HomeRecensioni FilmIl Signore degli Anelli: La Compagnia dell'Anello

Il Signore degli Anelli: La Compagnia dell’Anello

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Quando nel 1955 venne pubblicato l’ultimo volume del Signore degli Anelli, J.R.R. Tolkien non poteva certo immaginare di aver appena consegnato alla Storia non solo uno dei più grandi capolavori dell’umanità, ma anche una sfida che, per quasi cinquant’anni, avrebbe affascinato e messo alla prova decine e decine di artisti, allo scopo di poterne finalmente estrarre l’essenza per convertirla in altro.

In questo esercito denso di audaci tentativi ed estenuanti fallimenti, emerse all’inizio degli anni ‘2000 il nome di un quarantenne determinato ed ambizioso: Peter Jackson.

 La Compagnia dell'Anello

Il primo capitolo, La Compagnia dell’Anello, finì per uscire in quell’anno magico ed irripetibile che fu il 2001, e bisogna usare l’aggettivo “magico” a ragion veduta. Ad affiancare il lavoro del regista neozelandese fu infatti l’esordio dell’allora giovanissimo Harry Potter alle prese con la leggendaria Pietra Filosofale.

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Dietro quella fatidica data però, si annidano anni di intensi sacrifici, ritardi forzati e scelte complicate. Durante la lavorazione divenne presto evidente che il materiale tolkieniano non poteva venir disperso in lungometraggi differenti. Allo stesso tempo, però, apparve impossibile condensare in una singola pellicola ogni piccola sfaccettatura dei romanzi.

Come spesso avviene, fu proprio la soluzione più visionaria a risultare vincente. Per la prima volta nella storia del cinema, i tre film, uno per volume, vennero girati in contemporanea. Lo sforzo titanico venne premiato. E ancora oggi la trilogia di Peter Jackson rappresenta una delle migliori trasposizioni mai prodotte negli ultimi decenni.

La Compagnia dell'Anello

Siamo all’interno di un piccolo paradiso. Lussureggianti foreste e corsi d’acqua trasparenti ci scorrono davanti. Sparpagliate qua e là, tante piccole case, o meglio, tante case piccole, contornate da recinti e sbarrate da una curiosa porta a forma circolare.

Sono in pochi gli uomini che potrebbero abitarle, ed infatti non è per loro che sono state costruite. A dir la verità, da quelle parti, di uomini se ne vedono pochissimi. Ma di mezz’uomini, o più precisamente, Hobbit, di quelli sì che se ne vedono tanti.
La terra che abitano è la Contea. Un luogo pacifico, tranquillo ed a volte persino noioso. Eppure, proprio in un posto pieno di cose così ordinarie, si nasconde l’oggetto più straordinario di tutti. L’Unico Anello, quello che Bilbo Baggins porta ormai con sé da sessant’anni.

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La Compagnia dell'Anello

L’Anello, forgiato millenni prima, non appartiene a Bilbo. Non appartiene nemmeno a tutti i suoi precedenti proprietari. Di proprietario ce n’è uno solo: Sauron. Ed a quanto pare, l’Oscuro Signore è pronto a mettere a ferro e fuoco il mondo pur di riabbracciarne l’immenso potere.

Il vecchio Hobbit non può più sostenerne il peso. Sta per compiere centoundici anni, ed anche se al di fuori non ne dimostra più della metà, dentro sente ogni singolo giorno contrargli l’anima per spalmarla come burro sul pane. Sarà il nipote adottivo, Frodo, a farsi carico di una missione la cui difficoltà non sarà mai compresa abbastanza. Dovrà distruggere l’Anello, gettandolo tra le fauci dell’unica forza in grado di annientarlo. Quella che l’ha generato: le fiamme del Monte Fato. Ad accompagnarlo, l’inseparabile Sam Gamgee e la neonata Compagnia dell’Anello, pronta a tutto pur di condurre Frodo verso i cancelli di Mordor.

La Compagnia dell'Anello

L’opera di Jackson abbraccia appieno lo spirito e l’anima degli scritti di Tolkien. L’inizio bucolico ammantato di grazia si trasforma in breve nella casa di tutti. La Contea che tante volte gli Hobbit vorranno rivedere diventa la nostra Contea. E nostra sarà, quella nostalgia di cui saremo vittime inermi, ogni volta in cui il viaggio penderà altrove.

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I meravigliosi paesaggi, apparentemente spogli e dispersivi, trasmettono un senso profondo di vitalità, come se i protagonisti intenti a scalarne le montagne o solcarne i fiumi non fossero altro che foglioline scolorite posate sul dipinto. Le verdi e sterminate pianure che portano a Gran Burrone. L’infernale trasformazione di Isengard. Le profondissime e claustrofobiche miniere di Moria. Ogni ambientazione racconta una storia, esiste prima, esiste durante, esiste dopo. Siamo noi, solo noi, quelli di passaggio.

Il ritmo, sapientemente calibrato, scandirà con decisione ogni fase del film. Nonostante i 178 minuti della versione cinematografica, mai una volta avvertiremo il rumore del tempo che scorre. Le scene si alternano senza soluzione di continuità, regolando la tensione, giocando con l’osservatore grazie ad elaboratissimi e spettacolari effetti speciali.

A colorare il quadro, contribuiscono i personaggi, perfettamente in simbiosi con i volti celati all’interno. Ne è un esempio l’inquietante mutazione facciale che avviene in coloro che entrano in contatto con l’oscuro potere dell’Anello. Bilbo, Boromir, persino Gandalf. Nei loro occhi, anche solo per un istante, la luce cambia. Mentre per altri, come Gollum, la luce si è già spenta da tempo.

Ogni aspetto è tratteggiato con attenzione maniacale, a partire dall’aulica e regale precisione dell’elfo Legolas, passando per la nostalgica ed incorruttibile anima di Aragorn, fino ad arrivare alla spaventosa e disarmante umanità di Boromir.

A suggellare il tutto, le ormai celeberrime musiche di Howard Shore, fuse completamente con la pellicola, ora lontane, ora vicine, ma sempre in allerta. Pronte ad avvolgere ogni istante come il piccolo Sam farebbe con Padron Frodo.

Questo primo capitolo, La Compagnia dell’anello, riesce appieno nella missione più disperata di tutte, ovvero tendere rispettosamente la mano verso quel glorioso gigante chiamato Tolkien, per ricevere in cambio una stretta compiaciuta ed a tratti persino affettuosa.

Chiunque abbia amato i romanzi, scoverà senz’altro più di qualche elemento familiare. Chi al contrario non ne conosce nemmeno la trama, troverà all’interno di questo affresco un mondo meraviglioso tutto da esplorare. E magari la voglia di accompagnare Frodo verso l’obiettivo finale, rimpolpando ancora una volta le fila di questa bellissima ed immortale compagnia: La Compagnia dell’Anello.

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PANORAMICA RECENSIONE

regia
soggetto e sceneggiatura
interpretazioni
emozioni
Diego Scordino
Diego Scordino
Amante di tutto ciò che abbia una storia, leggo, guardo e ascolto cercando sempre qualcosa che mi ispiri. Adoro Lovecraft e Zafòn, ho passato notti insonni dietro Fringe e non riesco a smettere di guardare Matrix e Il Padrino. Non importa il genere, mi basta sentire i brividi.

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