HomeRecensioni FilmDue Partite: l'esperienza dell'essere donne tra desideri e diritti

Due Partite: l’esperienza dell’essere donne tra desideri e diritti

Due Partite é un film di grande potenziale che, tuttavia, rimane acerbo e incapace di allontanarsi dal materiale di partenza senza compiere passi falsi.

Quattro donne, quattro storie diverse eppure affini. Ad accomunarle non solo l’amicizia – che poi unirà successivamente anche le figlie – ma il condiviso disagio di una vita insoddisfacente, relegate ad un ruolo subordinato di mogli e madri, senza possibilità alcuna di emanciparsi. Due Partite (2008) di Enzo Monteleone si giova di un cast di meravigliose attrici per raccontarci drammi e gioie dell’essere donna in cui nevralgiche sono le parole di Rainer-Maria Rilke, leit motiv dell’intera pellicola:

Un giorno esisterà la fanciulla e la donna,
il cui nome non significherà più soltanto un contrapposto al maschile,
ma qualcosa per sé,
qualcosa per cui non si penserà a completamento e confine,
ma solo a vita reale: l’umanità femminile.

Due Partite: l'esperienza dell'essere donne tra desideri e diritti

Due Partite, Trama:

1966. Quattro amiche si trovano ogni giovedì per giocare a carte e disquisire delle loro vite mentre le loro giovani figlie giocano nella stanza accanto. Trascorrono vent’anni, sono gli anni novanta e le piccole bambine sono ormai adulte. A seguito della morte di una delle madri le quattro donne si incontrano per confrontarsi sulle loro vite.

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Due Partite, Recensione:

Due Partite nasce dalla penna della sceneggiatrice e regista Cristina Comencini. Inizialmente opera teatrale rappresentata in Italia con notevole successo, raggiunge l’interesse del regista Enzo Monteleone che ne realizza un’adattamento cinematografico avvalendosi delle prestigiose presenze di attrici quali Margherita Buy ( Gabriella ), Paola Cortellesi ( Sofia ), Isabella Ferrari ( Beatrice ) e Marina Massironi ( Claudia ) nei ruoli delle madri e di Claudia Pandolfi (Rossana), Carolina Crescentini (Sara), Valeria Millio (Cecilia ) e Alba Rohrwacher (Giulia) in quelli delle figlie. L’intento e l’idea sono semplici quanto efficaci: narrare l’esperienza femminile tra desideri e limitazioni attraverso gli sguardi, le parole e le relazioni dei personaggi appartenenti a generazioni diverse.

Ormai, quello di trasporre al cinema opere dallo squisito impianto teatrale non é più un operazione insolita ed era perciò inevitabile che il destino di Due Partite fosse il seguente. Naturalmente ciò ha delle implicazioni: necessità di ridimensionare il testo adattandolo alla grammatica cinematografica, gestire lo spazio dell’azione e la conseguente staticità che da essa derivano. Monteleone – conscio di queste imposizioni – giura fedeltà alla sceneggiatura di Comencini non alterandone né la struttura dialogica, né il contenuto tantomeno lo spazio scenografico. L’esportazione quasi chirurgica dal mezzo teatrale a quello della Settima Arte, tuttavia, perde intensità e forza.

Due Partite: l'esperienza dell'essere donne tra desideri e diritti

Tra punti di forza e debolezze:

Essendo un opera dal carattere squisitamente femminile, il lungometraggio avrebbe forse giovato di un approccio più globalmente tale al fine di garantire maggiore intensità ed empatia nei riguardi di quanto adattato. Attenzione: ciò non significa che un uomo non avrebbe potuto procedere alla realizzazione del film ma – vista la tipologia di lungometraggi firmati da Monteleone ( storie perlopiù di eroi maschili ) – sarebbe forse stato più adeguato l’approccio di una donna o della Comencini stessa. Ad essere luminosi nel film sono infatti buona parte dei dialoghi ideati della sceneggiatrice, le interpretazioni viscerali e brillanti delle protagoniste. Rimane dunque singolare la volontà di Rai Cinema e Cattleya di affidare lo sviluppo del lungometraggio ad un regista come Monteleone che risulta quasi alieno in questo universo dominato da donne.

