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Siccità, in anteprima la recensione del nuovo film di Paolo Virzì

Il nuovo dramma corale di Paolo Virzì presentato a Venezia 79 e in sala dal 29 settembre.

Siccità, la Roma di Virzì prosciugata dall’acqua (e dall’umanità)

Per il Cinema in Festa il nuovo film di Paolo Virzì ha fatto capolino in anteprima in alcune sale selezionate d’Italia. Siccità uscirà il 29 settembre nei cinema distribuito da Vision Distribution, ma noi ve ne parliamo in anteprima. Presentato in anteprima Fuori Concorso al Festival del Cinema di Venezia 2022, il nuovo lavoro del regista livornese è un racconto corale (un po’ come Il capitale umano) in cui al suo interno si muovono tanti, tantissimi personaggi. Salta all’occhio l’abilità di Virzì di coordinare tutte le storie e far sì che tra loro si intreccino in maniera plausibile e per nulla forzata. La sceneggiatura, a onor del vero, è scritta sì da Virzì, ma anche da Francesca Archibugi, Paolo Giordano e Francesco Piccolo. Si ride, si piange, si riflette, ci si emoziona, ognuno potrà trovare ciò di cui “cibarsi” cinematograficamente parlando. Tutto questo avviene sullo sfondo di una Roma in cui non piove da tre anni. Il Tevere è ormai prosciugato, la siccità ha ormai preso possesso anche delle periferie. C’è da riflettere sul significato del titolo, perché siccità non indica solo la condizione ambientale in cui è caduta la capitale, ma l’aridità di sentimenti, di umanità, di rispetto dell’uomo nei confronti del prossimo.

La trama di Siccità

A Roma non piove da tre anni. Sullo sfondo di una capitale dall’aspetto desertico, viva perlopiù a causa della popolazione stremata dalla mancanza d’acqua e in continua protesta, si muovono vari personaggi di età ed estrazione sociale diversa. Antonio è in prigione e per puro caso riacquista la libertà. Loris, un tempo autista di macchine blu, ora lavora per un servizio di car sharing e parla con i fantasmi. I coniugi Alfredo e Mila sono tutt’altro che una coppia felice e il loro figlio è un adolescente ribelle arrabbiato col mondo. Sara e Luca, dottoressa lei e avvocato lui, neanche vivono una situazione di coppia idilliaca. Giulia invece è un’infermiera in gravidanza e spera che il marito riesca a tenersi il lavoro appena trovato per il futuro del figlio. Raffaella è una donna ricca, ma fragile e insicura di sé, in cerca dell’approvazione del padre. Il destino di uno è legato all’altro e viceversa, anche in modo drammatico, ma lo scopriranno mentre aspettano la pioggia su Roma.

siccità

Un ipotetico futuro che fa paura

Siccità è un film che fa paura o meglio, fa paura l’ipotetico futuro che racconta e se ci si ferma a riflettere un attimo, non è così assurdo come sembra. I cambiamenti climatici sono veloci e repentini e nessuno può prevedere con certezza ciò che potrebbe succedere alle nostre città, al nostro mondo. Vedere Roma prosciugata alla ricerca di una sola goccia d’acqua è davvero così impossibile? Virzì crea un contesto che, per quanto utopico, risulta credibile in ogni suo aspetto. Dall’ambientazione desertica accompagnata da una fotografia gialla quasi a farci sentire l’arsura alla gola fino ad una popolazione stremata, arrabbiata, in continuo fermento che chiede conto e ragione alle istituzioni degli eventi che affliggono la Capitale. La siccità, accennavamo sopra, non è solo quella ambientale, ma la malattia che affligge l’uomo dopo due anni di pandemia, confinamento e solitudine. Ecco qui che entrano in gioco i personaggi a cui il regista romano affida il suo film.

siccità

Figli della pandemia

I personaggi di Siccità sono assolutamente figli della pandemia e del periodo critico da tutti noi vissuto. Non è un caso che il personaggio di Sara, interpretato da Claudia Pandolfi, scopra una nuova malattia portata dalle blatte che infestano la città. Non è neanche un caso che ci sia un professore (Diego Ribon) sempre ospite dei telegiornali, figure a noi ormai molto familiari. Il resto dei personaggi è un ventaglio di sfumature ognuna delle quali rappresenta una reazione ai cambiamenti climatici. Senza andare nel dettaglio, poiché la sceneggiatura è intricata e il rischio dello spoiler è dietro l’angolo, ne citiamo giusto due. Il Loris di Valerio Mastandrea è in preda ai deliri della febbre, vive nel passato e vede i fantasmi, mentre Silvio Orlando è un evaso di prigione che cammina per le strade con la sua preziosa tanica d’acqua della Valtellina. Loro sono anche i maggiori portatori di ironia che usano come un’arma per smorzare la pesante atmosfera che come una cappa soffoca la città. Grande importanza hanno i giovani per Virzì, alla quale affida un po’ di senno e razionalità, delle soluzioni concrete per poter arginare i problemi ambientali. Sono la speranza per il futuro.

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Si ride, ci si commuove, si riflette…

Siccità è un ottimo modo per chiederci chi siamo adesso e cosa siamo diventati dopo la pandemia e cosa, inoltre, sta succedendo nel mondo e quanto soffra l’ambiente per causa nostra. I personaggi poi sono talmente tanti che è possibile ritrovare un po’ di noi in loro. A Virzì le commedie corali con sfumature drammatiche riescono bene e questo film ha tutte le carte in regola per essere tra i migliori della stagione cinematografica. Non perdetelo, dal 29 settembre al cinema.

PANORAMICA RECENSIONE

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Siccità di Paolo Virzì è un film figlio della pandemia. La maggiore abilità del regista sta nel saper scrivere e di conseguenza portare in scena una sceneggiatura intricata con un numero importante di personaggi. Nessuno di loro viene abbandonato, tutti hanno un percorso da seguire che ad un certo punto si incrocia con quello degli altri. La Roma di Virzì è arida per mancanza d'acqua, ma chi si muove al suo interno lo è ancora di più.
Redazione
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