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American Carnage, la recensione

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American Carnage, diretto da Diego Hallivis, non vuole essere un film di denuncia sociale ma riesce tuttavia a farla cogliendo nel segno.

Esce nel 2022: anno in cui, negli Stati Uniti, il presidente Joe Biden è nell’occhio del ciclone, l’ex presidente Donald Trump inizia ad avere guai con la giustizia e la questione migranti si fa sempre più centrale nel dibattito pubblico.

Una questione che questo film intende affrontare in maniera diretta, sfruttando un genere ibrido come quello della commedia-horror con un tocco di denuncia politica.

Questo è un film che combina elementi decisamente splatter con una riflessione ai limiti del distopico sul mondo che stiamo vivendo, anche e soprattutto in termini di politiche migratorie.

Ma veniamo alla trama di American Carnage.

American Carnage, la trama

JP (Juan Pablo Valdes) è un ragazzo di origini messicane che lavora in un fast food, ma sogna in grande. Tutto cambierà durante la festa per l’ammissione di sua sorella alla Columbia University di New York, quando verrà rastrellato per effetto di una legge che permette l’arresto dei figli dei clandestini irregolari, anche se nati negli Stati Uniti.

L’unica via di uscita percorribile sarà quella di lavorare a un nuovo progetto governativo, “Cittadini americani anziani per la tolleranza”: un progetto che presto rivelerà il suo lato oscuro.

American Carnage, la casa di riposo degli anziani

Il mito dell’American Dream

L’America come terra di opportunità: anche per gli immigrati di buona volontà. Con questo mito, e con questo racconto ai limiti del mitologico, si apre American Carnage.

La prima immagine del film è quella di un vecchio televisore sul cui schermo compaiono, una dopo l’altra, un’aquila in volo, simbolo per antonomasia dell’America statunitense, e la Statua della Libertà.

Una voce fuori campo recita: “Benvenuti. Benvenuti nella terra dei liberi, patria degli impavidi. Un Paese fatto dalla gente per la gente. Un Paese in cui, grazie al duro lavoro, i sogni diventano realtà. Un rifugio sicuro per famiglie di qualsiasi origine e ceto. Ogni singolo cittadino di questo grande Paese vorrà accogliervi a braccia aperte, perché abbiamo bisogno di voi”.

La voce fuori campo continua: “Ci servono dei leader, ci servono icone, ci servono intrattenitori, abbiamo bisogno di idee. Ma soprattutto, ci servono i cattivi”.

Così, già nei titoli di testa, la beffarda premessa del film rivela qual è il vero volto della storia che si sta per raccontare. Una storia che attinge al repertorio di demonizzazione degli immigrati che tutti ben conosciamo, perché ormai è comune alla stragrande maggioranza dei Paesi.

American Carnage, una scena del film

Un’America di stampo trumpiano

“America first”: questo è lo slogan principe di ogni campagna di Donald Trump come Presidente degli Stati Uniti. Il succo: l’America e gli americani, cioè coloro che sono statunitensi da generazioni, vengono sempre al primo posto.

American Carnage rievoca esplicitamente l’universo trumpiano, non senza una consistente dose di sarcasmo, e lo condensa in un personaggio: quello del senatore repubblicano Harper Finn (Brett Cullen), che è anche un imprenditore di successo nel mondo della ristorazione. Si tratta della catena di fast food per la quale, neanche a farlo apposta, lavora il protagonista.

Lo slogan sui cartelloni della campagna elettorale di Harper Finn come governatore dello Stato della California recita così: “Remember Who We Are”. Ricordate chi siamo: un invito a non perdere le propria supposta essenza di veri statunitensi, a fronte di un’ondata di immigrati che rischia di inquinare l’”americanità”.

Inoltre, il governatore fa proprio il celebre slogan coniato dall’ex sindaco di New York Rudy Giuliani: “Tolleranza zero”. Così finisce per ordinare il rastrellamento di tutti i figli di immigrati clandestini, colpevoli di omessa denuncia nei confronti dei loro genitori.

L’American Carnage del titolo fa esplicitamente riferimento al leader dei repubblicani e ad un libro a lui dedicato negli USA: American Carnage: On the Front Lines of the Republican Civil War and the Rise of President Trump, di Leandro Fernández. Tuttavia conserva un significato ambiguo: significato che verrà esplicitato nel corso della trama. Perché in questo film degli immigrati si farà letteralmente una carneficina.

American Carnage, il cartellone elettorale del governatore della California Harper Finn

Immigrati e anziani: i rifiutati dalla società

Non è un caso, se in American Carnage i veri protagonisti della storia sono due categorie di individui che spesso e volentieri vengono lasciati ai margini della società: gli anziani, che non possono più contribuire alla vita economica del Paese, e gli immigrati, che spesso e volentieri di quegli anziani sono coloro che se ne occupano.

Il film, pur senza avere esplicite pretese di denuncia sociale, vuole accendere i riflettori su queste due categorie di emarginati. Sempre senza perdere la consueta ironia. Come dice provocatoriamente Big Mac, uno dei protagonisti, ai poliziotti: “Ditemi un po’: sono finito dentro perché sono sudamericano, o nero, o entrambi? Confusi?”.

