Non sempre le guerre si combattono sui campi di battaglia. Ce ne sono alcune altrettanto spietate e crudeli che si consumano tra le mura domestiche. Come quella dei coniugi Roses che nella commedia nera La guerra dei Roses (The War of Roses, 1989), ci viene raccontata dall’avvocato divorzista Gavin D’Amato (Danny De Vito). Egli vuole dissuadere un suo cliente dall’idea di lasciare la consorte e così gli narra la sanguinosa guerra tra Oliver Rose (Michael Douglas) e sua moglie Barbara (Kathleen Turner).
Oliver studia legge all’Università di Harvard e sogna una sfavillante carriera d’avvocato. Conosce Barbara, giovane e affascinante ginnasta. S’innamorano perdutamente, mettono su famiglia e acquistano, grazie all’attività redditizia del marito, la casa dei loro sogni: una meravigliosa villa arredata con pazienza ed eleganza dalla coniuge Roses. Dopo anni di tranquilla vita coniugale, il matrimonio d’improvviso s’incrina. Barbara, madre amabile e casalinga perfetta, scopre di possedere doti manageriali che la rendono, per la prima volta, indipendente dal marito, del quale, sempre meno, tollera alcuni piccoli vizi. Quando a causa di un presunto infarto di Oliver, Barbara comprende che l’idea di diventare vedova non le sarebbe affatto dispiaciuta, decide di chiedere il divorzio. Entrambi si rivolgono agli avvocati, una riconciliazione pare impossibile, tantomeno un accordo. Tutti e due vogliono la casa e sono disposti a tutto pur di ottenerla. Una legge consente a Oliver e Barbara di vivere sotto lo stesso tetto. Iniziano i dispetti, le ripicche e i colpi bassi, fino ad una vera e propria guerra, inarrestabile, all’ultimo sangue, che terminerà nel più grottesco e tragico dei modi.
La guerra dei Roses è basato sull’omonimo libro di Warren Adler, autore anche del soggetto del film. Il titolo allude con una certa ironia alla sanguinosa Guerra delle due Rose. Danny De Vito, dopo aver esordito alla regia cinematografica nel 1987 con la commedia grottesca Getta la mamma dal treno (Throw Momma from the Train), due anni dopo si cimenta nuovamente nella veste di autore e firma questa riuscitissima black comedy che con sagace ironia affronta la spinosa questione del divorzio. Parlare di divorzio, di separazione in quel periodo era tutt’altro che semplice. Siamo negli anni Ottanta, gli anni degli yuppies e della loro smania di fama e di denaro. Gli anni di Ronald Reagan e della sua inarrestabile rivoluzione conservatrice attraverso la quale cerca di riproporre (dopo il fenomeno hippy e la conseguente rivolta al conformismo) l’idea tradizionale di “famiglia perfetta” del tutto fasulla e per niente reale.
Oliver e Barbara rappresentano i perfetti wasp che ambiscono a una vita di successo e ricchezza. La loro determinazione li conduce a scalare ogni gradino della società fino a raggiungerne la vetta più alta per poi però precipitare vertiginosamente. E quando il sogno di Oliver e Barbara si sgretola, la casa dei loro sogni, il simbolo della loro scalata sociale, diventa il più sanguinario dei campi di battaglia. La guerra dei Roses si fa beffa del conservatorismo reaganiano: la famiglia ideale non solo non esiste ma dietro le mura domestiche si nascondono drammi e profonde lacerazioni.
Un altro film, qualche anno prima, aveva affrontato con coraggio il tema del divorzio: Kramer contro Kramer, melodramma intenso (a tratti un po’ stucchevole), con Meryl Streep e Dustin Hoffman nei panni di una coppia in crisi che tra litigi e profonde incomprensioni, affrontava il duro percorso legale della separazione. Niente a che fare però con La guerra dei Roses che invece è una commedia crudele, cattivissima, sulle sorti di un matrimonio destinato lentamente a diventare un vero e proprio inferno. Eppure si ride davanti al dramma a cui stiamo assistendo, fino alla fine, fino a quando, dopo un crescendo di violenza verbale e fisica tra Oliver e Barbara, si giunge all’inevitabile drammatico finale.
Quando Michael Douglas e Kathleen Turner si trovano sul set del film si conoscono già. Avevano, infatti, lavorato insieme nel celebre film d’avventura All’inseguimento della pietra verde (Romancing the Stone, 1984) firmato Robert Zemeckis e nel suo seguito Il gioiello del Nilo (The Jewel of the Nile, 1985). Le due icone hollywoodiane avevano dimostrato di essere un’ottima coppia cinematografica. Anche nella commedia La guerra dei Roses sia Douglas che la Turner sono pressoché perfetti. Grazie alle loro performance, ottengono entrambi una nomination ai golden globe per la loro interpretazione. Danny De Vito, oltre ad essere un celebre caratterista, dimostra con La guerra dei Roses di essere anche un buon regista. Dirigere una commedia, per lo più nera, tragicomica, non è cosa semplice. Danny De Vito non delude e dimostra di essere molto abile nella regia soprattutto nella seconda parte del film quando l’odio tra i coniugi Roses è ormai dichiarato e si assiste ad un crescendo infernale di litigi e contese che conducono il film in una dimensione sempre più surreale e grottesca. Fortunatamente, al termine del film, il racconto della guerra dei coniugi Roses sembra non essere stato vano. Gavin D’Amato, infatti, convince il suo cliente a tornare da sua moglie poiché come egli stesso afferma, in una delle battute più esilaranti del film: “Un civile divorzio è una contraddizione in termini”.
Voto Autore: [usr 4,0]