È notte fonda. Una ragazza giace a terra a faccia in giù tra i fili d’erba sul prato fuori casa. Si rialza, è confusa, entra in casa, va in bagno, si guarda allo specchio, ha dei lividi sul braccio. Cosa è successo? Non lo sappiamo e non lo sa neanche lei. Le primissime immagini del film ci offrono un inizio provocatorio già promettente e ci immergono in una storia alquanto affascinante. Share è il film d’esordio di Pippa Bianco, giovane regista tra le più promettenti nel panorama mondiale, che ha anche diretto uno degli episodi dell’acclamata serie “Euphoria“. Basato sull’omonimo cortometraggio della regista premiato nel 2015 al Festival di Cannes e presentato con successo al Sundance Film Festival, il film è arrivato in Italia in prima visione su Sky Cinema Uno.
Al centro di Share c’è Mandy, una studentessa di 16 anni, interpretata da un’ipnotica Rhianne Barreto al suo primo lungometraggio che riesce a trasmettere pienamente la forza, la confusione e la fragilità emotiva del personaggio. Si risveglia nel prato e non ha la più pallida idea di cosa sia successo la notte precedente. Ricorda di essere andata con le amiche ad una festa, ma gran parte della serata è confusa, annebbiata.
Sicuramente è successo qualcosa di terribile visto che si ritrova lividi sul corpo e qualche giorno dopo le arriva sul cellulare un video scioccante che la vede protagonista in atteggiamenti intimi con dei ragazzi. 20 secondi di video dove Mandy è di nuovo sdraiata a faccia in giù, questa volta sul cemento freddo del seminterrato di qualcuno. È chiaramente incosciente. Un gruppo di ragazzi, di cui non si vede il volto, si raduna attorno al suo corpo, mentre un ragazzo le tira giù i pantaloni.
Ed è qui che il video finisce. Qualunque cosa sia successa dopo è un mistero per lei e per noi. La vita può cambiare online in un istante. Quel filmato diventa ben presto virale tanto da arrivare ai suoi genitori che, scoprendolo, la portano a denunciare l’accaduto alla polizia.
La domanda che perseguita tutto il film è “Cosa è successo alla giovane protagonista quella notte?”. Mandy ha un grande coraggio ad affrontare la situazione. Lei vuole solo conoscere la verità e il non sapere la divora. Ogni volta che si guarda allo specchio, i suoi occhi scrutano il suo viso mentre si chiede se è stata violentata o meno. La sua mancanza di chiarezza è straziante e viene ribaltata anche a noi fuori dallo schermo.
La cosa più sorprendente è che il mondo intorno a lei sembra sia consapevole della sua situazione, ma allo stesso tempo anche completamente ignaro. È come se il mondo intero stesse guardando, ma da lontano, superficialmente, ad una distanza di sicurezza. Per tutto il film c’è una strana atmosfera. Viene cacciata dalla squadra di basket, si ritrova bersaglio di risate che riecheggiano nei corridoi, ricevendo anche messaggi offensivi sul cellulare.
La protagonista non fa mai quello che potresti aspettarti, ma nemmeno il film si muove come potresti prevedere. Share è pieno di primi piani e messe a fuoco nitide, quasi sempre centrati sul viso di Mandy. In tutte le conversazioni con la polizia, il preside, il terapista, non vediamo mai i professionisti in dettaglio. Stiamo sempre sbirciando da sopra le loro spalle per avere una visione migliore e totale di tutte le reazioni della protagonista È come se guardassimo tutto il cast degli adulti attraverso lastre di vetro, corridoi.
Siamo lontani da loro come Mandy sembra sentirsi lontana da tutti nella sua vita, forse perché nessuno riesce a comprendere appieno l’orrore che sta affrontando. La regista sembra voglia che sia ben chiaro che non ci sono altre visioni in questa storia, solo la prospettiva di Mandy.
Share è dramma intimo, un film intelligente e perspicace che si confronta con argomenti moderni e ansie culturali. In particolare per quanto riguarda il modo in cui la tecnologia può aggravare le difficoltà profonde degli adolescenti in un mondo sempre online.
Eppure, il film resiste alla prevedibilità nel modo in cui presenta e descrive l’atto e le conseguenze dell’aggressione sessuale. Non condanna la moralità della tecnologia o il comportamento adolescenziale contemporaneo, né si concentra sulla vendetta, sulla rettifica dei torti o sulla punizione di un colpevole. Invece mette da parte le giuste e astratte nozioni di giustizia per seguire la vita di Mandy dopo quell’accaduto.
Ciò che di più emerge è un ritratto grintoso e penetrante di una giovane ragazza che cerca di fare la scelta migliore per se stessa in una società che insiste sul fatto che esista un modo “giusto” per rispondere a questo tipo di esperienza. E la scena finale, sebbene sia sicuramente controversa, rappresenta una testimonianza della grandezza del film. Gli ultimi minuti di Share, infatti, sono silenziosamente devastanti, ma mettono a segno l’intera opera, ed è tutto ciò che si chiede veramente da questo tipo di film provocatorio.