È un dato di fatto che la narrazione di Allied – Un’ombra nascosta di Robert Kemeckis rispetti lo stile classico hollywoodiano, lineare e senza sbavature ma con alcune ellissi temporali che scandiscono il passare del tempo. In cui ogni inquadratura e ogni oggetto mostrato, non sono lasciati al caso. La suspance dilatata e l’importanza degli sguardi, furtivi, cercano di indagare attraverso specchi e si nascondono dietro le tendine delle finestre hitchcockiane. Le ombre subentrano in Allied come un impostore che tenta di sabotare il piano dei protagonisti.
Ogni azione viene mossa per compiacere uno sguardo, analizzata con la lente d’ingrandimento degli anni della seconda guerra mondiale: in cui diffidenze e intolleranza regnano sovrane. In contrapposizione a questo classicismo narrativo e visivo vi è l’utilizzo del multigenere. Perché Allied sfrutta a suo favore ogni genere cinematografico, seppur poco compatibile l’un l’altro, per completare una storia che stupisca e soddisfi un po’ tutti i palati. Dalla spy story della parte iniziale, al noir, fino al romantico, passando per il dramma familiare e ritornando ancora una volta alla spy story/thriller, generando una ciclicità degli eventi.
Nel corso della seconda guerra mondiale le spie Max Vatan (Brad Pitt) e Marianne Beausejour (Marion Cottilard) si incontrano per la prima volta a Casablanca dove, fingendosi marito e moglie, assassineranno l’ambasciatore locale. Sopravvissuti ad un massacro quasi certo, i due, ormai diventati amanti per davvero, si trasferiscono a Londra e convolano a nozze.
Max e Marianne, dannatamente belli, vengono ritratti come una coppia sovrumana, resi forti dalla loro complicità. In uno dei loro primi dialoghi, Marianne confessa a Max “i sentimenti che provo sono reali, è per questo che funziono”, prendendo le distanza dalla natura umana e paragonandosi ad una macchina emotiva ben oliata. Riescono a uscire illesi da una prima missione in cui avevano solo il 40% di possibilità. Fanno l’amore per la prima volta in una macchina nel mezzo di una tempesta di sabbia. E danno alla luce la loro figlia a cielo aperto durante un bombardamento nemico.
Eppure, nonostante le sfaldature, i personaggi si ricompongono più uniti e forti di prima. L’idea di immortalità viene rinnegata nel momento in cui il sospetto di tradimento pervade nella mente di Max. La coppia si indebolisce e i componenti ritornano ad essere umani, mangiati dal dubbio e privati della fiducia coniugale.
L’alleata di Max, vista con occhi diversi, rimanda alla figura della famme fatale: che strega il protagonista maschile rendendolo incapace di prendere decisioni. Max infatti vive un tormento costante, indaga silenziosamente e utilizza qualsiasi espediente per vederci chiaro.
Lo specchio che, per la prima volta a Casablanca, mostrava a Max il corpo seminudo della donna sconosciuta, ora riporta al suo sguardo le movenze furtive dell’amante, ambigue ma non del tutto rivelatrici. Zemeckins infatti si diverte a tirare la corda, lasciando in sospeso lo spettatore fino alla fine della pellicola. Le supposizioni, la presunta colpevolezza di Marianne fanno a pugni con alcune scene che suggeriscono l’innocenza della protagonista.
Nel frattempo l’amore decade, i corpi non si cercano e gli sguardi, se ci sono, accusano. A prendere importanza adesso non è più la parola o la vista, ma la scrittura. Dal messaggio in codice lasciato volutamente da Max sul comodino, alla lettera che Marianne scrive per sua figlia. La scrittura diventa un’arma a doppio taglio. Per lui la prova inconfutabile della presunta colpevolezza della donna, per lei una dimostrazione d’amore reale ma forse non del tutto pulita.
Il finale drammatico si rifà all’idea di tragedia shakespeariana in cui il vero capolavoro è l’uomo. Allied vive sì di ambientazioni panoramiche, di luci tenui e di vestiti ricercati, ma si sviluppa grazie all’attrattività dei personaggi che, una volta arrivati alla conclusione, si rivelano il vero fulcro narrativo.
Nonostante ci sia un taglio netto, la fine della narrazione non è percepita come una soluzione brusca. Più che altro riesce a lasciare uno spiraglio aperto, un’ultima speranza riversata nell’erede.
Voto Autore: [usr 4,0]