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Il primo giorno della mia vita, la recensione dell’ultimo film di Paolo Genovese

Una storia che celebra la vita, ma che non convince sotto tutti i punti di vista

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Il primo giorno della mia vita è l’ultimo film di Paolo Genovese che si è guadagnato tre candidature ai Nastri d’argento 2023 per il miglior soggetto, il miglior sonoro in presa diretta e la migliore attrice non protagonista. È stato prodotto da Lotus Production e distribuito da Medusa Film.

Dal 15 giugno disponibile su Prime Video, il film di Genovese tratta tematiche molto importanti e può vantare un cast di altissimo livello, ma sarà stato capace di raggiungere le vette toccate da Perfetti Sconosciuti, ad oggi probabilmente il miglior film del regista?

Scopriamolo insieme.

La trama

Il film inizia con tre misteriose figure in un’auto: Emilia (Sara Serraiocco), ex-campionessa di ginnastica artistica adesso paralitica, Napoleone (Valerio Mastandrea), motivatore di professione, di quelli che tengono quegli strani seminari figli dell’immaginario americano, e infine un uomo misterioso, interpretato da Toni Servillo.

A questi si aggiungono anche Arianna, poliziotta “reclutata” da Servillo durante una ronda notturna mentre l’ignaro collega (Giorgio Tirabassi) le stava portando un caffè.

Infine, arrivati all’hotel Columbia, un albergo abbandonato e decadente, il gruppo fa la conoscenza di Daniele (Gabriele Cristini), un simpatico e paffuto quattordicenne divenuto famoso per essere uno youtuber che fa challenge sul cibo.

Ma cosa accomuna questo gruppo così eterogeneo e apparentemente scollegato? Ci viene presto spiegato: tutti erano in procinto di suicidarsi. L’uomo che li ha presi con sé è una sorta di entità che offre agli aspiranti suicidi l’opportunità di vivere una settimana sospesi nel tempo così da poter vedere le conseguenze del proprio gesto sul mondo e le persone care. In tal senso è evidente la forte ispirazione al capolavoro di Frank Capra, La vita è meravigliosa, col personaggio interpretato da James Stewart che risulta molto simile a quello di Napoleone, perfino nella modalità del proprio suicidio.

I temi

Presto scopriremo le motivazioni che hanno spinto i vari personaggi a tentare il suicidio: Arianna ha perso una figlia adolescente e non è riuscita a superarlo, Emilia si sente un’eterna seconda e finge la sua paralisi per non dover affrontare nuovi fallimenti, Daniele vive una vita imposta dal padre (Antonio Gerardi). Napoleone invece, e forse per questo risulta il più interessante dell’intera narrazione, non ha particolari traumi o problemi che si porta dietro da tempo. Anzi, è un uomo di successo, con una moglie che lo ama e una bella casa.

Ma è depresso.

E quindi Il primo giorno della mia vita parla di crescita personale, parla di elaborazione del lutto, parla di quanto la vita sia meritevole di essere vissuta, ma racconta anche la depressione affrontandone uno degli aspetti più terribili: il fatto che tutti, indipendentemente dai soldi, la fama e la famiglia, possano essere infelici.

Una scrittura poco convincente

Il difetto più grande che si può riscontrare in Il primo giorno della mia vita è senza ombra di dubbio da ricercarsi nella scrittura. La sceneggiatura è stata scritta a 8 mani da Genovese, Isabella Aguillar, Paolo Costella, Rolando Ravello, tutti scrittori di grande talento. Ma in qualche modo, tutte le battute del film risentono di una certa plasticità che ne compromette la credibilità. E compromette anche la recitazione di attori di altissimo livello come Servillo, Mastandrea o Buy, che nonostante lo sforzo spesso si lanciano in sproloqui e frasi fatte che non rendono giustizia a un’idea di fondo comunque molto interessante.

A livello strutturale la storia viene scandita dal passare dei giorni, segnalata a schermo, nell’arco della settimana che ognuno dei personaggi ha a disposizione prima di suicidarsi davvero. Si ottiene quindi una narrazione abbastanza frammentata, che racconta dei micro-momenti dei personaggi che durano il tempo di un giorno, e non si avverte la compattezza che sarebbe necessaria per una crescita organica di questi.

Inoltre troviamo alcuni personaggi secondari che alla fine dei conti non hanno un vero sviluppo e rimangono un po’ fini a sé stessi, come la “collega” di Servillo, interpretata da Vittoria Puccini, o il ragazzo che consola Emilia sulla panchina (Lino Guanciale) che praticamente scompare nel nulla.

Una scrittura che quindi non convince ed è lontana anni luce da quella brillantissima di Perfetti Sconosciuti o quella surreale, ma centrata di The Place.

La regia di Genovese

Il lato estetico di Il primo giorno della mia vita è molto curato e d’impatto, con una messa in scena che, a differenza del lato scrittura, si può dire promossa. Un’atmosfera straniante, con una città che si capisce essere Roma soltanto dopo un po’ che la si osserva, in quanto la palette cromatica e il forte accento sulle ombre la fanno assomigliare maggiormente a una metropoli americana o una Milano piovosa e “noir”.

La fotografia di Fabrizio Lucci è quindi molto bella da vedere, seppur un po’ “fuori contesto” rispetto alla storia e all’ambientazione, mentre la regia di Genovese si attiene allo stile adottato nei suoi ultimi lavori, con pochi movimenti di macchina e inquadrature geometriche in cui ogni elemento è misurato col calibro. Ma rispetto a i suoi due ultimi film, Genovese sperimenta maggiormente con le ottiche, giocando con cambi di fuoco utili a spostare l’attenzione da un personaggio all’altro.

Ma nonostante una regia più “virtuosa”, e comunque di alto livello, Il primo giorno della mia vita non raggiunge purtroppo le vette dei film precedenti, più intimi e toccanti, complici anche delle ambientazioni ridotte e riconoscibili.

In qualche modo sembra che Genovese abbia provato a replicare la fortunata formula dei suoi film del passato, allargando la bolla in cui ambientare la storia a tutta Roma, riuscendoci però soltanto a metà.

Un plauso per le musiche, veramente azzeccate, specialmente quelle su licenza che comprendono, tra le altre, Hallelujah di Leonard Cohen e Se mi lasci non vale di Julio Iglesias.

Il primo giorno della mia vita, conclusioni

Paolo Genovese è un ottimo regista, e ce lo ha dimostrato in più occasioni, ma con Il primo giorno della mia vita non riesce a pieno a evolvere uno stile e una struttura che ormai sembrava capace di padroneggiare perfettamente.

Nonostante il grande cast, nel quale, a dir la verità, nessuno spicca per interpretazione, e una messa in scena di grande livello, la scrittura risulta farraginosa e impastata, compromettendo tutto il lavoro fatto con la fotografia e l’ambientazione.

Non stiamo parlando di un film brutto, tale etichetta sarebbe immeritata e fuori luogo, ma allo stesso tempo l’esperimento di Genovese non si può neanche dire riuscito.

Peccato, perché i presupposti per un’ottima opera c’erano tutti.

PANORAMICA

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazione
Emozioni

SOMMARIO

Dopo i grandi successi di Perfetti Sconosciuti e The Place, Paolo Genovese era chiamato a un film della sua consacrazione, ma con Il primo giorno della mia vita non riesce purtroppo nel suo intento. Il film è gradevole e può vantare un grande cast, ma la scrittura un po’ anonima e “finta”, e una storia che convince solo fino a un certo punto, non gli consentono di avvicinarsi alla qualità delle scorse opere del regista.
Redazione
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