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All the beauty and the bloodshed – recensione del documentario di Laura Poitras

Nel 2022, dalla collaborazione tra la regista Laura Poitras e la fotografa Nan Goldin, vede la luce un potente e ben confezionato documentario dal titolo All the beauty and the bloodshed, occasionalmente indicato sul suolo nostrano con il titolo italiano parzialmente in uso Tutta la bellezza e il dolore. Il prodotto, della durata di due ore circa, è un contenuto di denuncia che si rivela però capace di inglobare organicamente significative porzioni biografiche relative alla stessa Goldin. Presentato in anteprima lo scorso settembre in concorso alla Mostra d’arte cinematografica di Venezia, proprio in occasione del festival il documentario ha sin da subito dimostrato al pubblico il proprio valore guadagnandosi la statuetta più ambita, quella del Leone d’oro al miglior film. A qualche mese di distanza è stato candidato per l’Academy Award al miglior documentario in occasione degli Oscar (vedendosi però superare sulla linea del traguardo da Navalny, di Daniel Roher).

La trama del documentario

All the beauty and the bloodshed traccia il percorso artistico e umano della celebre fotografa Nan Goldin, icona della controcultura statunitense, a partire degli anni Settanta del secolo scorso sino ad arrivare al suo presente da attivista coinvolta nella denuncia della famiglia Sackler. Proprio quest’ultima, in effetti, attraverso la casa farmaceutica di sua proprietà (nota come Purdue Pharma) contribuisce alla vendita – e anzi, in ottica di mercato evidentemente la incoraggia – di OxyContin, farmaco ampiamente diffuso negli Stati Uniti che, come si è scoperto negli anni, crea una fortissima dipendenza equiparabile a quella data dalle più note sostanze stupefacenti. La famiglia in questione risaputamente ricicla il denaro guadagnato nella vendita di tali farmaci tramite donazioni ai più celebri enti museali di tutto il mondo.

La stessa Nan Goldin, vittima di una dipendenza dal farmaco durata anni e combattuta faticosamente, nel 2017 ha fondato l’associazione PAIN (acronimo di Prescription Addiction Intervention Now), che agisce con lo scopo di denunciare l’attività criminosa dei Sackler. L’associazione, composta da ex dipendenti da OxyContin e da amici o familiari di vittime defunte a causa della dipendenza, si batte quotidianamente e strenuamente per mettere il mondo a parte della pericolosità del farmaco, di cui la Purdue Pharma ha ammesso invece di essere ben conscia. Per mezzo di manifestazioni non dissimili da veri e propri happening artistici (spesso negli spazi o in prossimità di musei finanziati dalla famiglia), ma anche minacciando di ritirare le sue opere dalle istituzioni museali sovvenzionate dai Sackler, la fotografa nel giro di pochi anni è stata capace di puntare il riflettore dell’attenzione mediatica mondiale sul caso.

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All the beauty and the bloodshed

All the beauty and the bloodshed: dove vederlo e la recensione

Per mezzo di un’opera ben confezionata e raramente disorganica o dissonante nelle sue porzioni, Poitras (già regista dei pluripremiati My Country My Country, Citizenfour e Risk) con abilità – se non più propriamente con maestria – interseca l’esplorazione di un percorso umano e artistico già di per sé degno di rilevanza quale quello di Goldin con una questione di attualità della massima urgenza e rilevanza, quella della denuncia alla Purdue Pharma e ai Sackler. Il talento evidentemente insito nella mano registica si rivela capace di conferire ad entrambi queste porzioni di “racconto” uguale rilevanza e dignità, senza mai che una rischi di sopraffare l’altra ma, anzi, facendo sì che l’una sia argomentazione (o viceversa, conseguenza) dell’altra, attraverso uno studio minuzioso, pregresso e a posteriori, del materiale documentaristico prima voluto e poi ottenuto. In questo senso, nulla in All the beauty and the bloodshed è affidato al caso, e tutto è opportunamente calibrato.

