Da Alligator (1980) al franchise di Lake Placid (contante ad oggi sei episodi), il filone degli alligator-movie è sempre stato considerato una sorta di fratello minore, è un po’ “sfigato”, di quello degli shark-movie, ben più ricco sia per qualità (Lo squalo di Spielberg) che per quantità (i vari Sharknado o il recente Shark – Il primo squalo). Vi era perciò molta curiosità quando è stato annunciato Crawl – Intrappolati, che si riproponeva di rilanciare la figura dei coccodrilli quali infallibili macchine di morte all’interno di una trama lineare e con soltanto un paio di personaggi in scena. Il progetto è stato affidato ad Alexandre Aja, regista francese noto per il folgorante Alta tensione (2003) nonché per il controverso remake Piranha 3D (2010), la cui recente carriera si era parzialmente inabissata con lavori rimasti lontani dall’attenzione del grande pubblico per quanto sempre e comunque pervasi da una spiccata personalità.
In Crawl – Intrappolati un uragano di categoria 5 sta per colpire la Florida, con un piano di evacuazione già messo in atto dalle autorità per salvaguardare l’incolumità dei cittadini che vivono nelle zone rurali / di campagna. La nuotatrice Haley Keller, all’ignaro del cataclisma in avvicinamento, viene informata dalla sorella all’uscita dalla piscina e decide di andare a cercare il padre Dave, che non risponde al telefono, prima che il tornado si abbatta con tutta la sua furia. Dopo un primo controllo nell’appartamento in cui l’uomo viveva da solo dopo il divorzio, e nel quale trova e porta con sé l’amato cane Sugar, la ragazza si avvia per scrupolo nella vecchia casa di famiglia dove nota il pick-up del genitore parcheggiato nel vialetto. La ricerca è infruttuosa almeno fino a quando Haley non si cala nel seminterrato e trova il padre svenuto e gravemente ferito. Mentre tenta di trascinarlo verso l’uscita, la protagonista viene aggredita da un gigantesco alligatore e solo per un soffio riesce a nascondere lei e Dave in uno spazio sicuro inaccessibile al predatore. Ma nel frattempo le condizioni climatiche sono sempre più estreme e le copiose piogge stanno allagando la struttura: padre e figlia dovranno trovare un modo per tornare in superficie prima che sia troppo tardi, dovendo affrontare diversi esemplari di coccodrillo che stanno infestando l’intera zona.
Un’operazione tanto semplice quanto avvincente, capace di generare nell’ora e mezza di visione una tensione crescente e un discreto numero di colpi di scena a tema, tanto che quando le cose sembrano mettersi per il meglio vi è sempre qualche evento imprevisto che catapulta nuovamente i protagonisti nell’incubo. Crawl – Intrappolati è un fiero prodotto di genere che non nasconde i propri limiti concettuali ma anzi li trasforma in un’inesauribile punto di forza, rendendo il reiterante leit-motiv una cruda e coinvolgente lotta per la sopravvivenza. Aja non va per il sottile ma è abile nell’evitare derive trash, optando per una serietà d’intenti anche nei passaggi apparentemente più improbabili, e il risultato è un divertimento roccioso e scattante che non fa sconti, tra una sana violenza tendente allo splatter (senza eccessi e in ogni caso improntata ad un crudo realismo) e dinamiche drammatiche non originalissime ma ben convogliate dalle emotive performance di Kaya Scodelario e Barry Pepper, le uniche due figure in scena (insieme al cane Sugar) per la pressoché totalità del minutaggio (le comparse altro non sono che “gustosa” carne da macello in stile slasher).
La formula classica “gioco del gatto col topo” funziona per la varietà di situazioni, più o meno fortuite, nelle quale prede e predatori si trovano coinvolti e fino ai titoli di coda il destino rimane incerto, mantenendo una sorta di piacevole apprensione nei confronti dei due umani coinvolti. Dal punto di vista effettistico Crawl – Intrappolati se la cava egregiamente, con una resa dell’impatto alluvionale verosimile e degna dei migliori disaster-movie e convincenti effetti speciali nella gestione dei numerosi alligatori, costanti nemesi del racconto. L’eclettismo delle inquadrature, tra soggettive dal punto di vista degli animali e movimenti di camera piazzati sempre al posto giusto nel momento giusto, esaspera l’ansia ad altissimi livelli e quando il livello dell’acqua inizia a salire minuto dopo minuto il gioco si fa veramente duro per tutti, spettatore incluso. Viene così facile perdonare un paio di sbavature narrative atte a instradare la vicenda sui necessari binari, ampiamente in secondo piano rispetto all’entusiasmante intrattenimento da action-survival che il film riesce a proporre con robusta e genuina immediatezza.
Voto Autore: [usr 4]