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Collateral beauty, recensione del film con Will Smith

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È il 2016 e nelle sale italiane arriva a gennaio un film con Will Smith dal titolo poetico quanto criptico: Collateral beauty, traducibile in italiano con La bellezza collaterale diretto da David Frankel. Dal trailer sembra un film drammatico con punte di fantasy, dove un protagonista alquanto tipico (simile ad altri ruoli che Will Smith ha interpretato) riceve la visita di tre figure astratte: Amore, Tempo e Morte. Howard ha scritto infatti delle lettere indirizzate a questi concetti, che insieme con l’idea di bellezza collaterale sono i principali argomenti della pellicola.

Collateral beauty non ha avuto un grande successo di critica, ma può essere rivalutato per alcune ragioni probabilmente poco evidenti.

Collateral beauty trama del film

La trama del film ruota attorno a un singolo personaggio con cui si interfacciano altre figure caratterizzate effettivamente poco. Il protagonista è il dirigente pubblicitario Howard Inlet, un uomo che all’inizio del film viene presentato come ottimista, brillante, un visionario che ha dato un tocco personale nell’ambito della comunicazione ha saputo apportare diverse novità a questo mondo. Tuttavia, la tragica morte della figlia piccolissima lo ha completamente cambiato.

Howard è adesso depresso, infelice e medita anche di concludere la sua vita. Sono preoccupati di questo tre suoi colleghi, interpretati da Edward Norton, Kate Winslet e Michael Peña, che hanno a cuore però prima di tutto il futuro dell’azienda che egli dirige, di cui è socio maggioritario, e che sta andando allo sbando a causa delle sue incresciose condizioni psicologiche. I tre gli hanno quindi proposto di vendere l’azienda, ma dopo il rifiuto di Howard decidono di trovare un modo alternativo per risolvere la questione.

Vogliono, infatti, mostrare le sue evidenti difficoltà psicologiche e farlo passare come malato mentale. A tale scopo ingaggiano un investigatore privato, perché possa filmare momenti che provino che Howard non abbia le facoltà mentali per gestire la società. La cosa particolare di ciò sta nel fatto che i colleghi ingaggiano, apparentemente, degli attori, che interpretino i concetti di Amore, Tempo e Morte a cui Howard si è rivolto nelle sue lettere.

Un Canto di Natale più introspettivo

Tutto l’intreccio del film giocherà insistentemente sulla presenza di questi attori e l’ambiguità della loro figura. Infatti, quasi come una copia particolare Canto di Natale molto più fantasy e introspettivo, è come se i tre attori, nel capolavoro di Charles Dickens tre spiriti, si presentassero da Howard per insegnargli qualcosa e suscitare in lui un profondo cambiamento.

La differenza sostanziale è chiaramente che l’evoluzione psicologica richiesta al protagonista in questo frangente non è da un modus operandi errato, come accade con il perfido Scrooge, che deve trasformarsi da una persona avida, avara e crudele in un uomo che ama il Natale e riesce ad essere generoso. Howard deve, invece, fuggire dai suoi demoni. Certo è che anche Scrooge mantiene un atteggiamento negativo nei confronti degli altri a causa dei suoi trascorsi, ma Howard ha avuto un unico grande dolore che lo ha scosso inevitabilmente.

La perdita di un figlio è probabilmente uno dei momenti più devastanti che una persona possa vivere, e Collateral beauty prova, anche se sovente in maniera stucchevole, a sorprendere lo spettatore inducendolo alla riflessione in merito. Will Smith qui interpreta un tipo di ruolo che ha già portato sullo schermo mille volte: il brav’uomo tuttavia ferito, eccessivo nel manifestare le proprie emozioni ma in fondo giustificato da un’indole sensibile. È lo stesso di Sette anime, La ricerca della felicità, nella sua solitudine riecheggia anche l’eroe orfano di Men in Black. Questo per quanto possa essere ripetitivo rassicura da sempre il pubblico e consente di godersi la visione con una certa sospensione di incredulità, perché è come se già conoscessimo benissimo Howard.

Collateral beauty: che cos’è la bellezza collaterale

“Amore, Tempo, Morte. Queste tre cose mettono in contatto ogni singolo essere umano sulla Terra. Desideriamo l’amore, vorremmo avere più tempo e temiamo la morte”.

Al netto dei difetti che sono quindi i personaggi poco caratterizzati, un protagonista già visto, Collateral beauty ha comunque qualcosa da comunicare. Un messaggio stucchevole senz’altro, ma comunque importante. Nel suo percorso, Howard conoscerà anche una donna che per tutto il tempo sembrerà un personaggio campato in aria. Non si capisce, se non alla fine, il suo ruolo. Così come l’intera vicenda mira effettivamente a confondere lo spettatore sull’identità degli attori che interpretano Amore, Tempo e Morte.

L’astrazione, la realtà e la finzione si fondono per approdare a un concetto non nuovo, ma comunque interessante:

“La cosa importante è cogliere la bellezza collaterale che è il legame profondo con tutte le cose”.

Mentre Howard scoprirà effettivamente che cosa significa, i suoi colleghi avranno un’evoluzione personale che comunque passa un po’ in sordina ed è raccontata in modo frettoloso. Collateral beauty è un film che contiene un colpo di scena finale ben strutturato, un messaggio di fondo che induce all’autoriflessione e alla commozione, e quindi merita sicuramente una visione anche per l’ottimo cast, ma non brilla per originalità.

PANORAMICA

Regia
Soggetto e sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni
Roby Antonacci
Roby Antonacci
Giornalista per Vanity Fair, collaboratrice per Moviemag, scrivo da sempre di cinema con un occhio attento a quello d'autore, una forte passione per l'horror e il noir, senza disdegnare i blockbuster che meritano attenzione.

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