“Man on the Moon” è un film del 1999, con protagonista Jim Carrey e diretto da Miloš Forman. Il cast prevede la partecipazione di Danny DeVito, Courtney Love e Paul Giamatti. Vincitore dell’orso d’argento al festival di Berlino per la miglior regia, è diventato con il tempo una delle pellicole più conosciute dell’autore cecoslovacco, naturalizzato statunitense. Carrey ha vinto il Golden Globe alla migliore interpretazione, la sua seconda vittoria dopo quella per “The Truman Show” dell’anno prima.
Trama di Man on the Moon
Un comico di nome Andy Kaufman, esordisce in un club serale come cabarettista a metà degli anni 70. Viene notato da un agente di spettacolo, il quale lo ingaggia per portarlo in tournee. Il successo incomincia a crescere, fino ad essere ingaggiato per un ruolo televisivo in una sitcom. Kaufman, dà vita a una serie di personaggi memorabili e reinventa il concetto di comicità.
Man on the Moon, recensione
Tratto da una storia vera, il film biografico racconta la storia del comico Andy Kaufman. Ha esordito nella celebre sitcom, realmente esistita, dal nome “Taxi” con la quale ha goduto di un buon successo presso il pubblico americano. I suoi spettacoli in giro per l’America lo hanno reso per un periodo una star, provocando effetti contrastanti tra il pubblico.
La particolarità che è possibile notare sin da subito, durante la visione della pellicola, consiste nella stravaganza surreale del personaggio e dell’universo che si è creato intorno a sé. Il comico statunitense ha letteralmente reinventato un tipo di approccio alla materia. Oggi si potrebbe definire come anti-humor, e ne abbiamo diversi esempi, all’epoca c’era soltanto lui.
Jim Carrey prende spunto dalla sua vita, adottandone comportamenti e modi di fare. L’attore ne studia ogni suo gesto e ogni sua mossa, i suoi sorrisi e le sue espressioni. Il lavoro svolto per apparire simile a Kaufman è strabiliante e grazie a questo ruolo Carrey dimostra di essere versatilissimo, in grado di trasformarsi in chiunque personaggio lui voglia.
Gli anni 90 sono il periodo d’oro per Jim Carrey, le sue commedie stravaganti lo rendono popolare in tutto il mondo, generando una vera e propria venerazione. Dopo aver raggiunto la fama desiderata, l’attore però non si lascia per vinto e decide di prender parte anche a ruoli più complessi e sfaccettati. Questa sua interpretazione diventa una delle più iconiche della sua carriera e la sua collaborazione con Forman si rivela azzeccata.
Il personaggio interpretato delinea una figura al limite della follia. Le sue apparizioni comiche sono assurde e apparentemente prive di senso. Il suo successo deriva infatti da questa irreale messa in scena che il comico è solito portare sul palco. Un’esibizione talmente bizzarra da risultare interessante agli occhi di chi assiste.
La formula segreta giocata da Kaufman consisteva proprio da questa sua caratteristica, quella di spiazzare il pubblico pagante, a tal punto da generare in esso delle risate controverse, in bilico tra lo spaesamento e il vero gusto di farsi una sincera risata.
Lo svolgimento della storia segue e si modella sulla base del singolare personaggio e in vari passaggi il film sembra scoprire sé stesso e le sue potenzialità, adottando soluzioni registiche eccentriche e fuori di logica sensata, per rimanere al passo con colui su cui ruota tutta la vicenda. Il cinema gioca con il proprio mezzo, diventando quasi un’entità astratta svincolata dalla manipolazione dell’uomo, toccando il vertice del cosiddetto Metacinema.
I personaggi del mondo di Miloš Forman
È straordinario il modo con cui Forman ha deciso di raccontare la sua storia, in pieno stile del suo personaggio protagonista e mostrando una regia veramente fenomenale. Esiste un comune denominatore che lega tutti i film del regista. La rappresentazione della follia umana, che caratterizza ciascuno dei suoi indimenticabili personaggi.
L’imprenditore anticonformista Larry Flint, il genio musicale di Wolfgang Amadeus Mozart, il paziente psichiatrico Randle McMurphy, sono solo alcuni dei suoi più celebri personaggi, che Forman ha perfettamente rappresentato sul grande schermo.
Tutte persone che in un modo o nell’altro sono finite per essere incomprese dalla società e per questo marginalizzate o fatte oggetto di invidia assoluta. Soggetti in realtà assolutamente normali ma che vengono percepiti dalla massa come dei folli totali e quindi trattati come tali.
La bellezza unica del suo cinema consiste nel dolce sguardo con cui il regista racchiude nella sua cinepresa queste intramontabili figure, apprezzate solo superficialmente ma non realmente comprese in tutta la loro massima espressione. Per questa ragione ogni protagonista delle sue opere tenta disperatamente come può di farsi accettare in società, pur di non rimanere solo e abbandonato, ma il cui tentativo si rivela fallace fino a un punto estremo di non ritorno.
In “Man on the Moon” Andy Kaufman sperimenta ogni forma diversa di fare spettacolo e intrattenere il suo pubblico. Le sue idee geniali si dimostrano così assurde che finiranno addirittura per eliminare quella linea di confine che sorge tra persona e personaggio.
Si arriva al punto in cui gli intrattenuti non avranno più modo di scernere quando, quello a cui assistono sia parte di una finzione o di una realtà. I due fattori finiranno per intrecciarsi talmente bene, che diventerà anche impossibile riuscire ad apprezzare il comico stesso e la sua esibizione.
È in questa maniera che il suo successo finisce in bilico e sul punto di fallire. La sua originalità viene scambiata per un insulto nei confronti degli spettatori e con il tempo anche lui, sperimenta il lato della marginalizzazione e dell’oblio contemporaneo alla sua epoca.
Conclusione
Il film risulta essere uno dei migliori della carriera del regista Miloš Forman e allo stesso tempo una delle interpretazioni meglio riuscite di Jim Carrey. La colonna sonora è molto bella e si stagliano un paio di pezzi musicali dei REM, non a caso band che ha sempre giocato con un certo immaginario sonoro. La fotografia è perfetta, così come il cast di supporto a Carrey.
Si è voluta mantenere un’atmosfera surreale generale, durante l’intero prodotto artistico, per accentuare la figura del protagonista e mostrare la differenza che vige tra la sua persona/personaggio e il mondo intero. Il regista ha voluto rimarcare i due livelli contrapposti su cui si poggia, da un lato, il gruppo che gravita intorno a Kaufman e dall’altro il comico stesso.