Il grande dittatore è probabilmente la pellicola più nota di Charles Chaplin, un attore pilastro della storia del cinema. Uscito nelle sale cinematografiche nel 1940, è uno dei primi film a portare sul grande schermo le vicende del regime nazista e dell’antisemitismo, oltretutto in chiave comica; un impostazione simile si trova diversi decenni dopo anche in Jojo rabbit.
Il film ha ricevuto 5 candidature agli Academy Awards del 1941, per miglior film, miglior attore protagonista a Charlie Chaplin, miglior attore non protagonista a Jack Oackie, Miglior sceneggiatura e miglior colonna sonora, senza però vincere alcuna statuetta.
Il grande dittatore – Trama
Il grande dittatore tratta in parallelo le vicende di un barbiere ebreo, che è da poco ritornato alla propria vita dopo aver passato diversi anni in ospedale, e di Adenoid Hynkel, dittatore della Tomania; entrambi i personaggi sono interpretati da Charlie Chaplin.
Nel ghetto i soprusi sono all’ordine del giorno e diventano sempre più aspri, ma nessuno si oppone, per via del terrore che aleggia su tutti gli ebrei; solo Chaplin, non rendendosi conto della situazione, reagirà, con l’appoggio della giovane e coraggiosa Hannah, interpretata da Paulette Goddard.
Nel frattempo, Hynkler programma l’invasione dell’Ostria; per fare ciò dovrà accordarsi con l’altro grande dittatore, Benzino Napaloni, interpretato dall’attore italiano Carlo Romano, che governa Batalia.
Il grande dittatore – Recensione
Già leggendo questa breve trama, e soprattutto notando i nomi dei personaggi, è molto palese a quali figure storiche si riferisce questa storia. Hynkler è una rappresentazione caricaturale del dittatore nazista Adolf Hitler, mentre Benzino Napaloni è la caricatura del fascista Benito Mussolini.
Questi parallelismi non si limitano solamente ai nomi; durante i discorsi di Hynkler si denota la stessa aggressività nel parlare che trasmetteva il dittatore nazista, con anche diverse parole tedesche inserite nel mezzo come Katzenjammer. Il simbolo distintivo del governo autoritario di Tomania sono due croci: si è emulato il simbolo nazista, pur non utilizzando proprio la svastica. Bisogna tener conto dell’anno di uscita del film; nel 1940 il regime nazista non era stato ancora sconfitto e si era in piena Seconda guerra mondiale.
Molte similitudini si ritrovano anche riguardo il personaggio di Benzino Napaloni; più precisamente, vedendo il film in lingua originale, si nota l’accento italiano molto marcato.
La comicità come mezzo per raccontare la realtà
La caratteristica che rende Il grande dittatore leggera da vedere, nonostante le delicate tematiche trattate, è proprio l’ironia molto semplice propria di Chaplin e delle sue interpretazioni. Già dalle prime scene vediamo della comicità; il barbiere durante la guerra che gira attorno ad una bomba inesplosa, oppure, più avanti nel film, il primo incontro tra Hynkler e Napaloni, quando i due non riescono a conciliare il modo di salutarsi.
In ogni caso, sono presenti nel film anche delle scene emblematiche che portano alla riflessione personale. Hynkler che gioca con il globo, come se fosse una palla, volendone diventare il padrone, può essere vista come la rappresentazione delle manie di onnipotenza del dittatore. Egli ,solamente per avere più potere, gioca col mondo e con le vite di persone innocenti. Ma già da qui si prefigura che questo modo di agire di Hynkler non durerà per sempre ed è destinato ad un finale tragica; infatti, il mappamondo alla fine scoppia come un palloncino.
Il discorso finale: le guerre di ieri e di oggi
“L’odio degli uomini scompare insieme ai dittatori, e il potere che hanno tolto al popolo ritornerà al popolo e, qualsiasi mezzo usino, la libertà non potrà essere soppressa.”
“I dittatori sono liberi perché rendono schiavo il popolo! Allora combattiamo per mantenere quelle promesse! Combattiamo per liberare il mondo, per eliminare confini e barriere, per eliminare l’avidità, l’odio e l’intolleranza. Combattiamo per un mondo ragionevole. Un mondo in cui la scienza e il progresso portino benessere a tutti gli uomini. Soldati! Uniamoci in nome della democrazia!”
Questi sono dei brevi estratti di uno dei monologhi più toccanti e thought- provoking della storia del cinema; si tratta del discorso finale tenuto da Chaplin nei panni del barbiere. Questo, dopo essere stato presentato per tutto il film come un personaggio semplice e comico, cambia totalmente veste. Diventa la voce di un messaggio che dovrebbe essere proprio di tutto il genere umano, un messaggio di pace, di uguaglianza senza discriminazioni di razza o religione.
Il valore delle parole
Si rivolge anche ai dittatori, a coloro che vogliono imporsi sugli altri per la loro avidità e bramosia di potere e coloro che alla fine sono destinati ad essere deposti. Inneggia a quei valori di gentilezza ed umanità che sembrano essersi persi, svaniti con l’avvento di nuove tecnologie ed intelligenze. Ai soldati, trattati come carne da macello e mandati a morire per la causa di un dittatore, dice di non cedere, di ritrovare la loro anima ed umanità.
Questo discorso di diversi minuti ha grande valore in generale, ma soprattutto nel periodo storico in cui si sta vivendo: tristemente, tutte queste frasi, pronunciate ne il grande dittatore più di ottanta anni fa, sembrano essere ancora attuali. I soldati continuano a combattere per conto di dittatori, e questi continuano a minacciare i principi di libertà, democrazia ed anche solo mera solidarietà tra esseri umani.
Allora è qui che subentra il secondo scopo del cinema, il cinema è prima di tutto spettacolo, intrattenimento, arte, ma, in alcuni casi può divenire molto più potente. Può servire a trasmettere un messaggio a tutti i suoi spettatori, può avere uno scopo educativo.