Per ottenere un risultato così organico, strutturato e stratificato, la regia ricorre alla narrazione della stessa fotografa (sia relativa ad eventi del suo passato biografico e artistico che del suo presente da attivista) punteggiandola di materiali pre-esistenti, prime fra tutti le opere di Goldin che hanno già insite in sé a loro modo una certa componente cinematografica, come si percepisce bene nei segmenti dello spettacolo multimediale “The ballad of sexual dependency” creato dalla fotografa e inserito a più riprese nel corso del lungometraggio, come a delineare un andamento per capitoli della narrazione.

All the beauty and the bloodshed

Come la sua arte, già intrinsecamente cinematografica, anche lo stesso vissuto dell’artista ha insita in sé una certa componente di accattivante tendenza narrativa. Nel corso di All the beauty and the bloodshed, infatti, Goldin ripercorre le tappe della propria esistenza che si sono rivelate a posteriori necessarie nel determinare il suo profilo di artista e di individuo, partendo dalle vicende relative alla sua vita familiare e professionale. In questo modo, la narrazione del trauma legato alla figura della turbolenta sorella viene affiancato a rivelazioni circa le altrettanto complesse figure genitoriali, e allo stesso modo la voce narrante si cimenta nell’illustrare l’andamento delle sue faticose storie d’amore, delle sempreverdi amicizie, della statunitense controcultura ribelle di cui Goldin stessa faceva parte e del ruolo che riveste la componente sessuale nella sua vita tanto quanto nella sua arte, delineando un ritratto sfaccettato, stratificato e a tutto tondo della Goldin artista attivista e persona.

In questo, la disamina dell’ultima – solo in senso cronologico – fase dell’artista, quella attuale dell’attivismo, si colloca come inevitabile conseguenza del suo vissuto turbolento e allo stesso modo come bersaglio della sua propulsione creativa e della sua (più che giustificata) vis polemica, rivelandosi però anche capace di mettere in evidenza il lato più umano dell’artista nel suo attaccamento viscerale alla causa e ai compagni d’avventura. Così, in ottica prettamente narrativa – sempre per quanto possa essere legittimo tirare in causa il concetto di narrazione nell’ambito del documentarismo – i colpi sferzati da Goldin ai danni della famiglia Sackler risultano essere una delle tante derive dell’esperienza di vita dell’artista, perfettamente integrata con le altre manifestazioni del suo essere che vengono mostrate nel corso del documentario.

Ad eccezione dell’opzione d’acquisto tramite Google Play e la visione per mezzo di Paramount Plus, il prodotto attualmente non è reperibile nel catalogo italiano di nessuna piattaforma di streaming ma, nell’attesa che venga auspicabilmente integrato, il documentario è visibile in alcune sale cinematografiche selezionate.

In definitiva, All the beauty and the bloodshed si rivela un prodotto minuziosamente fabbricato, curato in ogni suo strato e al contempo apprezzabilmente sfaccettato. La messa in mostra dell’esperienza di vita dell’artista, sia in senso biografico che artistico, lungi dallo spostare l’attenzione dal suo attuale attivismo procede invece a contestualizzarlo, giustificarlo e corroborarlo, argomentando la causa e contribuendo al delinearsi di un ulteriore tassello del vissuto di Nan Goldin.

PANORAMICA RECENSIONE

regia
soggetto e sceneggiatura
emozioni

SOMMARIO

All the beauty and the bloodshed, Leone d'oro per il miglior film allo scorso festival di Venezia, interseca per mano di una sapiente regia il vissuto biografico e artistico della fotografa icona della controcultura anni Settanta Nan Goldin con il suo presente da attivista.
Eleonora Noto
Eleonora Noto
Laureata in DAMS, sono appassionata di tutte le arti ma del cinema in particolare. Mi piace giocare con le parole e studiare le sceneggiature, ogni tanto provo a scriverle. Impazzisco per le produzioni hollywoodiane di qualsiasi decennio, ma amo anche un buon thriller o il cinema d’autore.
All the beauty and the bloodshed, Leone d'oro per il miglior film allo scorso festival di Venezia, interseca per mano di una sapiente regia il vissuto biografico e artistico della fotografa icona della controcultura anni Settanta Nan Goldin con il suo presente da attivista. All the beauty and the bloodshed – recensione del documentario di Laura Poitras