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Jojo Rabbit, una commedia nera sul nazismo

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Taika Waititi, regista, attore e sceneggiatore neozelandese, noto per la sua eccentricità, dirige Jojo Rabbit, una commedia nera incandescente, strana, spensierata e bellissima che gli è valsa anche la candidatura agli Oscar 2020 in ben sei categorie. Il giovanissimo Roman Griffin Davis, al suo esordio d’attore, interpreta Jojo, un bambino cresciuto nella Germania degli anni ’40. Con il suo sorriso estatico e i suoi ciuffi biondi, sarebbe veramente adorabile, se non fosse per un piccolo particolare: a 10 anni è già un fanatico di Hitler. Ama così tanto il leader del suo paese, che sembra averlo evocato in una sorta di ologramma, come se fosse un amico immaginario, che gli appare in privato in momenti di gioia e di dolore, donandogli preziosi consigli, sostenendolo e guidandolo nelle scelte quotidiane della vita verso una rigida filosofia nazista. La figura di Hitler, interpretato dallo stesso Waititi, con i suoi occhioni azzurri, appare molto più allegra, buffa e benevola di quella a cui siamo abituati. Il che ha senso, dato che è frutto della fantasia di un simpatico bambino di 10 anni.

Jojo Rabbit

Quando inizia il film, un rullo di tamburi da il via alla familiare e inconfondibile fanfara di apertura della 20th Century Fox e – per circa un secondo – tutto sembra normale. Ma mentre i proiettori Fox spazzano il cielo, i tamburi e le trombe si trasformano in ciò che sembra un inno tedesco, cantato da un coro di bambini. Poco dopo, vediamo immagini d’epoca di soldati nazisti che salutano il Fuhrer mentre i Beatles cantano “Komm gib mir deine Hand”, la versione tedesca del brano “I want to hold your hand”. Lo splendido brano dei Beatles entra in contrasto con i filmati in bianco e nero delle folle tedesche che incoraggiano e lodano il loro idolo. La sequenza è sfacciatamente provocatoria. Un’apertura confacente ed esaltante nel mondo degli estremi. Ma non è la prima volta che Hitler viene deriso e rappresentato in chiave ironica nel cinema. Ricordiamo l’intramontabile Charlie Chaplin che interpretava Adenoid Hynkel simile a Hitler ne “Il grande dittatore” (1940), quando addirittura il vero Hitler era ancora in circolazione, come anche Ernst Lubitsch con la sua commedia satirica “Vogliamo vivere!” (1942). Mel Brooks lo derise dopo la seconda guerra mondiale con “Per favore, non toccate le vecchiette” (1968) e Quentin Tarantino creò una fantasia di vendetta in “Bastardi senza gloria” (1977). Pertanto Waititi non sta calpestando un nuovo terreno, sta solo offrendo una nuova interpretazione. Secondo le impostazioni, il trattamento di Jojo Rabbit sull’assassino di massa più insultato della storia si qualifica piuttosto insolito. La sua idea comica è molto simile a quella di Chaplin: decostruire il pensiero fascista. Rende il piccolo Jojo un bambino alimentato dalla propaganda, così tenero e innocente da non aver ancora imparato ad allacciarsi le scarpe, quindi lo aiuta a scovare la fitta rete di bugie che lo circonda. Dopo tutto, il piccolo Jojo non è poi così duro e cattivo, e sua madre Rosie, interpretata da Scarlett Johansson, anima brillante del film, lo sa. La sua fissazione nazista si oppone a tutto ciò in cui crede, sebbene non osi esprimerlo.

Jojo Rabbit

Jojo è timido ma coraggioso tanto che, all’inizio del film, per dimostrare la sua fede al nazismo rimane col volto sfigurato da una mina e impossibilitato nel completare l’addestramento militare, ma questo non lo allontana dagli ideali del partito. Tutto cambia, però, quando scopre che sua madre nasconde una ragazza ebrea in soffitta. Elsa, interpretata da una bravissima Thomasin McKenzie, vive in uno spazio nascosto nella casa della famiglia. Jojo si imbatte per caso in lei. Il suo orrore e il suo disappunto iniziale per la scoperta, pian piano lasciano il posto a sentimenti più complicati e teneri. Lentamente Jojo passa dal terrore antisemita, all’accettazione, e poi all’affetto. La giovane ebrea sfida con delicatezza e ironia le nozioni sui cui Jojo ha costruito tutta la sua giovane vita. Il pregiudizio che Jojo aveva sugli ebrei si sgretola, facendo spazio ad una relazione che diventa profondamente gratificante. “Non sei un nazista, Jojo – dice lei – “Sei un bambino di 10 anni a cui piacciono le svastiche, vestirsi con una buffa uniforme e vuole sentirsi parte di un gruppo. Ma tu non sei uno di loro”. Sebbene il film sia ambientato durante la seconda guerra mondiale, l’obiettivo della derisione è evidente. Va oltre i particolari del suo dramma per ridicolizzare le persone che odiano sulla base dell’etnia, per esporre il potere della propaganda e dei manipolatori adulti che inculcano tale odio nei bambini. Jojo Rabbit suggerisce chiaramente che la “cura” per questo odio ingiustificato sono le relazioni personali, la conoscenza e l’apertura verso l’altro, che dimostrano l’umanità della minoranza perseguitata. Il film infatti è stato presentato come “satira anti-odio”, piuttosto che “satira anti-nazista”.

Jojo Rabbit

Liberamente ispirato al romanzo “Come semi d’autunno” (Caging Skies) di Christine Leunens (2004), Jojo Rabbit mantiene sempre la prospettiva dei fatti attraverso lo sguardo del bambino, prende le distanze dalla violenza e della guerra, facendoci ridere in più occasioni, senza essere banalmente satirico o attaccando la filosofia hitleriana, ma esaltando le debolezze degli umani, tutti. Le risate lasciano spazio anche alla riflessione. La distanza che Waititi impiega trova luce in tutto ciò che era oscuro, rendendo il film spiritoso, giocoso e brillantemente ben intenzionato. Sembra saper esattamente quando tirare le corde del cuore del pubblico e quando mettere una battuta per alleggerire l’umore. Ed è proprio questa capacità di bilanciare momenti insensibilmente sciocchi con un riconoscimento degli orrori della vita reale che rende il film veramente eccezionale. Un’opera sorprendentemente geniale con molto umorismo e tanta sensibilità.

Voto Autore: [usr 4,0]

Maria Rosaria Flotta
Maria Rosaria Flotta
Laureata in Scienze della Comunicazione con una tesi sul cinema d'animazione. Curiosa, attenta e creativa. Appassionata di cinema, arte e scrittura.
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