Generazione romantica è un altro tassello inconfondibile nella filmografia di Jia Zhang-ke, cineasta cinese della Sesta Generazione che ha saputo raccontare nella sua immensa carriera una Cina sconosciuta agli occhi del mondo. Almeno per come siamo sempre stati abituati a vederla. Il film, uscito in sala lo scorso 17 aprile, è stato in concorso a Cannes 2024. Per una storia che attraversa circa un ventennio di progressi tecnologici, cambiamenti epocali e demografici, una Cina che cambia ma che lascia indietro i più sfortunati.
Anche perché Generazione romantica è anche un film che riscrive per certi versi il cinema di Jia, rimontando insieme 20 anni di immagini, in gran parte recuperate dal girato inedito di film precedenti, ritornando ancora una volta nei luoghi del passato, dei suoi personaggi più iconici e dell’entroterra cinese. Un personaggio su tutti, la sua musa ispiratrice nonché moglie, il volto di Zhao Tao, un volto estremamente simbolico per Jia dove far confluire diverse epoche del suo cinema: dalla Rivoluzione culturale, la generazione post-maoista, i grandi cambiamenti di inizio secolo, la costruzione della diga delle tre gole, le Olimpiadi fino ad arrivare alla pandemia.
Jia Zhang-ke è molto legato al regista Walter Salles, regista di Io sono ancora qui (Oscar al miglior film straniero), Salles ha realizzato un documentario sul regista cinese dal titolo Jia Zhangke, a Guy from Fenyang (2014).
Generazione romantica – La trama
Sono due i visi che ci guidano e ci prendono per mano in questo film: Qiaoqiao (Zhao Tao), modella e indossatrice in una città mineraria della Cina settentrionale, Datong. E Bin (Li Zhubin), che decide di interrompere la relazione con Qiaoqiao in cerca di un destino migliore. Una storia d’amore che s’interrompe bruscamente, di colpo, senza lasciare il tempo al cuore di rendersene conto, lasciando l’anima in un mare in burrasca. E passano così venti lunghi anni, anche se il tempo sembra essersi fermato. Passeranno infatti proprio due decenni per rivedersi.
E in questi venti anni Jia Zhang-ke realizza diverse riprese, una moltitudine di immagini che vanno dal granuloso al digitale, mescolate in un montaggio frenetico e febbrile. Infatti quello che vediamo è un insieme organico di sequenze di film del passato, da Still Life, Al di là delle montagne, I figli del fiume giallo, attraverso istantanee precise di scene di balli, canti e karaoke. Una riflessione critica su sé stesso, sul proprio cinema e, dunque, sul proprio Io-interiore.
Generazione romantica – La recensione
Jia Zhang-ke dà un ordine preciso al caos. Quello che ad una prima lettura sembrerebbe un’operazione facile ripetitiva, è, invece, un nuovo modo di guardare alle cose, al passato e al presente. Gettare uno sguardo alternativo alla propria esistenza, come se per un attimo Jia Zhang-ke si fosse osservato da un punto di vista esterno, al di fuori di sé. Pur mantenendo un’analisi interiore su quello che si è e sul proprio cinema.
Generazione romantica è anche un film profondamente teorico, che ridiscute il senso ultimo delle immagini che vediamo e del cinema stesso. Come ci raccontiamo il presente? E con quali immagini lo facciamo? Questo sembra chiedersi Jia, che risponde con un montaggio di scene di scarto suoi vecchi film, filmini amatoriali lasciati in un cassetto, immagini anche nuove e più recenti. Il tutto per dare un senso al presente che viviamo, pescando tuttavia nella memoria personale, e storica di un paese. La Cina, che per molti è la culla del futuro e del progresso, ma anche degli ultimi, degli emarginati e di quelli dimenticati da tutti. Tranne che da Jia.
Jia Zhang-ke e il suo cinema ritrovato
Certo, per godere al meglio della pellicola, bisognerebbe conoscere da dove provengono quelle immagini. Aver visto i film di Jia Zhang-ke aiuta a comprendere più profondamente il senso del film, soprattutto quando vengono richiamate alla memoria scene importanti del suo cinema. Anche se poi ci si rende conto ben presto che quelle immagini diventano “altro” da sé, assumono sfumature di significato differenti. E qui sta proprio la magia del cinema, la capacità di riscrivere secondo forme diverse le immagini del passato. Confondere la realtà, per comprenderla meglio.
Jia infatti ritorna nei luoghi dei suoi film precedenti, rimettendo gli attori negli stessi panni dei personaggi interpretati anni prima e pur vedendo le stesse vesti grafiche, sentiamo di star assistendo a qualcosa di nuovo, anche se ridotto a brandelli, in un disordine unico e apparentemente senza senso.
E così rivediamo le sequenze più belle: da quella di Unknown Pleasures con Qiao e Bin all’interno di un pullman malmesso con lei che vorrebbe uscire e lui che la ricaccia sempre indietro. Oppure a quelle più iconiche di Dong in Still Life.
E poi c’è il ritorno al presente, dopo anni che Qiaoqiao aveva sperato di rivederlo, Bin ritorna in città e si ritrova davanti uno scenario completamente stravolto. Davanti a sé una distesa spiegata di tecnologia, tra Qr code, smartphone, IA, robot parlanti, in cui anche il valore delle immagini nel contemporaneo perdono di peso. Diventano evanescenti e dimenticabile, sovrapponibili e nella visione di Jia panoramiche “schiacciate” in stile videocamera di sorveglianza.
E così Jia, attraverso il passato, analizza il presente e, forse, anche ciò che sarà di noi e di quello che ci circonda.