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Sette minuti dopo la mezzanotte

Sette minuti dopo la mezzanotte è un film fantasy drammatico potente e commovente diretto dal regista spagnolo Juan Antonio Bayona, noto soprattutto per “The Orphanage” (2007), horror vincitore di sei premi Goya su quattordici candidature. Questa volta Bayona ci sorprende con un eccellente e impressionante adattamento cinematografico del romanzo per giovani adulti di Patrick Ness, che ha curato anche la sceneggiatura. Il film racconta la storia di Conor, un ragazzo di 12 anni del nord Inghilterra troppo vecchio per essere un bambino e troppo giovane per essere un uomo che cerca di venire a patti con il fatto che la madre sta morendo.

Sette minuti dopo la mezzanotte

Conor si trova in un momento veramente difficile della sua vita: la madre sta morendo di cancro terminale, a scuola è vittima di bullismo e ha una pessima relazione con la nonna e il padre. Una tristezza penetrante attraversa tutto il film. Un’autenticità emotiva, un dolore palpabile in una straordinaria performance del giovane attore scozzese Lewis MacDougall nei panni del protagonista che affronta un ruolo complesso e conflittuale con una fiducia ben oltre i suoi anni. Questo non è solo un film sul dolore, ma un film che ti immerge veramente nel viaggio del dolore. In un pianto più convenzionale in stile Disney, i cineasti avrebbero fatto di tutto per consolare il pubblico, ma questo film prende la virata inversa. Il primo momento in cui Conor sperimenta qualcosa di simile al piacere è quando sua madre prepara un vecchio proiettore cinematografico e proietta King Kong. Conor si rallegra del modo in cui la scimmia gigante distrugge i suoi avversari facendoli in milioni di pezzi. Forse proprio quello che Conor vorrebbe fare con sua nonna, i suoi insegnanti e i suoi compagni di scuola. Tutto cambia quando il ragazzo, sette minuti dopo la mezzanotte, inizia a ricevere la visita di un Mostro, un antico spirito pagano che ha tre storie da svelare, raccontate attraverso un’incantevole animazione ispirata all’acquerello, in cambio di una quarta storia di Conor. Infatti, alla fine del ciclo di fiabe, toccherà a lui raccontare la sua “verità”. Questi intermezzi animati e acquerellati, che ricordano quasi gli schizzi di Conor sul suo taccuino, sembrano rappresentare le paure oscure e incomprensibili di un bambino perduto. Le storie raccontate dal Mostro sono sconcertanti, illustrano l’ambiguità della natura umana: bene e male, rabbia e gentilezza, paura e brutalità. Mostrano anche la follia di credere in una magica consolazione del “…e vissero per sempre felici e contenti”. Nei suoi racconti non esiste un eroe evidente e tutti i personaggi non sono come sembrano. Le matrigne cattive non sono così brutte come sembrano. Le figlie degli agricoltori muoiono senza motivo, i bei principi si comportano in modo furtivo o perfido codardo, e i maghi non forniscono cure magiche.

Sette minuti dopo la mezzanotte

Il regista utilizza convenzioni sul genere dei film horror. Vediamo Conor da solo nella sua stanza quando i mobili iniziano a scricchiolare, le matite rotolano da sole e si sente un forte respiro sulla colonna sonora. È qui che il Mostro (interpretato da uno gelido e irriconoscibile Liam Neeson) offre la sua prima apparizione. È un gigantesco albero di tasso proveniente da un cimitero di chiesa che sembra avere la lava scorrere attraverso i suoi rami e le sue radici. Ogni volta che il Mostro si muove, lascia dietro di sé la distruzione. “Sono venuto a prenderti” ringhia a Conor, come se volesse ucciderlo. Tuttavia, il Mostro non è nemico, ma alleato di Conor. Ha solo storie da raccontargli, piccole e brutali favole che lo aiuteranno a far fronte alla verità più grande che semplicemente non può affrontare, vale a dire che non è in grado di proteggere e salvare sua madre. Il film è visto quasi interamente dalla prospettiva di Conor, che è un ragazzo sensibile, attento, ma molto petulante, ribollente di risentimento e sconcertato dall’ingiustizia della malattia di sua madre. Bayona lo lancia in continui primi piani con la sua faccia tristi, i suoi occhi grandi ed espressivi, che fissano verso l’esterno un mondo di cui non si fida. Il dodicenne Conor è convinto che la creatura alta 12 metri sia reale, soprattutto perché è stato lui a evocarla per sfuggire alla solitudine della sua giovane esistenza. Ma in realtà, dato che il Mostro apparentemente emerge dalla fantasia di Conor, si potrebbe benissimo pensare che incarni tutto il suo dolore e la sua rabbia repressa.

Sette minuti dopo la mezzanotte

Sette minuti dopo la mezzanotte non è solo un film, ma un’esperienza emozionante e visivamente sbalorditiva, un’esplorazione inaspettatamente potente del dolore sopravvissuto e dei sentimenti. Lo scopo del Mostro non è – come inizialmente suppone Conor – di salvare la mamma o punire i bulli della scuola, ma quello di “guarire” Conor, il cui tumulto emotivo ha raggiunto un punto di ebollizione. La rabbia deve essere sfogata, la tristezza deve essere affrontata e solo allora sarà in grado di andare avanti. Ma più di ogni altra cosa, deve essere in grado di accettare ciò che sta accadendo a sua madre per dirle addio. In mani sbagliate, questo film avrebbe potuto essere assorbito dall’eccesso emotivo, trasformandosi in un melodramma sdolcinato e senza ispirazione. Ma nelle mani di Bayona il risultato è decisamente elettrizzante.

Voto Autore: [usr 3,5]

Maria Rosaria Flotta
Maria Rosaria Flotta
Laureata in Scienze della Comunicazione con una tesi sul cinema d'animazione. Curiosa, attenta e creativa. Appassionata di cinema, arte e scrittura.

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