Che il mondo del cinema sia spietato questo è noto ma quando registi come Larry Cohen improvvisamente vengono, a mancare e a ricordarlo ci sono solo pochi articoli on line, un po’ dispiace. Larry Cohen, scomparso di recente, è stato uno dei maggiori esponenti del cosiddetto cinema americano di serie “B” o, più semplicemente “B-Movies“: il cinema dei mestieranti, quello senza grosse pretese, fatto con pochi mezzi economici ma con grande creatività. Frequentatore assiduo di sale cinematografiche e appassionato di cinema di genere sin dalla più tenera età, Larry Cohen comprende subito quale sarà il suo mestiere.
Inizia, giovanissimo, a scrivere sceneggiature per la televisione e debutta come regista cinematografico nel 1972 con Bone pellicola appartenente alla cosiddetta Blaxploitation. Si tratta di un filone cinematografico americano degli anni Settanta che vede protagonisti attori e registi afroamericani a cui il cinema statunitense in crisi (a causa dell’avvento della televisione) decide di rivolgersi. Dopo altri due film appartenenti allo stesso genere, Larry Cohen esplora l’horror per il quale in seguito sarà maggiormente ricordato. Nel 1974 scrive e dirige Baby Killer. Il film racconta la furia omicida di un bambino deforme, dall’aspetto raccapricciante, che sin dalla nascita inizia a mietere vittime innocenti. La critica del periodo definì la pellicola antiabortista. In realtà si sbagliava. L’intento di Cohen era quello di denunciare la superficialità delle industrie farmaceutiche, colpevoli di mettere in commercio farmaci non sufficientemente testati. Nel film, infatti, si lascia intendere che la malformazione del neonato sia legata ad un farmaco. Inoltre Baby killer, seppur con una certa ingenuità ed un orrore visivo artigianale, affronta il tema della diversità che è vista con timore e pregiudizio. Solo due genitori possono amare un neonato deforme, dotato di zanne e artigli.
Larry Cohen, affrontando con un b-movie tematiche così importanti, nobilita il cinema di genere, lo rinnova, lo trasforma, lo rende politicamente e ideologicamente impegnato. Al tempo stesso non rinuncia ad una certa leggerezza, ad un’ironia di fondo che caratterizza tutta la sua produzione. Con Il serpente alato (1982), una pellicola ibrida e atipica, Larry Cohen mescola horror e mitologia. Un gigantesco volatile dall’aspetto preistorico, dopo un rituale praticato da un fanatico della cultura azteca, semina il terrore tra i grattacieli di New York. Uccide chiunque incontri e costruisce un nido in un’ala del Chrysler building. Il film, a vederlo oggi, suscita quasi ilarità per la modestia degli effetti speciali, così poco convincenti, eppure Il serpente alato contiene un certo fascino: le invocazioni di divinità azteche, i riti antichi praticati in una Manhattan tipicamente anni Settanta, lo rendono un’opera davvero originale.
E’ con Stuff– Il gelato che uccide, del 1985, che Larry Cohen acquista notorietà. A metà tra il Cronenberg di qualche decennio fa, La cosa di Carpenter e i film di fantascienza degli anni Cinquanta, Stuff ha come protagonista un delizioso gelato la cui sostanza proviene dal sottosuolo, dalle viscere della Terra. E’ talmente buono che chiunque lo assaggi sembra non poterne fare più a meno. Peccato che il gelato sia in realtà una sorta di massa aliena informe che divora gli uomini dall’interno e s’impossessa dei loro corpi. La trama rimanda subito a pellicole come Blob il fluido che uccide o L’invasione degli ultracorpi in cui le storie degli extraterrestri che manipolavano gli uomini e cercavano di alternarne il comportamento, rappresentavano una metafora legata alla minaccia del comunismo. Larry Cohen invece, sempre attento al suo tempo, prende di mira il consumismo tipico degli anni Ottanta e la conseguente omologazione. Chi ha vissuto quegli anni ricorda bene il potere subdolo e manipolatorio della pubblicità. Ed il successo del gelato nel film è legato ad una campagna pubblicitaria estremamente convincente. Stuff è un film che contiene evidenti limiti di budget, eppure gli effetti speciali sono alquanto efficaci: le scene in cui la massa cremosa s’impadronisce di alcuni consumatori sono un vero spasso.
Questi sono solo alcuni dei film, i più celebri, che Larry Cohen ha scritto, diretto e spesso prodotto con la sua piccola casa di produzione: la Larco. Caparbiamente lontano da Hollywood, dagli attori celebri e dai grossi budget, Larry Cohen era assolutamente convinto che con pochi soldi si potessero fare film migliori e forse in un certo senso aveva ragione.
Nel 2017 celebri artisti come Martin Scorsese, John Landis e Joe Dante prendono parte ad un documentario: King Cohen: The wild world of filmmaker Larry Cohen, dimostrando così la stima e l’apprezzamento nei confronti di un autore che avrebbe dovuto avere maggiori riconoscimenti. Un autore un po’ bizzarro forse, ma che ha raccontato con lucidità, intelligenza ed ironia le magagne dell’America del secolo scorso.