Diretto da Wayne Roberts e in sala dal 20 Giugno, Arrivederci Professore è davvero una bella sorpresa.
Da un lato il piacere di ritrovare un Johnny Depp finalmente di nuovo “impegnato” e vicino alle intense interpretazioni a cui ci aveva abituati in passato, dall’altro lato la gradevole esperienza di assistere ad un racconto agrodolce che commuove senza peccare di eccesso di retorica.
Dismessi i vestiti pur celebri di Jack Sparrow e le trasformazioni “burtiane”, Depp veste qui gli abiti di un docente di letteratura Inglese in un College del New England che, saputo di avere solo pochi mesi di vita a causa di un tumore all’ultimo stadio, inizia a dire “solo la verità” e a rifiutare ogni forma di ipocrisia sociale, morale, politica e sessuale. Vive ogni giorno come se fosse l’ultimo, coraggiosamente, esprimendo libertà assoluta in pensieri e azioni, anche un po’ con grande incoscienza.
E’ un viaggio spericolato tra eccessi, vizi, piaceri nuovi, apparenze e metafore; del passaggio dall’immaturità ad una vita adulta, della crisi che si trascina e che porterà il protagonista (Depp) là dove vuol arrivare: alla quiete. Tutto il resto viene messo in secondo piano: la moglie fedifraga, la figlia omosessuale, i falsi amici e i colleghi ipocriti; ciò che gli preme è di giungere ad un arrivederci che è in realtà un vero e proprio addio da cui non c’è ritorno e da cui non si vuol neppure tornare.
Richard è sicuramente un personaggio a cui Depp si sente molto affine, che condivide una parte di Jack Sparrow, quello stesso “disincanto stralunato”, irriverente, fuori dalle regole, ma con l’aggiunta di quella caratura emotiva e dello spessore drammatico vicino a molti dei suoi migliori ruoli del passato e anche a tanti storici personaggi di insegnanti cinematografici a cui si è ispirato il regista nel progettare il film: dal Robert Donat di James Stewart in Addio Mr Chips del 1939 fino all’iconico John Keating di Robin Williams nell’indimenticato L’Attimo fuggente, ( 1989) sicuramente il più celebre professore nella storia del Cinema.
Unici nei della pellicola, sono forse l’eccessiva quantità di inneggiamenti alla vita e alla necessità di godere ogni attimo minuto per minuto ( che rendono a volte il personaggio di Depp un po’ un clichè) e l’accelleratore spinto, a tratti eccessivamente sulla opposta tematica della morte, “che tutto definisce e a cui tutto da senso”; accanto anche gli altri personaggi rischiano a tratti di muoversi su un territorio minato, non facile da allontanarsi da un “già visto” incombente: l’amico disperato, la figlia gay e la moglie, se da un lato risultano credibili se accostati ad una sceneggiatura per lo più convincente, dall’altro sono pericolosamente ai bordi della macchietta interpretativa ed è davvero un peccato.
Il film resta tuttavia un prodotto ben confezionato, godibile e di spessore, che sa distinguersi in un panorama di uscite cinematografiche estive dal sapore solo horror o fantastico, grazie anche ad un convincente Johnny Depp.
Voto Autore: [usr 3,0]