Per quanto riguarda gli anziani, il film riporta l’attenzione sulla questione della long-term care: vale a dire sulle cure prestate, a lungo termine, agli anziani. A domicilio o nelle case di riposo.
Ebbene: in questo film la cura degli anziani assume decisamente connotati inquietanti, che non è possibile svelare senza correre il rischio di fare spoiler.

American Carnage, punti di forza e punti deboli

American Carnage ha volutamente l’aria di un film di serie B, ma a ben guardare la fattura è curata. Le scelte musicali e fotografiche funzionano, così come il cast, rigorosamente composto da statunitensi figli di immigrati che sanno bene di cosa si sta parlando. Tra le scene più riuscite c’è quella corale dell’interrogatorio fatto dalla polizia ai protagonisti.

Volutamente macchiettistico a tratti, tra i punti deboli ha quello di uno svolgimento troppo frettoloso degli eventi – il passaggio da una festa di famiglia all’arresto improvviso dei partecipanti è decidamente troppo brusco – e di una sceneggiatura a tratti solo abbozzata. Eppure la storia e i protagonisti funzionano. 

American Carnage, Jenna Ortega in una scena del film

American Carnage, il cast

Unica vera star del cast di American Carnage è Jenna Ortega, che quando gira il film è già all’apice della fama avendo già indossato i panni di Mercoledì Addams in Mercoledì, la serie Netflix diretta da Tim Burton. La giovanissima attrice dà corpo al broncio un po’ monocorde dell’attivista di origini messicane Camila Montes.

A nostro avviso, però, a primeggiare è Bella Ortiz, altra interprete di origini sudamericane: nel film sono argentine, nella realtà cilene. Il suo visino ultra espressivo alla Emma Stone incarna alla perfezione l’ambiguità di Micah. Sui social la ragazza ha ancora un seguito modesto (meno di 10.000 su Instagram) ma ne siamo certi: quel numero è destinato ad impennarsi.

Tra gli interpreti maschili, segnaliamo il protagonista Jorge Lendeborg Jr (nei panni di JP), viso fresco e sbarazzino che può può vantare già una certa esperienza in alcuni blockbuster, come due degli ultimi film di Spiderman.

Eppure la scena comica è tutta per Allen Maldonado, nei panni di Big Mac: il nomignolo, come dice lui stesso, gli è stato dato “perché gli piacciono le donne grosse e anche gli hamburger”. Non perdendo mai il sense of humor, sarà lui il personaggio più risolutivo della vicenda.

Una storia del genere non potrebbe esserci senza un cattivo: il più cattivo di tutti, come prevedibile, è Brett Cullen nei panni del politico Harper Finn.
Cullen, originario di Houston in Texas, ben rappresenta il prototipo del maschio-alfa americano di destra, e ha un passato di comparsate in storie a tinte fosche come Narcos (2016-2017), True Detective (2019) e Joker (2019), senza trascurare la particina in Il cavaliere oscuro – Il ritorno di Christopher Nolan (2012).

American Carnage, Allen Maldonado in una scena del film

American Carnage, le conclusioni

American Carnage è un prodotto che si mantiene a cavallo tra la commedia horror a tinte splatter e la distopia.

Senza pesantezza affronta due tematiche sociali di grande attualità come la gestione dell’immigrazione e la cura degli anziani, argomento quest’ultimo di non secondaria importanza.

Si affida ad un cast giovane e spumeggiante senza nomi di grido, Jenna Ortega a parte, che non ha bisogno di primeggiare nella recitazione per far sì che questo film funzioni.

Forse scorre troppo veloce e certamente non indaga a fondo nella psiche dei personaggi, ma non è questo il suo proposito. Godibile.

PANORAMICA

Regia
Soggetto e sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

American Carnage è un prodotto che si mantiene a cavallo tra la commedia horror a tinte splatter e la distopia. Senza pesantezza affronta due tematiche sociali di grande attualità come la gestione dell’immigrazione e la cura degli anziani, argomento quest’ultimo di non secondaria importanza. Si affida ad un cast giovane e spumeggiante senza nomi di grido, Jenna Ortega a parte, che non ha bisogno di primeggiare nella recitazione per far sì che questo film funzioni. Forse scorre troppo veloce e certamente non indaga a fondo nella psiche dei personaggi, ma non è questo il suo proposito. Godibile.
Redazione
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American Carnage è un prodotto che si mantiene a cavallo tra la commedia horror a tinte splatter e la distopia. Senza pesantezza affronta due tematiche sociali di grande attualità come la gestione dell’immigrazione e la cura degli anziani, argomento quest’ultimo di non secondaria importanza. Si affida ad un cast giovane e spumeggiante senza nomi di grido, Jenna Ortega a parte, che non ha bisogno di primeggiare nella recitazione per far sì che questo film funzioni. Forse scorre troppo veloce e certamente non indaga a fondo nella psiche dei personaggi, ma non è questo il suo proposito. Godibile.American Carnage, la recensione