. Riesci a ingannare persino te stesso”. Con queste parole inizia uno dei confronti più belli della seconda stagione. Celebrimbor, in apparenza più debole, dimostra di essere il vero Signore dell’Eregion davanti alla vera natura di Sauron, ormai rivelata.
“Una volta si sentivano i martin pescatori che volavano al fiume, è un peccato che tu li abbia messi a tacere. Presto mi recherò sulle sponde del mattino condotto da un vento che tu non potrai mai seguire”. La delicatezza e la fermezza di Celebrimbor rivelano al nemico le sue reali intenzioni di distruttore e non di salvatore della Terra di Mezzo.
Continua con la sua visionarietà: “Ascoltami, Ombra di Morgoth, gli anelli del potere ti distruggeranno e alla fine io prevedo che uno solo dimostrerà la tua completa rovina”. “Ti sbagli, io sono il creatore, sono il loro padrone”, risponde Sauron in preda alle lacrime e alla rabbia. “No, tu sei il loro prigioniero, Sauron, Signore degli anelli”.
Conclusioni
Tra ammiccamenti ai fan dei tre colossal cinematografici e la difficoltà nel maneggiare il materiale di Tolkien, per i diritti e non solo, la seconda stagione porta su schermo evidenti miglioramenti. A dispetto delle critiche, la serie ha dominato le classifiche di tutto il mondo e l’indice di gradimento ha mostrato risultati più positivi che negativi.