Presentato in concorso alla 75ª edizione del Festival di Cannes, Decision to Leave è il nuovo film del maestro coreano Park Chan-wook, un autore dalle grandissime capacità registiche, che è riuscito a portare la propria arte al di fuori del continente asiatico. Basta semplicemente pensare a Old Boy, film cult del 2003 che ha generato un meno fortunato sequel statunitense diretto da Spike Lee.
Dopo una lunga attesa durata sei anni, Park Chan-wook torna finalmente nelle sale con un thriller dai tratti profondamente hitchcockiani, intriso di mistero e trattegiato da un sentimentalismo calibrato e mai stucchevole.
Decision to Leave si è giustamente guadagnato il Prix de la mise en scène a Cannes 2022, resta però un mistero come questa meravigliosa opera sia stata snobbata dai principali premi cinematografici internazionali.
Decision to Leave, trama
Hae-Jun (Park Hae-il) è un brillante detective, il più giovane a ricoprire il ruolo di capo nella sezione omicidi della città coreana di Busan. Egli è sposato con Ahn Jeong-an (Lee Jung-hyun) e vive una vita dedicata interamente al durissimo e pericoloso lavoro di detective. Un giorno, Hae-Jun si imbatte in un misterioso caso che vede la morte di un dipendente di un ufficio d’immigarzione. L’uomo, che amava molto fare escursioni in montagna, ha perso la vita a seguito di una rovinosa caduta dopo aver raggiunto la vetta di un alto massiccio. Si tratta di una caduta accidentale, di un suicidio o forse vi sono le basi per pensare anche ad una terza opzione, ovvero quella di un omicidio?
Per escludere quest’ultima ipotesi, la prima ad essere sottoposta ad interrogatorio è Seo-Rae (Tang Wei) moglie di nazionalità cinese della vittima. Già dal primo colloquio, Hae-Jun prova una forte attrazione per la donna. Ella sembra essere innocente, ma qualcosa nelle sue parole insospettisce il detective Hea-Jun, che decide così di seguirla nei suoi spostamenti per vedere le attività che la donna svolge durante il corso della giornata. Tra i due si andrà ad instaurare un rapporto sempre più forte, e le loro vite subiranno una brusca svolta.
Decision to Leave recensione
Un detective determinato e professionale ed una sospettata che lascia dietro di se una serie di morti sospette, avvolti da un turbinio amoroso inaspettato e dai risvolti drammatici. Questa sembrerebbe essere la trama di un film di Alfred Hitchcock durante il cosiddetto “periodo americano” del regista. Decision to Leave è però una produzione Coreana del 2022, che all’apparenza può sembrare distante anni luce dai lasciti del “maestro del brivido” durante i suoi anni di maggior produttività artistica. Una supposizione assolutamente errata.
Decision to Leave è un thriller che guarda al passato, un opera che trae ispirazione dai grandi thriller degli anni ’50, primo su tutti Vertigo del 1958. Park Chan-wook però non cade nella trappola in cui troppo spesso i suoi colleghi sembrano cascare, ovvero quello di limitarsi ad un semplice copia-incolla dei grandi capolavori del passato dando quindi alla luce dei cloni privi di personalità e tecnicamente inferiori rispetto alla materia originale. Chan-Wook ci regala un thriller dove sì, sono presenti tutti gli elementi principali del noir classico, ma è altrettanto vero che questi sono resi maggiormente attuali e caratteristici.
L’investigatore protagonista della storia, il detective Hae-Jun, è un uomo che fin da subito viene presentato come ossessivo nei confronti del proprio lavoro. Anche mentre intrattiene rapporti sessuali con la moglie il pensiero cade sempre sui cadaveri distesi in pozze di sangue visti durante un indagine. Con la moglie e con i colleghi egli si dimostra freddo e distaccato, un vero e proprio automa dedito all’arresto dei criminali.
Un opera che guarda al passato pur mantenendo una propria originale identità
Seo-Rae, che qui rappresenta la dark lady della storia, ha caratteristiche ben diverse da quelle a cui siamo abituati. Ella non viene rappresentata come la classica donna appariscente, che grazie alla bellezza e spigliatezza di linguaggio incanta il protagonista come una sirena omerica. Seo-Rae è una donna semplice, scomposta nell’abbigliamento e che fatica a parlare il coreano per via della sua nazionalità cinese.
Una famme fatale ben lontana dall’abbagliante Kim Novak di Vertigo, dalla Rita Hayworth di Gilda o ancora dall’intrigante Barbara Stanwyck de La fiamma del peccato. Per questo è molto difficile identificare il personaggio di Seo-Rae, inizialmente verrebbe da dire che essa sembra quasi un agnellino travestito da lupo, ma in realtà ella non è un vero e proprio carnefice, è più che altro un anima buona che tira fuori le unghie per difendere se stessa ed il suo amore.
Il rapporto tra i due protagonisti crescerà via via lo scorrere dei minuti, e sfocerà in un amore destinato a cambiarli entrambi per sempre.
La tecnica di uno dei più grandi registi degli ultimi 30 anni
Un altro elemento che contraddistingue Decision to Leave è una sottile ironia presente al suo interno, un ironia che non stona affatto con i toni del film, mai invasiva, che si affievolisce durante il corso del film fino a scomparire nelle sequenze finali. Una scelta dei tempi narrativi a dir poco perfetta, per un film che si prende giustamente tutti i minuti di cui ha bisogno per sviscerare i personaggi tanto complessi quanto affascinanti.
Per quanto concerne il lato tecnico anche qui vi è ben poco da dire. Park Chan-wook si conferma ancora una volta come uno dei migliori registi al mondo, un cineasta capace di stupire grazie alla semplicità della sua messa in scena, semplicità che non è assolutamente sinonimo di poco virtuosa, ma anzi il virtuosismo sta proprio nella scelta di non strafare con la macchina da presa, di non rendere il tutto artificioso solo per prendersi un applauso dai fanatici di piani sequenza infiniti o inquadrature fisse interminabili.
Grande prova attoriale da parte di Tang Wei e Park Hae-il, due interpreti che già in film come Lussuria e Memory of Murders avevano dimostrato il loro talento, e qui non fanno altro che riconfermarsi ulteriormente.
Tirando le dovute conclusioni, Decision to Leave è un film veramente magnifico, un thriller che trae ispirazione da modelli passati, ma che riesce ad essere estremamente moderno. Questo non solo grazie a delle trovate registiche geniali, ma è soprattutto merito di uno stravolgimento di quelli che sono tratti tipici dei protagonisti di opere di questo tipo. Il tutto è servito con una sceneggiatura a tratti ironica, che stempera il film e fa si che questo risulti facilmente digeribile anche a chi tende ad allontanarsi da lungometraggi di questo genere.