Una storia di nostalgia, tristezza, speranza, disperazione, violenza e bellezza quella di Picciridda – Con i piedi nella sabbia. Un film che segna un toccante debutto alla regia del giovane palermitano Paolo Licata.
Basato sull’omonimo romanzo di Catena Fiorello, il film è un’immagine d’epoca color oro, una storia di formazione inondata di sole leggermente sentimentale che segue un’adolescente in un villaggio siciliano sul mare.
Picciridda racconta la storia di Lucia (Marta Castiglia), una creatura solitaria che sbanda tra il goffo e il bello, l’intelligente e l’ottuso, l’obbediente e il ribelle. È una situazione tipica della sua età, undici anni quando la storia inizia. Ma vive in una società che aderisce alle rigide norme di un’epoca molto precedente.
Siamo nella Sicilia degli anni ’60, terra di bellezze contadine e di cuori amareggiati. Il progresso non ha ancora trovato il posto in questa Sicilia delle signore vestite di nero, severe e giudicanti che controllano la città, ma sono oppresse dagli uomini che le governano. La disoccupazione è la norma e i genitori di Lucia, insieme al fratello minore, sono partiti per la Francia per trovare un lavoro e una vita migliore.
Affidata alle cure di nonna Maria (Lucia Sardo), Lucia è costretta a rimanere lì per continuare gli studi a scuola. I genitori promettono, o meglio sperano, di tornare a casa per Natale per vedere Lucia. Ma la speranza – come dice nonna Maria – è una promessa vuota, facilmente infranta. E ovviamente lo è.
Una bambina vittima del mondo misterioso degli adulti
Con il passare dei mesi l’esistenza di Lucia è circondata da incontri con persone e parenti. Seguiamo la “picciridda” Lucia a scuola mentre fa amicizia con una bambina, nelle dune di sabbia e nelle grotte dove spia “attività illecite”. E poi la vediamo in città, all’unico telefono disponibile, dove aspetta le chiamate poco frequenti di sua madre.
La curiosità la spinge verso il mondo degli adulti, soprattutto degli uomini della sua cerchia familiare. Un mondo misterioso da cui stare alla larga, come dice la nonna. O da scoprire, come pensa Lucia. Uno di loro nasconde un terribile segreto e Lucia rimarrà purtroppo una vittima. Licata è furbo nella sua rappresentazione di Lucia. La sua storia è avvincente e si muove bene anche quando è piena di tristezza.
Ma è nonna Maria il vero motore di questo film. Una vedova professionista con una costante espressione di disprezzo in volto, ma con una profondità nascosta a tutti. Chiaramente, questa è una donna che ha resistito a colpi enormi e dolori incredibili. Eppure non ha mai permesso a nessuno di “governarla”. Il suo atteggiamento brutale e apparentemente privo di amore nei confronti di Lucia è una facciata. Una facciata che sarà rivelata con enorme effetto verso la fine.
Picciridda e i temi dell’abuso e del trauma
In un contesto sociale ostile, la piccola Lucia paga un prezzo altissimo, e la nonna che odia tanto in primis le insegnerà a lottare e a crescere con dignità, forza e ottimismo. Quando il film inizia a incorporare temi come l’abuso, il trauma e la vergogna che vengono tramandati da una generazione all’altra con il pretesto di segreti e bugie, si trasforma in un’opera incredibilmente tempestiva.
Di certo, questo è un film che richiede pazienza agli spettatori, ormai abituati ad avere la maggior parte delle cose spiegate nei primi dieci minuti del film. Picciridda utilizza un approccio naturale che è più indicativo del classico cinema neorealista italiano. Evitando gli elementi costitutivi della maggior parte dei film di formazione, il film diventa sia più avvincente che più universalmente riconoscibile con ogni scena successiva.
Potente e meravigliosamente recitato, questo dramma d’insieme è portato vividamente alla vita con più colore e verve di quanto vediamo tipicamente nei set siciliani, che sono troppo spesso dipinti puramente nelle tonalità del sole e della sabbia. Allo stesso modo, è uno sforzo femminista raro, vitale, su cosa significhi essere una ragazza che cresce in una cultura oppressiva dove c’è molto di più sotto la superficie di quanto le donne siano tradizionalmente autorizzate a discutere.