Lunana, perché al cinema mancava da tempo la sincerità
C’è un villaggio ai confini del mondo, precisamente in Bhutan, il paese dove tutti sono felici. Lunana è un luogo fuori dal tempo, dove la vita è ancora semplice, la tecnologia non è arrivata e gli abitanti -poco meno di sessanta- vivono con il solo sostentamento che offre la natura. Il nostro sguardo occidentale sorride nel vedere queste persone rimaste ferme ad uno stadio evolutivo che non faticheremmo a definire primitivo, mentre attorno a loro il mondo cambia e corre per stare al passo con sé stesso. Non solo noi in realtà, anche per il giovane Ugyen sarà così. Lunana-Il villaggio alla fine del mondo è arrivato nelle sale italiane a fine marzo grazie a Officine Ubu. Rappresenta quello che al cinema mancava da un po’ ovvero la spontaneità e sincerità del raccontare la vita. Arrivato ad Hollywood perché candidato come Miglior Film Straniero agli Oscar 2022, il film diretto da Pawo Choyning Dorji è il primo film bhutanese nella storia ad essere arrivato nella cinquina dei premi hollywoodiani.
La trama di Lunana
Ugyen è un giovane ragazzo bhutanese con il sogno di lasciare il suo paese per cercare fortuna altrove. Per il momento svolge la professione di maestro, ma non sente di avere la vocazione e soprattutto non vuole lavorare per il governo. Desidera seguire la propria passione per la musica, andare in Australia e diventare un cantante. Quando gli viene offerto di diventare il maestro dei bambini del villaggio di Lunana pensa inizialmente di rifiutare. Solo dopo le mille insistenze della nonna accetta di trasferirsi. I suoi dubbi derivano, oltre che da domande personali, anche dal fatto che Lunana è un luogo sperduto e isolato. Lì vivono poco meno di sessanta persone, non sanno cosa sia la tecnologia e per qualcuno abituato ad avere costantemente smartphone e ipod accesi non è il massimo. Ugyen, una volta arrivato, avrà difficoltà ad abituarsi allo stile di vita del villaggio, fin quando non capirà che i maggior insegnamenti li trarrà lui.
Nel paese più felice del mondo qualcuno non è felice
Il film parte da un paradosso. Il Bhutan è un paese di cui molti sicuramente ignorano la collocazione geografica. Incastonato tra le montagne dell’Himalaya, secondo studi e ricerche è risultato essere il paese più felice del mondo. Ciò è possibile grazie alla filosofia di vita seguita dagli abitanti derivata direttamente dal buddhismo. L’uomo è sì al centro della politica e degli interessi del re (perché sì, il Bhutan è una monarchia), ma al contempo anche la natura e la valorizzazione dell’ambiente lo sono. Questa attenzione alla flora e alla fauna permette all’uomo di vivere in armonia con l’ambiente. Inoltre, i bhutanesi non credono che la morte sia qualcosa di negativo. Credono che pensarci più volte al giorno permetta loro di godersi ogni attimo del presente. Solo negli ultimi decenni il paese ha subìto l’influenza dell’Occidente, ma tiene molto a preservare il suo spirito e le antiche tradizioni e stili di vita. Detto ciò, Ugyen quale motivo avrebbe di non essere felice? Il protagonista del film soffre di una sensazione comune ai giovani d’oggi: il disagio e l’inadeguatezza di sentirsi nel posto sbagliato. Svolge una professione per cui non si sente portato e non è felice come lo stereotipo del bhutanese impone. E qui sorge spontanea una domanda: cos’è la felicità? Dove va ricercata?
La purezza dello sguardo cinematografico
Il regista ha messo molto di sé nel film e molte delle sue esperienze personali. L’incredibile sincerità e spontaneità che traspare da Lunana-Il villaggio alla fine del mondo lo rende un film edificante, ancor di più perché nato e distribuito in un periodo molto difficile dell’umanità, la pandemia da Covid-19. Il desiderio di felicità e di una casa, come luogo in cui sentirsi bene con sé stessi, è condivisibile da ogni angolo del mondo. Risuona prepotente la sua universalità attraverso la purezza dello sguardo cinematografico dell’autore che, a sua volta, cattura quella dei bambini (veri abitanti del villaggio) senza nessun filtro. Così vivono e sono, così ci vengono restituiti dal cinema. L’innocenza e la dolcezza di Pem Zam così come quella di tutti gli altri bambini, è quanto di più vero il cinema possa donarci.
Un film che fa bene
Questo è un film che fa bene, semplicemente. Ugyen è un personaggio che rappresenta chi si sente sperduto, chi sogna di andare oltre i confini della vita impostagli dalla società. Lui trova la felicità a Lunana e, visti i pregiudizi che lo accompagnavano prima della partenza, sicuramente non l’avrebbe mai detto. A tal proposito, che sia di monito per tutti noi ciò che dice Silente in Harry Potter e il prigioniero di Azkaban: “La felicità la si può trovare anche negli attimi più tenebrosi, se solo uno si ricorda… di accendere la luce“. La felicità può nascondersi anche dietro l’angolo, come accaduto a Ugyen, a volte basta solo esplorare.