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Perfect sense

Nel momento storico che stiamo vivendo, la realtà è diventata molto simile a un film. In particolare, molte persone hanno riconosciuto gli eventi che hanno seguito l’espansione del Coronavirus con quelli raccontati dall’ormai piccolo cult Contagion, diretto da Steven Soderbergh. L’anno era il 2011, e la paura per il 2012 apocalittico profetizzato dai Maya era diffusa. Ma se Contagion affronta l’epidemia nell’aspetto della sua diffusione, quindi esplorando i tentativi in cui il mondo, politico e medico, cerca di arginare la pandemia, in termini incredibilmente attuali con il senno di poi, Perfect sense spinge invece smaccatamente sul pedale del sentimento.

perfect sense

Uscito sempre nel 2011, Perfect sense segue la storia d’amore tra lo chef Micheal (Ewan McGregor) e l’epidemiologa Susan (Eva Green), nel mezzo di una pandemia in atto. La pandemia è infettiva, e i primi sintomi sono una profonda tristezza a cui segue la perdita dell’olfatto. Man mano però, diventerà sempre più grave.

L’idea è bellissima e potenzialmente molto fertile. In mancanza dei sensi, cosa vuol dire essere umani? Perfect sense mostra fin da subito la risposta, collegando a ogni senso un improvviso e incontrollabile scoppio emotivo, per esempio, appunto, la tristezza corrisponde all’olfatto. La voce fuori campo poi ci illustra perché i due sono collegati: l’olfatto è il senso più legato alla memoria, e la memoria si riferisce alla conservazione del passato, che spesso è nostalgia o addirittura rimpianto.

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Perfect Sense

Il messaggio, per quanto didascalico, risulta però pasticciato. Il film infatti non si decide mai tra l’essere una cautionary tale sul non dare per scontato le sensazioni della nostra vita, o se vuole essere invece un grido di speranza, come sembra affermare nel finale, in cui lascia intendere che in un mondo senza sensi quello che ci rende umani sono in realtà le sensazioni. Se è questo il significato, perché allora intrecciare sensi e sentimenti così a doppio filo fin dall’inizio?

Eva green

Sembra un film nato e concluso nell’idea iniziale. Un’idea forte, certo, ma che pecca di una colpa intrinseca: essendo giocato solo sulla premessa, l’intero svolgimento diventa inevitabilmente prevedibile. Non di meno, però, essendo un’idea che gioca su paure primarie, il film riesce comunque ad arrivare a una certa intensità, ed è impossibile non provare sentimenti di angoscia o di paura alla fine della visione. Ma sono sentimenti intrinseci alla premessa, che purtroppo, non viene arricchita in nessun altro modo. La struttura è inesistente, la stessa trama potrebbe essere interscambiabile con qualsiasi altra trama colta nella stessa situazione. La stessa situazione inoltre, non è approfondita nei suoi problematici risvolti sociali, politici e mediatici, come può essere invece in Contagion.

Ewan McGregor

Anche i personaggi non sono approfonditi e la scelta degli stessi risulta singolare. Per esempio, l’epidemiologa Susan è inquadrata solo nella sua relazione con Micheal; il suo lavoro non influisce minimamente sullo sviluppo della trama, nonostante si tratti di una epidemia. Ci si concentra quasi di più sul ruolo di Micheal, che essendo chef lavora indubbiamente con i suoi sensi.

Tutti questi abbozzi appaiono come possibilità mancate. La stessa storia d’amore, che ovviamente è tematica, pare nascere un po’ dal nulla. Infatti, ne si comprende la motivazione diegetica, visto che i due protagonisti si innamorano quando l’epidemia, e quindi la perdita dei sensi, è già iniziata. Entrambi feriti e spaventati dalle relazioni, si buttano a capofitto dentro il sentimento più forte di tutti, secondo il film, non appena tutto il resto sta per scomparire. Però il loro innamoramento non è motivato, la loro chimica è latente, e il loro passaggio dal sesso occasionale all’amore vero è frettoloso.

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Perfect Sense

Quello che resta, è una ramanzina di un’ora e mezza sul vivere la vita al pieno delle possibilità, perché tutto quello che conosciamo può scomparire prima che ce ne rendiamo conto. Concetto verissimo, ma che, purtroppo, resta solo un concetto e non diventa mai narrazione.

Diretto da David MacKenzie, regista anche di Hell or High Water. Perfect sense è disponibile sul palinsesto Prime Video.

Voto Autore: [usr 1,5]

Marianna Cortese
Marianna Cortese
Attualmente laureanda in Lettere Moderne, ho sempre avuto un appetito eclettico nei confronti del cinema, fin da quando da bambina divoravo il Dizionario del Mereghetti. Da allora ho voluto combinare cinema e scrittura nei modi più diversi e ho trangugiato di tutto: da Kim Ki-Duk a Noah Baumbach, da Pedro Almodovar a Alberto Lattuada. E non sono ancora sazia.

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