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Burning – L’amore brucia

La incontrai al matrimonio di amici, tre anni fa, e andammo subito d’accordo. C’era una differenza di undici anni tra noi, quasi un intero zodiaco cinese, lei ne aveva venti, io trentuno. Ma questo non costituiva un problema. All’epoca avevo tante di quelle cose di cui preoccuparmi, che onestamente non mi restava il tempo di badare a inezie del genere. D’altronde anche lei, fin dall’inizio, non aveva dato la minima importanza ai miei anni. Altra circostanza irrilevante, io ero sposato. Ma età, famiglia, stipendio e cose del genere sembravano essere per lei fattori puramente congeniti, come la grandezza dei piedi, il timbro della voce o la forma delle unghie. Uno ci si poteva arrovellare sopra quanto voleva, non li poteva cambiare. E a pensarci bene, è proprio così.” Come si evince dal primo paragrafo qui citato del racconto da cui è tratto, l’approccio in questo adattamento è stato molto libero, con diversi dettagli anche fondamentali cambiati per l’occasione. Burning – L’amore brucia, arrivato anche nelle sale italiane grazie alla distribuzione di Tucker Film, da sempre amata dal pubblico di asianofili per la sua crociata nel distribuire film orientali anche nella penisola italica, è la trasposizione di Granai incendiati, storia breve del celebrato autore nipponico Haruki Murakami, scrittore che vanta una folta stuola di fan anche da noi.

Burning  L'amore brucia

L’impresa di Lee Chang-dong, maestro coreano autore di capolavori sconosciuti ai più quali Oasis (2002), Secret Sunshine (2007) e Poetry (2010) non era delle più semplici, come già sperimentato dal collega vietnamita Tran Anh Hung che nel 2010 si cimentò con l’adattamento del romanzo Norwegian Wood, uscendone vincitore seppur con qualche sbavatura. Burning – L’amore brucia corre subito un grosso rischio, ossia quello di spostare l’ambientazione dal Sol Levante al Paese natio del cineasta, fatto che potrebbe già sulla carta far storcere il naso ai puristi. Ma come già accennato ad inizio recensione, non è solo la differenza di luoghi a segnare un distinguo tra opera originaria e forma filmica ma anche diversità strutturali all’interno della narrazione e relativa gestione dei personaggi. Lee opta per amplificare la brevità del testo, aggiungendo un finale nuovo di zecca ma pervaso comunque della stessa ambiguità, cercando di sciogliere i dubbi che stavano alla fonte insinuandone degli altri, ancora più atroci e subdoli, e inserendo diramazioni che sembrano uscite da un qualsiasi racconto kinghiano, con il protagonista aspirante scrittore la cui auspicata professione getta ulteriori misteri sul reale o meno epilogo della vicenda.

Burning - L'amore brucia

Le due ore e mezza di visione vivono così su un senso di tensione costante, con la prima parte che cattura al meglio la sensibilità di Murakami nel tratteggio del carattere dei personaggi, pedine senza meta e senza futuro che si trovano a collimare tra loro in una dolce e crudele danza dei sentimenti: il regista riesce a schivare l’assenza del voice-over, tratto distintivo dell’autore nipponico per rendere maggiormente partecipe il pubblico di lettori, grazie ad un tocco fine e centellinato, nel quale il romanticismo contemporaneo emerge con la necessaria carica di speranze e amarezze. La seconda metà invece, soprattutto dopo il sorpasso di un evento chiave, guarda a toni più affini al k-cinema e inserisce elementi che spaziano dal thriller al mystery con una ricerca costante della suspense, sia di genere che psicologica, nell’intento di instillare una sana e pressante ansia nello spettatore. Una logica riuscita in tal senso anche se parzialmente stonante con quanto visto in precedenza, ma Burning – L’amore brucia ha proprio l’intenzione di spiazzare il pubblico e trascinarlo in un abisso oscuro dove le emozioni sono destinate ad esplodere nella maniera più perfida possibile, disseminando indizi e aprendo a potenziali verità la cui risoluzione definitiva, giunti ai titoli di coda, è lasciata al raziocinio del guardante.

Burning  L'amore brucia

Proprio nel disattendere le aspettative con un chirurgico processo di decostruzione delle certezze acquisite, avvenente attraverso piccoli colpi di scena / rivelazioni che in realtà pesano come macigni sull’intero arco narrativo, Burning – L’amore brucia affascina e conquista pur nelle sue scelte più apparentemente respingenti. La ciclicità di certe situazioni, dal telefono che squilla costantemente nel bel mezzo della notte alla necessità di dar da mangiare ad un gatto che non vuole palesarsi, cambia dalla placidità delle fasi iniziali verso un più cupo ripetersi di venature passionali che scadono nella paranoia, giustificata o meno che sia. La presenza di magnifiche scene madri, in cui la luce del sole e l’arrivo del tramonto giocano spesso un ruolo importante (la pantomima / celebrazione della trasmutazione celeste dove Hae-mi si spoglia quasi della propria anima mettendosi a nudo, non solo esteriormente, su tutte) fa perdonare l’eccessiva ridondanza a venire e la classica quiete che precede la tempesta è stata raramente espressa su grande schermo in questa misura. Un accenno sulla trama, che abbiamo volutamente lasciato per ultima: la vicenda è osservata dal punto di vista di Lee Jong-su, aspirante scrittore dalla difficile situazione familiare, che incontra dopo molti anni l’ex compagna di scuola e di vicinato Shin Hae-mi, la quale inizia subito a flirtare con lui dando inizio ad una relazione. Qualche settimana dopo la ragazza fa un viaggio in Africa e al suo ritorno è accompagnata dal ricco e affascinante Ben, unico connazionale incontrato nel continente nero, dal quale pare ora inseparabile. Ha così inizio un insolito e particolare menage a trois di non detti e passioni trattenute destinato inevitabilmente a drastiche conseguenze. Ma l’apparente linearità della sinossi si apre a ulteriori sfumature che, pur non rispettando in pieno la partitura originaria (e chi si attende quella malinconia tipicamente murakamiana potrebbe rimanere spiazzato), riescono a cesellare con tocchi incisivi e taglienti i momenti clou di un dramma in crescente divenire.

Voto Autore: [usr 4]

Maurizio Encari
Maurizio Encari
Appassionato di cinema fin dalla più tenera età, cresciuto coi classici hollywoodiani e indagato, con il trascorrere degli anni, nella realtà cinematografiche più sconosciute e di nicchia. Amante della Settima arte senza limiti di luogo o di tempo, sono attivo nel settore della critica di settore da quasi quindici anni, dopo una precedente esperienza nell'ambito di quella musicale.
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