Dopo aver viaggiato nella magia e nella meraviglia dell’Africa, Michel Ocelot arriva nella Francia della Belle Époque con Dilili a Parigi, uno splendido film d’animazione che offre un viaggio piacevolmente significativo attraverso la storia della cultura francese con un mistero tutto da risolvere. Noto per aver creato e diretto i lungometraggi Kirikù e la strega Karakà (1998) e Azur e Asmar (2006), Michel Ocelot è considerato uno dei maestri dell’animazione francese e mondiale.
Ambientato a Parigi, durante uno dei suoi periodi di massimo splendore, il film segue la storia di una ragazza franco-canaca di nome Dilili, che viene catturata da una trama misteriosa che la porterà ad esplorare tutta la città e a fare incontri molto particolari con personaggi illustri dell’epoca.
Abituati a vedere sullo schermo solo principesse vestite di rosa in attesa dell’aiuto e dell’arrivo di un principe che le salvi, questo film sfata briosamente un po’ il tutto.
Dililì, nelle vesti di investigatrice curiosa, indaga su una serie di rapimenti enigmatici in cui sono coinvolte alcune bambine, fino a diventare una vera e propria eroina. Nella sua ricerca, la piccola protagonista è accompagnata da Orel, un giovane fattorino con un triciclo che sembra conoscere ogni personaggio importante del periodo, che va da Colette a Marie Curie, da Camille Claudel a Louis Pasteur. Più di 100 importanti figure del 1900 a cui il regista ha voluto fare un caloroso omaggio.
Con una meticolosa rappresentazione dei dettagli del periodo, dai costumi all’ambientazione, al regista è stato concesso l’accesso alla maggior parte dei famosi monumenti e attrazioni di Parigi. I personaggi creati in 2D e animati in 3D con volti inespressivi e acconciature congelate entrano in netta contrapposizione con le fotografie reali scattate dallo stesso regista nel corso degli anni, che sono state introdotte e modificate come sfondi del film. La collocazione di Ocelot di questi personaggi accanto a paesaggi parigini dall’aspetto autentico e fotorealistico, fa davvero una strana, ma buona impressione. Varie tonalità di magenta, lavanda, turchese e giallo avvolgono i corpi dei personaggi, mentre luci e decorazioni ornate allineano le strade di Parigi.
Il film scorre in maniera relativamente fluida e semplice, guidato dalla presenza sincera ed esuberante della protagonista, un personaggio abbastanza articolato. Una ragazza mulatta troppo scura per Parigi e troppo chiara per la Nuova Caledonia (suo paese di origine), fonte di disprezzo da parte di chi la chiama “scimmia”, ma anche fonte di curiosità e di sorpresa quando la piccola parla nel suo impeccabile ed educato francese. Tuttavia, Ocelot si allontana dal tropo mulatto e mette in mostra Dililì per come è veramente, ovvero un essere umano. Un individuo desideroso di curiosare, imparare, con il bisogno universale di essere libero, di amare e di essere amata, proprio come qualsiasi altra persona. Infatti, ciò che più di tutto emerge nella storia, è l’umanità, tant’è che lo stesso regista l’ha definito un film umanista. Ed è veramente bello vedere la leggendaria cantante lirica Emma Calve insegnare alla piccola Dililì l’adorabile “arte dell’abbraccio”.
La semplicità relativamente blanda del film scompare quando Dilili si imbatte nel covo segreto dei Maschi Maestri, i responsabili dei rapimenti delle bambine, una vera e propria setta desiderosa di impedire il progresso culturale, scientifico e tecnologico delle donne. E, quella che sembrava una serie frenetica di incontri e avventure, è messa a punto da un confronto di misoginia che è tanto inaspettato quanto grottesco. Ocelot abbandona la metafora poetica per denunciare con tono indignato, anche visivamente forte, la condizione delle donne violate nei loro diritti. Ma forse una delle scene più belle del film risiede proprio lì. Le ragazze e le donne coperte da abiti neri che servono gli uomini come oggetti domestici e devono camminare a quattro zampe per poter davvero sopravvivere. La crudeltà mostrata da queste scene, quando i personaggi sono coreografati per camminare all’unisono, alla fine rende finalmente possibile che il modernismo e la giustizia si affrettino e correggano questa ingiustizia.
Dilili a Parigi è un film d’animazione fresco e curato, una dichiarazione d’amore a Parigi, alle donne e al cinema d’animazione, che soddisfa piacevolmente sia i bambini che gli adulti diventando anche uno strumento educativo per esplorare le principali correnti dell’arte, della musica e della letteratura francese dalla fine del XIX all’inizio del XX secolo. Gli appassionati di storia e cultura apprezzeranno quanto sia ricca di tali informazioni, ma anche chi non lo è, troverà Dililì un’accompagnatrice divertente capace di commuovere con il suo candore puro e che in maniera raffinata ci rivela quanto veramente bella fosse la Belle Époque.