Il cinema non è mai stato una forma d’intrattenimento muta, anche se la nascita del sonoro arriva negli anni ’30 del Novecento e quella del cinema risale al 1895. Ma prima di far combaciare le parole alle immagini proiettate sullo schermo, le pellicole animate venivano accompagnate da sottofondi musicali – nella maggior parte dei casi dal pianoforte. Così come non è mai stato muto, il cinema, non è mai stato del tutto in bianco e nero, persino i primi lavori di George Méliès (come Viaggio nella Luna, 1902) vennero colorati manualmente fotogramma per fotogramma dalle coloriste. Sia l’avvento del sonoro che quello del colore ha dato libero sviluppo al genere cinematografico del musical, che non aveva mai raggiunto vette così alte di approvazione fino ai primi anni ’50.
Non è un caso se Singing in the rain, diretto da Stanley Donen e Gene Kelly nel 1952, abbia guadagnato e mantenuto ancora tutt’ora il primato del genere.
Dal cinema muto al sonoro
Il film, ambientato nel 1927, con protagonisti Gene Kelly, Debbie Reynolds e Donald O’Connor, in scena il periodo florido hollywoodiano dove la storia tra i protagonisti si intreccia alle dinamiche sceniche, il cinema all’epoca stava sperimentando i cosi detti “film parlati”, e le difficoltà che si mascherano d’avanti ai riflettori si scontrano con le aspettative del pubblico e dei produttori.
In America il periodo degli anni ruggenti ha portato il Paese in uno stato di benessere economico e di conseguenza lo stesso benessere veniva ricercato anche nelle forme artistiche come il teatro e il cinema, realizzare un prodotto all’altezza delle aspettative non era una mossa facile.
Singin in the rain trama e recensione
Quando Singing in the rain venne distribuito nel nostro Paese le aspettative degli italiani erano simili a quelle dei fan all’interno della pellicola. In Italia il colore arrivò negli anni ’50, con Totò a colori (1952) di Steno, e, nonostante vennero presentati anche titoli d’oltre oceano in colore, per gli italiani risultava essere ancora una novità.
La pellicola musicale infatti punta tutto sull’esplosione del colore, eccessivo se visto con occhio moderno ma all’avanguardia per gli anni della sua realizzazione. Le scenografie ricercate rendono Singing in the rain un prodotto non solo piacevolmente udibile ma anche gratificante alla vista.
Le coreografie vengono riadattate agli spazi chiusi e i personaggi interagiscono con i mobili, attraversano porte e rompono le pareti, rendendo il movimento più dinamico e meno estraniante rispetto alle classiche scene cantate dei musical. Da sottolineare anche la bravura degli interpreti che, per l’occasione, cantano e ballano in sincrono offrendo una buona dose di spensieratezza agli occhi di chi guarda.
Singing in the rain, oltre ad analizzare un periodo critico per la storia del cinema (il sonoro stroncò la carriera a diversi interpreti), analizza anche il rapporto tra cinema e teatro e lo fa mettendo in contrapposizione la coppia protagonista. Lui (Gene Kelly) è una star del cinema, acclamato dal grande pubblico, lei (Debbie Reynolds) è un’attrice teatrale che sogna la fama oltre il palcoscenico. La stessa donna all’inizio denigra il cinema considerandolo una forma artistica minore rispetto al teatro tant’é che, durante il primo incontro con il personaggio di Kelly – la Reynolds – finge di non conoscere l’uomo e cinicamente afferma “non mi piacciono i film, ne guardi uno li hai visti tutti”.
A rendere estremamente coinvolgente la visione della pellicola, a parte l’amore psicologico che si sviluppa tra i due protagonisti, è la capacità che il soggetto ha di mostrare tutte le sfaccettature del mondo dello spettacolo. A partire dalla lunga carriera del protagonista, che prima di diventare attore ha lavorato come musicista, ballerino e stuntman. Viene acceso un riflettore anche sulla figura del produttore, della diva hollywoodiana, mostrato il processo di realizzazione dell’idea e del girato filmico nei teatri di posa.
Il personaggio interpretato da Gene Kelly è un artista a tutto tondo che, in prospettiva all’imminente arrivo del sonoro, studia dizione per ricavare la corretta pronuncia. Rappresentando un modello perfetto di artista versatile e talentuoso. Lo spettatore prende parte attiva all’interno delle dinamiche cinematografiche tanto da riuscire a percepire la pressione da parte della stampa e dei critici durante l’anteprima del film.
Tra realtà e finzione
Ma la sotto trama più interessante di Singing in the rain resta il parallelismo tra realtà e finzione, che sfocia anche nel binomio di amore e odio e di lavoro e vita privata (questi ultimi due sono spesso collegati tra loro). Ma, come un classico film romantico che si rispetti, sono i sentimenti positivi ad avere la meglio su quelli negativi e, così come il successo nell’abito lavorativo e della vita privata andranno ad incontrarsi sul finale, anche la maschera della finzione cadrà in favore della realtà. Pur essendo una storia da manuale, il lieto fine non è del tutto confermato.
Nella scena conclusiva i volti dei due attori protagonisti vengono immortalati su un manifesto pubblicitario che sponsorizza l’uscita del musical Singing in the rain. Abbiamo forse assistito ad un film nel film? L’apertura finale del sipario, così come è risultato essere il passaggio rivelatore per la narrazione del film, è capace di raggirare anche tutte le previsioni dello spettatore, portandolo con i piedi per terra e lasciandolo imprevedibilmente stupito e incredulo come solo un capolavoro sa fare.
Oggi Singin in the rain compie 70 anni lasciando immutato, grazie ad un cast eccezionale, una scenografia impeccabile e una sceneggiatura perfetta, il fascino un capolavoro irrinunciabile.