Eden di Ron Howard è un film ambizioso che vuole tratteggiare la natura più profonda e ancestrale dell’essere umano, a costo anche di dipingerlo come grottesco, infimo e vigliacco. Il film, nella sua messinscena formale è impeccabile, tradisce invece in alcuni punti uno sforzo di credibilità eccessivo nell’aderire completamente ai risvolti di trama. Sicuramente è un film intrigante, pieno di sequenze memorabili e interrogativi più che mai attuali.
Attraverso un viaggio privato in un luogo pieno di insidie e asperità, un’isola semideserta a largo delle isole Galàpagos, un gruppo di persone – spinte da propositi e ideali differenti – si scontrano in cerca di sopravvivenza e di condizioni di vita migliori. C’è tanto spazio per una riflessione critica sulla società, sulla famiglia come luogo primario di socializzazione e sul tema del predominio dell’uomo sulla natura.
Eden è tratto da storia realmente accaduta nei primi anni Trenta del secolo scorso , Ron Howard infatti è incappato nel “mistero di Floreana”, storia dai risvolti raccapriccianti giunta fino a noi grazie a sopravvissuti, libri, reportage e documentari. Esplorarla è stato come affrontare una leggenda a metà tra realtà e finzione, terreno fertile su cui far coincidere una parabola oscura della storia umana.
Eden rientra in quel filone di cinema antropologico, già battuto dai vari Terrence Malick e Peter Weir, ma anche un’analisi approfondita della civiltà in decadenza di stampo novecentesco. Il cast, composto da Jude Law, Sydney Sweeney, Ana de Armas, Vanessa Kirby, Daniel Brühl, è uno dei punti di forza dell’intera pellicola.
Eden – La trama
Tra le due guerre mondiali, il filosofo tedesco Friedrich Ritter (Jude Law) diventa una celebrità per aver abbandonato la civiltà ed essersi trasferito sull’isola di Floreana, nelle remote Galapagos, insieme alla sua discepola e amante Dore Strauch (Vanessa Kirby). Ispirato dalla coppia, Heinz Wittmer (Daniel Brühl), vedovo e veterano di guerra, raggiunge anch’egli Floreana per ricominciare da capo insieme alla sua giovane nuova moglie Margret (Sydney Sweeney) e al figlio malaticcio Harry.
A differenza di Ritter e Dore, i Wittmer non sono avventurieri esperti e non hanno nessuna esperienza al di fuori della civiltà. Infine arriva Eloise Wagner de Bousquet (Ana de Armas), una misteriosa e audace ereditiera, nota come la Baronessa. Accompagnata da un piccolo seguito di uomini che oscillano tra il ruolo di amanti e di servitori, la Baronessa sogna di costruire un resort di lusso per un’élite esclusiva e, come Ritter, vuole l’isola tutta per sé.
Ecco dunque i rapporti di forza che si instaurano tra gli abitanti dell’isola: da una parte, Ritter e Dore spinti da una forte ideologica etica e morale, in cui il dottore insegue una direzione nietzschiana per realizzare un saggio filosofico e rivoluzionario dove indicare una nuova via all’uomo moderno perduto e preda dei totalitarismi.
Dall’altra, una famiglia perbenista, semplice, in cui vengono premiati gli sforzi del duro lavoro e dell’armonia con la natura. Tant’è vero che saranno loro gli unici a saper convivere con le condizioni estreme dell’isola.
Infine, il calcolo, l’astuzia, il delirio di onnipotenza della Baronessa che spinge costantemente gli uni contro gli altri per trarne beneficio. L’egoismo capitalista e la manipolazione dei moderni medium di massa espressi all’ennesima potenza.
Eden – La recensione
Eden procede per la prima parte con un ritmo spedito, ogni personaggio è descritto con lucidità. Gli obiettivi di ognuno sono chiari e anche i rispettivi coni d’ombra. Ogni nucleo sociale sembra rappresentare un modello politico distinto: c’è l’anarchia e autosufficienza della coppia Ritter/Dora, desiderosi di vivere con le proprie regole perché convinti che tutti gli altri siano inferiori.
C’è la democrazia famigliare dei Wittmer, in cui però ci rendiamo conto che a farla da padrone c’è Margret, l’unica ad usare l’astuzia per ottenere le migliori condizioni per la sua famiglia. Nel personaggio di Margret convogliano tutta una serie di azioni subdole e indirette figlie di un’intelligenza che sceglie di mostrarsi vulnerabile e ingenua, ma che in fondo determina il successo per il suo nucleo famigliare.
E poi la Baronessa, despota tutta al femminile, megalomane e sfruttatrice. Si ripete spesso: “io sono l’incarnazione della perfezione”. Una vamp manipolatrice priva di qualsiasi morale.
Da questo punto di vista, Eden tratteggia dei personaggi tridimensionali e ben delineati, che descrivono con lucidità le diverse moralità in gioco confliggenti tra loro. Tra tutti, la parabola discendente di Ritter è molto interessante: da filosofo idealista a figura penosa e patetica, è l’uomo che tradisce sé stesso, è un rigetto totale delle regole a cui aveva obbedito fino a quel momento.
Ron Howard sceglie la famiglia
Ron Howard ovviamente fa la sua scelta: e si pone dalla parte della famiglia per bene che decide per sopravvivenza di tirare fuori gli artigli. È una scelta di campo che tradisce una morale positiva: solo dove c’è solidarietà, affetto, vicinanza, amore, è possibile uscire indenni dai mali della società moderna. Un po’ tutto il cinema di Howard si affida a questa soluzione umana, da Rush, Apollo 13, Tredici Vite.
È vero si schiera dalla parte della famiglia, dei Wittmer. Tuttavia non rinuncia a mostrarne anche le debolezze, i sotterfugi calcolatori, e anche la violenza quando necessaria per rimanere in vita e custodire il proprio orticello cresciuto con cura. In questo senso, Floreana è un microcosmo dove convivono sfide complicate, violenze, sopraffazioni continue e pericoli. E, dunque, è necessario proteggersi con ogni mezzo possibile.
Non si può fuggire dai totalitarismi come qualcosa di lontano, un corpo estraneo d’oltreoceano. A cosa serve fuggire se poi anche in un’isola sperduta l’essere umano rivela ugualmente la sua natura prepotente, dispotica e feroce? Questo è l’interrogativo più stimolante che la visione di Eden suggerisce, meritandone la visione e anche una riflessione critica.