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Dying for sex – La serie Disney+ tratta da una storia vera

La serie è tratta dall'omonimo podcast creato da Molly Kochan e Nikki Boyer.

Cosa faresti se sapessi di avere poco tempo da vivere? È da questa domanda che parte Dying for Sex, la nuova serie disponibile su Disney+ che, in otto episodi da circa 30 minuti ciascuno, racconta la storia vera – e sorprendentemente ironica – di una donna che decide di affrontare la morte abbracciando fino in fondo la vita. Interpretata da una magistrale Michelle Williams (The Fabelmans), la serie è tratta dall’omonimo podcast di successo creato da Molly Kochan e Nikki Boyer e riesce a coniugare delicatezza e provocazione, dolore e leggerezza, erotismo e introspezione. Un viaggio nell’intimità femminile, nell’amicizia e nella libertà.

Dying for sex – La trama

Molly (Michelle Williams) è una donna che ha già affrontato una battaglia contro il cancro. Ma quando scopre che la malattia è tornata – e stavolta in forma terminale – qualcosa in lei si spezza, o forse, si risveglia. Decisa a non trascorrere il tempo che le rimane in un matrimonio infelice con Steve (Jay Duplass), un uomo che ormai la vede solo come paziente e non come persona, Molly fa una scelta radicale: lascia il marito e intraprende un percorso di riscoperta di sé, del proprio corpo e del proprio desiderio. A guidarla in questa esplorazione c’è Nikki (Jenny Slate), la sua migliore amica da sempre, attrice irriverente e caotica, l’opposto perfetto e complementare di Molly.

Lontana da ogni pietismo o stereotipo legato alla malattia, la serie si concentra su ciò che viene dopo la diagnosi: la libertà di scegliere, la voglia di sentire, la fame di esperienze. Molly, attraverso incontri sessuali audaci e non convenzionali, si riappropria della propria pelle, anche se questa è segnata dalla sofferenza. Dying for Sex è dunque una serie sul cancro solo in apparenza. In realtà è una celebrazione della vita, della scoperta, della vulnerabilità. E, soprattutto, dell’amicizia.

Dying for sex – La recensione

Ciò che colpisce di Dying for Sex è la sua capacità di tenere in equilibrio toni molto diversi tra loro: il dramma della malattia, la ricerca identitaria, la comicità tagliente, l’erotismo come strumento di emancipazione. La regia non ha paura di mostrare le contraddizioni della protagonista, i suoi slanci e le sue fragilità, e lo fa attraverso una narrazione che alterna scene ironiche e spiazzanti a momenti di profonda intimità emotiva.

Il corpo di Molly diventa il luogo dove tutto si svolge: la malattia lo consuma, ma lei lo riempie di sensazioni, di gesti, di piacere. I giochi di ruolo, le esperienze BDSM, gli appuntamenti con sconosciuti non sono mai messi in scena in modo gratuito o scandalistico: sono strumenti con cui Molly cerca di ascoltarsi, di vedere fino a che punto può ancora sentire. In un mondo che spesso riduce le persone malate a corpi da accudire o da compatire, Molly sceglie invece di essere padrona della propria narrazione.

Un aspetto interessante della serie è anche la sua forma: otto episodi brevi, dinamici, ricchi di ritmo. Una scelta stilistica che rompe la consuetudine delle serie drammatiche sulla malattia, spesso lente e compassate, e che permette invece a Dying for Sex di assumere i tratti di un racconto libero, vitale, a tratti scanzonato.

Dying for sex

Dying for sex – Il cast

Michelle Williams è impeccabile. La sua Molly è un personaggio complesso, a tratti contraddittorio, profondamente umano. La vediamo mentire, sbagliare, emozionarsi, provare vergogna e desiderio, rabbia e tenerezza. La sua recitazione è fatta di sfumature, silenzi, sguardi. Molti dei momenti più toccanti sono affidati al suo monologo interiore, che spesso contrasta con le parole che rivolge agli altri personaggi. Lo spettatore finisce per conoscere Molly in modo profondo, come se potesse accedere al suo diario segreto.

Accanto a lei, Jenny Slate regala un’interpretazione brillante nel ruolo di Nikki, la migliore amica che tutti vorremmo: presente, imperfetta, generosa, senza filtri. Nikki non è solo una spalla comica, ma una figura fondamentale del racconto: è lei che accompagna Molly nei momenti più duri, che la sprona a non cedere, che condivide ogni passo di quel viaggio impossibile.

Il cast di supporto è altrettanto ben costruito: dalla madre (Sissy Spacek) con cui Molly ha un rapporto complesso, fino a Steve, il marito (Jay Duplass), uomo incapace di vedere la moglie oltre la malattia. E poi ci sono tutti quegli uomini con cui Molly vive le sue avventure: non sono personaggi a tutto tondo, ma nemmeno semplici macchiette. Ognuno rappresenta una possibilità, un angolo di mondo da esplorare, un frammento di sé da riconquistare.

Ode all’amicizia femminile

Oltre a essere un inno alla vita, Dying for Sex è un’ode all’amicizia femminile. Il legame tra Molly e Nikki è il cuore pulsante della serie, e spesso risulta più potente e autentico di qualsiasi relazione romantica o familiare. Le due si conoscono nel profondo, sanno leggere i silenzi, rispettano le reciproche differenze. Nikki mette da parte la propria carriera per accompagnare Molly nei suoi ultimi mesi, sapendo che il tempo insieme è il dono più prezioso. E Molly, a sua volta, riconosce in Nikki l’unica persona con cui vorrebbe davvero condividere il momento finale.

La loro amicizia è commovente perché è reale: fatta di battute, di momenti assurdi, di risate in sala d’attesa, di lacrime trattenute e poi liberate. È l’amicizia che non chiede spiegazioni, che non ha bisogno di parole giuste, che resta anche quando tutto il resto crolla. Il loro sogno di invecchiare insieme, di raccontarsi la vita ogni giorno davanti a un caffè, resta sospeso nel tempo, ma non per questo meno autentico.

Conclusioni

Dying for Sex è una serie coraggiosa, originale, a tratti scomoda. Riesce a parlare di sesso e di morte con la stessa onestà, senza mai cadere nel patetico né nel voyeuristico. Offre una nuova prospettiva sul tema della malattia, mettendo al centro una protagonista sfaccettata, libera, imperfetta. È un racconto di autodeterminazione, di amore, di perdita, ma anche di risate, di corpi, di amicizia. E soprattutto, è una storia che vale la pena ascoltare, guardare, ricordare.

PANORAMICA RECENSIONE

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Dying for sex riesce a coniugare delicatezza e provocazione, ma anche dolore e leggerezza; parla di sesso e morte senza cadere nel patetico o nel voyeuristico, offrendo una nuova prospettiva sul tema della malattia, grazie anche alla protagonista sfaccettata, libera e imperfetta.
Laura Andriuzzi
Laura Andriuzzi
Sono una fan del cinema e della scrittura, amante di maratone cinematografiche e scontri critici sulla trama. Dalle commedie francesi ai crime procedural, mi piace tutto ciò che richiede cervello, ironia e una spruzzata di mistero. E se non sto guardando qualcosa? Probabilmente sto tentando di scriverlo!

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