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Free State of Jones

In Italia l’abbiamo chiamata Guerra di Secessione. Eppure, gli Stati Uniti questo nome non l’hanno mai capito. Per loro, il conflitto spaventoso che per cinque anni ha divorato il continente è stato, e sempre sarà, la Guerra Civile Americana. Nord contro Sud. Presunta libertà contro lo Schiavismo. Ma la Storia non è un moto unitario. Spesso non è altro che l’incubatrice di tante altre piccole storie. Una di queste è quella di Newton Knight, il protagonista di Free State of Jones.

La pellicola di Gary Ross getta luce su di uno dei momenti più cupi che gli Stati Uniti abbiano mai affrontato. Un mondo ormai dimenticato, talmente astratto da sembrarci oggi totalmente impossibile.

Newton Knight è un infermiere. O meglio, è anche un infermiere, perché cosa sia realmente non lo capisce nessuno. Lo vediamo correre per i campi di battaglia durante l’inizio della guerra. Soccorre i feriti e lavora duro. Ma i suoi occhi vedono tutto e lo conservano. Pian piano, strage dopo strage, l’orrore prende il posto della coscienza.

Quando al fronte giunge il suo nipotino, arruolato a forza ed impaurito come solo un ragazzino può essere, Newton capisce che questa guerra non è più la sua. Il governo requisisce ogni cosa. Grano, bestiame, persino gli attrezzi. Per nutrire le truppe, si affamano i cittadini. Gli Stati Uniti, cent’anni prima, sono nati da una rivoluzione. E ora, cent’anni dopo, sotto il peso opprimente della guerra civile, quella rivoluzione sembra soltanto un amaro ricordo.

Newton fugge. Diserta. Ma la sua casa non è più sicura. La moglie, ormai distrutta dalla sofferenza, sceglie di non seguirlo. Knight è solo, cerca riparo, e lo trova. Ad accoglierlo c’è un gruppo di uomini di colore, che vivono nella palude nascosta nel ventre della Contea di Jones. Sono schiavi fuggiti. Ogni giorno rappresenta una sfida. Ogni notte simboleggia un trionfo.

Ma Knight non è tipo da accettare i compromessi. Della pura sopravvivenza non sa che farsene. C’è una sola cosa che conosce, e che è disposto a perseguire fino alla morte: la lotta. Ma non quella sterile e senza causa. Quello che Newton insegue, anticipando la storia di parecchi decenni, è la lotta per la libertà.

Free State of Jones è un film estremamente accurato. Va sottolineato, questo dettaglio, e posto al vertice di ogni considerazione. La trama scorre senza colpi di scena o slanci di epicità. Quello che Gary Ross ha voluto mostrare è un percorso univoco, sotto certi aspetti persino statico. 

A dispetto dei pesantissimi temi trattati, come la libertà, la concezione di Stato e persino l’uguaglianza razziale, Free State of Jones non si abbandona mai alla retorica. Non assisteremo mai a momenti imbevuti di fascino romantico né a scene che con la realtà c’entrano poco. Tutto sarà lineare ed assolutamente credibile. Il prezzo di questa saggia scelta sarà un ritmo leggermente rallentato. Ma in fin dei conti, nulla di insopportabile.

A colpire immediatamente sarà la rappresentazione feroce del conflitto. Il peso della guerra ricadrà sulle nostre spalle sin dal primo istante e non troveremo nessun elemento familiare a cui aggrapparci. Gli stessi uomini che vedremo a schermo saranno consunti, smagriti, con lo sguardo affilato e i volti scavati dalla fame. La pellicola non si fa scrupoli. Se pensate che le battaglie siano scene cruente, aspettate di vedere dei bambini mentre imbracciano un fucile, ed imparano a sparare. Ed immaginate che tutto quello che state osservando rispecchia fedelmente una realtà che nessuno dovrebbe mai dimenticare.

Trascurabili, invece, le scene ambientate ottantacinque anni dopo. La vicenda del processo svolto al bis-bis nipote del protagonista viene raccontata in maniera troppo frammentaria per risultare interessante. Le sequenze, riproposte con una cadenza forse mal calcolata, saranno comunque brevi, e mai troppo invasive.

Sul fronte attoriale, ribadiamo l’ovvio. Matthew McConaughey ruba la scena a tutti gli altri. Il suo Newton Knight è un campionario di espressioni credibili. Umanità, freddezza e sofferenza. C’è tutto, ma proprio tutto. E, detto francamente, non servirebbe altro. Di buon livello anche i comprimari. È un peccato, in tal senso, che la presenza di Keri Russell sia stata molto, forse troppo, sbrigativa. Il suo volto arcigno e severo rappresenta una delle migliori trasposizioni della pellicola. Eppure, tranne in qualche caso, avrete modo di ammirarlo solo per una manciata di fotogrammi.

Anche gli antagonisti giacciono in chiaroscuro. Ma in questo caso, considerando quanto detto all’inizio, la scelta non poteva essere diversa. Non c’è nulla di artificioso in Free State of Jones. I cattivi non sono sfaccettati, non sono simpatici e non sono nemmeno interessanti. Sono soltanto cattivi.

Bellissime le ambientazioni. Dalle fattorie spartane sepolte nel Mississippi, alle linee affollate ed insanguinate del fronte, fino all’umidità accecante delle paludi. Degli Stati Uniti che tutti, bene o male, abbiamo imparato a conoscere, non troveremo nessuna traccia. Colpiscono anche le scene tratte dalla vita quotidiana che, fuse in maniera perfetta con la scenografia, aggiungono ulteriore immersività al lavoro di Gary Ross.

Le musiche, complice anche l’assenza di momenti davvero drammatici, risultano un po’ sottotono. Come se temessero di prendere il posto dei fatti narrati. La scelta, ora della fine, non disturba affatto, configurandosi come l’ennesima prova di buona fede della pellicola.

Free State of Jones è un’opera sicura di sé. Tante volte abbiamo criticato i blockbuster americani infestati dal germe della retorica. Stavolta invece non possiamo davvero lamentarci. La creazione di uno stato libero, indipendente dai due colossi che combattono per i propri interessi, infarcito di abitanti neri e bianchi in un mondo ancora profondamente razzista, poteva rappresentare una base solidissima per una storia melensa e strappalacrime.

Quello che esce fuori è invece un prodotto onesto, scavato come i volti dei suoi protagonisti, inflessibile come la guerra che senza freni devasta ogni cosa. E in fondo, anche semplice. Come una bambina che a nove anni ha già imparato a sparare.

Voto Autore: [usr 3,5]

Diego Scordino
Diego Scordino
Amante di tutto ciò che abbia una storia, leggo, guardo e ascolto cercando sempre qualcosa che mi ispiri. Adoro Lovecraft e Zafòn, ho passato notti insonni dietro Fringe e non riesco a smettere di guardare Matrix e Il Padrino. Non importa il genere, mi basta sentire i brividi.

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