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I flagelli di Breslavia, la recensione del film Netflix

La cittadina di Breslavia, in Polonia, è teatro di una serie di macabri e inquietanti delitti. La prima vittima viene ritrovata senza vita all’interno della carcassa di un toro mentre la seconda – legata con una corda agli animali – è stata brutalmente dilaniata da due cavalli in corsa lasciati liberi in mezzo al traffico. Le indagini vengono affidate all’ufficiale di polizia Helena Rus, reduce da una tragedia nel suo recente passato, alla quale ben presto viene affiancata un’esperta profiler proveniente dalla capitale. Proprio quest’ultima suggerisce che il serial killer stia seguendo una logica citante la cosiddetta settimana dei flagelli, istituita in un lontano passato dall’Imperatore per punire i colpevoli di diversi crimini: non è un caso che tutte le persone decedute si fossero macchiate di colpe più o meno gravi. Helena deve cercare di districarsi nella caccia al maniaco prima che sia troppo tardi e ogni giorno una nuova esecuzione è destinata a sconvolgere l’opinione pubblica.

I flagelli di Breslavia

Se è pur vero che nelle linee guida I flagelli di Breslavia segue una logica prestabilita consona alle produzioni televisive a tema per il piccolo schermo, l’ingente sforzo produttivo e la marcata violenza lo distinguono dagli episodi seriali e mettono in mostra una discreta personalità a livello di messa in scena. Questa produzione polacca, giunta in esclusiva nel catalogo di Netflix come originale, sa il fatto suo nell’esposizione di una trama inizialmente lineare capace di evolversi nel corso della narrazione, gestendo discretamente i colpi di scena – alcuni prevedibili, altri meno – e il numero di personaggi coinvolti, con ovvia e particolare attenzione sulle due figure femminili principali. Un senso di sottile inquietudine permea i novanta minuti di visione e l’originalità delle uccisioni – eclettiche e crudeli al contempo – regalano un po’ di varietà ad uno schema base di impostazione classica.

I flagelli di Breslavia

Ispirato liberamente ai romanzi dello scrittore Marek Krajewski, il film non racconta nulla di effettivamente nuovo ma possiede una considerevole dose di tensione, sia psicologica che più tipicamente di genere, che lascia con il fiato sospeso e una sincera curiosità sull’identità e le motivazioni del serial killer fino alla mezzora finale, nella quale progressivamente tutti i misteri vengono alla luce con una discreta lucidità e un paio di flashback rivelatori. Pur affidandosi a scelte furbe e parzialmente artificiose, I flagelli di Breslavia riesce a conquistare senza troppe difficoltà il relativo target di riferimento e le solide performance del cast capitanato da una dismessa Malgorzata Kozuchowska e da Daria Widawska – donne forti in un mondo dominato dagli uomini – offrono ulteriori spunti introspettivi alle relative dinamiche relazionali, fino ad un epilogo ulteriormente esplicativo. Nelle varie stoccate ad una società malata non mancano le critiche ai mass-media, pronti a tutto pur di realizzare lo scoop, e alla classe politica, con casi di corruzione che si svelano lentamente legandosi al plot principale in maniera organica.

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Voto Autore: [usr 3]

Maurizio Encari
Maurizio Encari
Appassionato di cinema fin dalla più tenera età, cresciuto coi classici hollywoodiani e indagato, con il trascorrere degli anni, nella realtà cinematografiche più sconosciute e di nicchia. Amante della Settima arte senza limiti di luogo o di tempo, sono attivo nel settore della critica di settore da quasi quindici anni, dopo una precedente esperienza nell'ambito di quella musicale.

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