Tusk

Se per la prossima serata cinema state cercando un film che allo stesso tempo vi diverta e vi traumatizzi, Tusk è quello giusto.

Kevin Smith è diventato un’icona della ribalta del cinema indie dopo che il suo debutto del 1994 Clerks – commessi, costato appena 25mila dollari, ne guadagnò 3 milioni e venne presentato alla Settimana Internazionale della Critica a Cannes. Clerks infatti dimostrò che con una buona sceneggiatura, un ritmo frizzante e degli attori azzeccati, anche un film poco più che amatoriale più diventare un piccolo cult. Da lì, la carriera di Smith ha sicuramente avuto alti e bassi. Regista molto pop e molto nerd, ha esplorato negli anni le varie sfaccettature della commedia demenziale, in particolar modo della parodia. Dall’Apocalisse con Dogma, al film d’azione con Poliziotti fuori – Due sbirri a piede libero, nel 2014 arriva con Tusk a parodizzare il genere horror. Tusk è però più commedia che horror, anche nel minutaggio, e le scene horror sono più grottesche che veramente spaventose. Nondimeno, la creatura del film resta la cosa più grottesca e disturbante non solo di questo film, ma anche di tanti altri film di mostri.

Tusk

Il cinico e superficiale Wallace (Justing Long) passa la sua vita a cercare freaks. Fenomeni da baraccone, disgraziati, poveretti che hanno avuto la malaugurata sorte di essere ripresi e diventare loro malgrado “famosi”, Wallace li intercetta e li deride nel suo podcast The Not-See Party (che pronunciato in fretta sembra The Nazi Party). Wallace parte per il Canada per intervistare uno di questi freak, un malaugurato che si è segato per sbaglio le gambe con una katana, per poi scoprire che il ragazzo si è suicidato. Irreprensibile, Wallace cerca un altro soggetto da intervistare e trova in un bagno pubblico il biglietto di un vecchio uomo che cerca compagnia. In cambio racconterà storie fantastiche del suo passato.

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Wallace è intrigato. Va subito a casa di quest’uomo, una baita sperduta in mezzo alle foreste canadesi. Lì Wallace conosce Howard (lo scomparso Micheal Parks), anziano lupo di mare dai modi eleganti in sedia a rotelle. Cominciano a parlare. Wallace è affascinato dalle storie di mare che racconta Howard, in particolare quella del suo naufragio nel Mare Glaciale Artico, quando un tricheco, che lui soprannominò Mr. Tusk, gli salvò la vita. Wallace è entusiasta, vuole sentire altre storie, ma sviene. Si sveglia il giorno dopo, in sedia a rotelle. Howard gli ha amputato le gambe. Da questo momento diventa chiaro per Wallace che è nelle mani di uno psicopatico che lo vuole usare per ricreare Mr. Tusk.

Tusk

Tusk usa tanti cliché del genere horror, dalla baita nel bosco, allo psicopatico che fa a pezzi le persone e soprattutto, alla formazione della creatura, a metà strada tra un mostro di Frankenstein e quello che Todd Browning avrebbe potuto rappresentare tra i suoi Freaks. Ognuno di questi clichè, Smith lo ribalta o lo estremizza fino al ridicolo creando un mondo che non si prende per niente sul serio ma che allo stesso modo instilla una paura più simile al ribrezzo.

Tusk

Film karmico (è Wallace che alla fine diventa il freak) Tusk dimostra l’incredibile capacità di storyteller di Kevin Smith, anche solo nelle storie che lo stesso psicopatico racconta per imbambolare Wallace. Non adatto agli animi sensibili, è terrificante nel mostrare la trasformazione dell’umano in animale, ma ancora di più in effetti, nell’immagine antropomorfizzata dell’animale, ricreato con parti umane ma spogliato della parola e della decenza umana, dote, questa, che già non apparteneva al protagonista. Ciò che sopravvive nella creatura è solamente l’istinto di sopravvivenza, anche se il finalino moralistico, più ironico che serio, apparentemente afferma il contrario, ovvero che un’anima umana è impossibile da cancellare. La creatura, che non è altro che un Wallace “ricombinato”, porta agli estremi la nostra concezione di umano e assottiglia i confini tra uomo e animale: è totalmente umano, dalle zanne alle pinne, ma per questo è mostruosamente inumano.

Tusk

Nonostante la terrificante creatura e le sue implicazioni angoscianti, il film rimane più che altro una commedia demenziale. Fin dal nome del protagonista Wallace, che richiama Walrus (con un giochino simile a quello del nome del podcast, Not-See/Nazi), si vede che Smith si diverte. Si vede nella premessa da film di serie zeta, nelle citazioni, nel finale ironicamente smielato. Infatti, anche la seconda metà, più horror, vede qualche intrusione comica gustosa. In particolare, il detective quebecchese con improbabile accento francese interpretato da Johnny Depp, che ha partecipato al progetto a titolo puramente amicale. Infatti, la figlia Lily Rose è amica della figlia di Kevin Smith, Harley Quinn: compaiono entrambe nel film, interpretando le due commesse canadesi. Tra gli attori anche Haley Joel Smith, il bambino del Sesto Senso, piccolo easter egg d’obbligo per il debutto horror di un nostalgico come Kevin Smith.

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Passato in sordina quando uscì nelle sale, è possibile trovarlo nel palinsesto cinematografico della piattaforma streaming Prime Video.

Marianna Cortese
Marianna Cortese
Attualmente laureanda in Lettere Moderne, ho sempre avuto un appetito eclettico nei confronti del cinema, fin da quando da bambina divoravo il Dizionario del Mereghetti. Da allora ho voluto combinare cinema e scrittura nei modi più diversi e ho trangugiato di tutto: da Kim Ki-Duk a Noah Baumbach, da Pedro Almodovar a Alberto Lattuada. E non sono ancora sazia.

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