Ciononostante sarebbe scorretto imputare la colpa ( o il merito ) generale della riuscita o meno del film al solo regista. Se infatti talune scelte registiche risultano essere non particolarmente ispirate ( la spropositata quantità di campi e contro campi che segmentano fin troppo la narrazione, una colonna musicale extradiegetica invadente e l’infelice rottura della quarta parete nel finale ) sono da additarsi ad una regia forse inadeguata alla trasposizione; certi scambi dialogici talvolta troppo prolissi e didascalici sono (de)merito di Comencini. Benché generalmente brillanti e di profonda intensità, questi non sempre si adattano allo schermo cinematografico rivelando la loro natura prettamente teatrale.

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Due Partite: un film acerbo.

Al di là di certe sbavature all’interno di un prodotto dal carattere fortemente scolastico e impostato, lodevoli e meritevoli di nota sono non solo le già citate performance attoriali ma anche i fini espedienti fotografici utilizzati nel film. Se la prima parte é globalmente caratterizzata da colori cangianti, vibranti che rinviano anche ad una potenziale rivalsa delle donne protagoniste e dunque ad una ‘luce’; la seconda é schiacciata da una gamma cromatica assolutamente inerme. Sono scale di nero e grigio a dominare. Colori, questi, che non solo sono suggestivi di un lutto ( quello derivato dalla scomparsa di una delle madri ) ma anche di una sconfitta, di una perdita metaforica.

Se le madri vedevano nelle figlie una possibilità di riscatto che era stata loro negata e, in più, esse stesse avevano plasmato vie parallele per sottrarsi ad una quotidianità asfissiante, le adesso giovani donne sembrano sconfitte dallo stesso quotidiano. Vittime di un sistema. Un sistema, una società fatta da imposizioni e privazioni. Si pensi al dramma di Cecilia la quale non può adottare figli perché single oppure a quello di Sara che sembra dover assurgere più ad un ruolo di madre che di compagna per il marito.

Due Partite ci racconta proprio di questo: del dramma di essere madri, di essere figlie e poi compagne ma anche sé stesse al di fuori di ogni etichetta e lo fa con grande (esagerato) garbo salvo poi rivelarsi pungente e critico in certi dialoghi. Commuovono la dolce e fragile Beatrice ( Isabella Ferrari ) il cui nome sembra già preannunciare il funesto epilogo e la ferocia del personaggio di Sofia ( Paola Cortellesi) il cui nome suggerisce tutta l’audacia delle sue prese di posizione ma non sono abbastanza per risollevare il tono della pellicola.

Conclusioni e trailer cinematografico:

In definitiva, Due Partite é un film corale che poteva essere molto di più ma che – in sostanza – rimane acerbo e schiavo di una regia accademica ed incapace di adeguare il mezzo teatrale a quello filmico. I due tempi del film stridono fin troppo quando in correlazione e purtroppo manca l’intensità del testo di partenza. Alla resa dei conti quello di Monteleone assume i tratti di un mero esercizio di stile dove la vicinanza da parte del regista é scarsa e scarna e l’empatia di Comencini non trova un corrispondente. Troppo bon ton, troppo abbottonata la commedia di Monteleone. Un peccato.

PANORAMICA RECENSIONE

Regia
Soggetto e sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Due Partite (2008) si fregia di un cast corale di grande prestigio e bravura. Ciononostante, gli sforzi notevoli compiuti dal cast completamente al femminile non sono sufficienti ad innalzare un film che rimane purtroppo acerbo e non particolarmente coeso.
Ginevra Betti
Ginevra Betti
Nutro uno sconfinato amore per la settima arte e tutto ciò che la riguarda. I miei vizi sono la scrittura ed il cinema. Sono laureata in cinema e spettacolo all'Università di Siena.

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