“Io non guardo il mondo attraverso buchi di serrature, non osservo gli animali nella gabbia dello zoo. Io sono semplicemente già lì, dentro la gabbia, con loro, che sono tanti, troppi, la maggioranza silenziosa che nessuno ascolta”.
Queste le parole con cui il regista Bonifacio Angius racconta il suo cinema, fatto di personaggi veri, le cui emozioni possono quasi essere toccate, e di storie drammaticamente sincere, dalle quali si viene travolti. Angius torna dietro la macchina da presa, a tre anni di distanza dal suo secondo lungometraggio “Perfidia” (2014), firmando “Ovunque proteggimi” una pellicola che sa narrare le vite di chi sopravvive ai margini.
“Ovunque proteggimi”, presentato al Torino Film Festival 2018, è la storia di personaggi incompiuti, incapaci di cambiare, a cui la vita non ha offerto la possibilità di divenire protagonisti. Alessandro e Francesca si muovono entro esistenze che non sembrano appartenere loro fino in fondo, desiderando un riscatto che non sanno come poter ottenere, limitandosi ad essere comparse condannate a interpretare, senza sosta, il medesimo ruolo.
Alessandro, cantante cinquantenne di musica folk sassarese, vive alla giornata, tentando di mettere a tacere il suo senso di fallimento ricorrendo ad alcol e gioco d’azzardo. È solo, condivide l’appartamento con la madre anziana, non ha prospettive future. Alessandro non smette mai di parlare, anche quando non ha più nulla da dire: spera di riuscire a coprire l’assordante rumore di quel sentimento di sconfitta che insiste a riaffiorare. È colmo di rabbia la notte in cui pretende l’ennesimo prestito di denaro da parte della madre, a tal punto che il diniego del genitore lo tramuta in un uomo feroce. La sua ira è intollerabile. Sottoposto ad un trattamento sanitario obbligatorio, Alessandro si ritrova annientato in un freddo ospedale. Qui conosce Francesca, in cura per problemi mentali, non intende arrendersi ad una vita lontana dal figlio.
Francesca è un’anima pura, inadatta ad adeguarsi ad una realtà inattendibile e ipocrita, di cui lei sa cogliere tutta l’infondatezza.
“Dove ci ha portato la democrazia? A fare finta di lavorare, a fare finta di essere tranquilli ci ha portato, a dire le bugie”. È attraverso riflessioni come questa, dall’onestà quasi violenta, a cui ci siamo disabituati in favore del quieto vivere, che conosciamo il tormentato personaggio femminile al quale Alessandro finirà per aggrapparsi con tutte le sue forze.
La tenacia di Francesca conquista l’indolente Alessandro, che intraprenderà un viaggio attraverso la torrida Sardegna, sfidando la ragionevolezza, per regalare alla donna ciò che la vita fino ad ora le ha negato, il sogno di una normalità, di una famiglia. Un viaggio verso l’ultima occasione fra polvere e stazioni di servizio.
Angius firma “Ovunque proteggimi”, una pellicola che trasuda di vita e verità: i dialoghi sono credibili; la brulla e assolata Sardegna è sfondo perfetto per narrare l’incontro delle solitudini dei protagonisti; lo sguardo rilucente di Francesca e quello inaridito di Alessandro trasmettono con forza speranza e disillusione, elementi preponderanti del vivere in provincia, luogo desolato, dove nulla cambia, dove il tempo non sembra passare mai.
Le parole sanamente non misurate e i soliloqui ossessivi rendono i due personaggi drammaticamente reali. Ciò anche grazie alle interpretazioni, di Alessandro Gazale e Francesca Niedda, entrambi sodali di Angius nelle sue precedenti incursioni dietro la videocamera.
Alessandro e Francesca sono imperfetti, la società non sa accoglierli né comprenderli, ma è proprio grazie alla loro inadeguata umanità che riescono a scorgere l’uno nell’altra le ali dell’angelo che potrebbe offrire loro una qualche salvezza. Noi, immersi nella nostra rassicurante normalità, lontani dal saperci abbandonare ad istinti ed emozioni che potrebbero essere considerati non conformi, sapremmo riconoscere l’angelo capace di liberarci?
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