Dopo l’uscita nelle sale italiane lo scorso ottobre, dal 17 maggio è disponibile in streaming su NOW il film di Jonas Carpignano A Chiara. Presentato alla Quinzaine des Réalisateurs a Cannes 2021, dove è stato premiato con l’Europa Cinemas Label, costituisce l’atto finale della trilogia ambientata nella piana di Gioia Tauro dopo Mediterranea (2015) e A Ciambra, pellicola a sua volta insignita dello stesso riconoscimento nel 2017.
A Chiara conclude il lungo viaggio cinematografico del regista italo-americano (nato a New York, è pronipote di Luciano Emmer), che ha avvolto quasi in una spirale la città calabrese. Tutto ha avuto inizio dalle coste libiche di Mediterranea, dove il protagonista Ayiva (Koudous Seihon) si imbarca clandestinamente per raggiungere l’Italia. Da Lampedusa arriva poi a Rosarno per lavorare come bracciante nella raccolta degli agrumi. Nella vicina Gioia Tauro, più precisamente nel quartiere della comunità rom, Ciambra, conosce il giovanissimo Pio (Pio Amato) protagonista del secondo film, nel quale appare infine, fugacemente, Chiara (Swamy Rotolo).
Un viaggio circolare – dove i protagonisti si passano il testimone – gradualmente diretto verso la meta Gioia Tauro. Perché se Ayiva e Pio, attraverso le loro storie vere, sono forze esogene emarginate e sfruttate che mettono in luce il microcosmo criminale di quei territori, Chiara ne è elemento endogeno e deflagratore.
A Chiara, la trama
Chiara Guerrasio ha quindici anni, vive in una bella casa di Gioia Tauro, va in palestra, ha il suo gruppo di amiche e una famiglia unita. Nonostante queste sicurezze, appare tesa e preoccupata. Non riesce a comprendere perché suo padre (Claudio Rotolo) sia irrequieto da giorni. Anche durante la festa di compleanno della sorella maggiore (Grecia Rotolo) l’uomo non riesce a rilassarsi.
Chiara intuisce insomma che c’è qualcosa che non va, che sono forse le frequentazioni del padre a nascondere qualcosa di inquietante. Quando di notte lo vedrà scappare, ha la conferma che i suoi sospetti erano fondati: il padre è diventato un latitante, ricercato dalla polizia come affiliato della ‘ndrangheta per traffico di stupefacenti.
La sofferenza della giovane aumenta quando tutti i suoi parenti fingono che nulla sia accaduto, trincerandosi dietro un silenzio omertoso per lei insopportabile. La madre e la sorella le intimano di stare attenta a fare certe domande, stupendosi anche del fatto che non avesse capito prima la situazione.
Tutto ciò fa da prologo al fulcro narrativo di A Chiara, storia di un’adolescente che non riesce ad accettare la sua famiglia e a condividerne i principi. Legatissima al padre, Chiara cercherà in tutti i modi un confronto con lui per darsi delle risposte e capire se allontanarsi da Gioia Tauro per un futuro diverso.
A Chiara, la recensione
Rispetto a Mediterranea e A Ciambra, ispirati a storie reali, a metà tra documentario e film di finzione, A Chiara ha una struttura narrativa completamente concepita e scritta da Carpignano. Unico tocco di verità, per così dire, lo dà il cast, poiché la famiglia Guerrasio nel film è interpretata dalla vera famiglia Rotolo, una scelta già adottata con il nucleo familiare di Pio Amato e che favorisce ancora una volta la riuscita dello sguardo immersivo del regista nell’intima e domestica dimensione relazionale.
Se Ayiva e Pio erano costretti ad accogliere la realtà in cui vivono e a farsene carico per sopravvivere, Chiara ha la possibilità e la forza di respingerla. La sua strenua lotta per ottenere un confronto con il padre latitante la porta ad attraversare tutta Gioia Tauro scorgendo con occhi nuovi, sempre più critici e dolorosi, le diffuse tracce della malavita nelle strade che ha sempre conosciuto sotto altri aspetti.
Carpignano ha ristretto la visuale, concentrandosi su una città e una famiglia tormentate e impregnate dal crimine. Sotto questo aspetto ha assunto lo stesso approccio narrativo di Anime nere, bellissimo film di Francesco Munzi del 2014, anche se lì i ruoli erano ribaltati – era il padre di famiglia (Fabrizio Ferracane) a cercare di estraniarsi dalla morsa criminale familiare –. Il regista ha inoltre aggiunto una dimensione nuova rispetto ai propri precedenti film, più sotterranea. Chiara, dietro una parete di casa, trova un bunker destinato a nascondere il padre; lei stessa inizia a servirsene per sfuggire dalla realtà e capire il senso di una vita da fuggitivo. Incontrerà infine il genitore in un altro rifugio, sotterrato in aperta campagna. Questi non sono però luoghi claustrofobici come era per Pio il treno, posto più facile dove derubare qualcuno; per Chiara c’è una luce di speranza e una possibilità di scelta per un cambiamento.
Il tribunale vuole toglierla dalla sua famiglia, spezzando così, come afferma il giudice, un legame di sangue che è vincolo fortissimo di coesione e pressione.
L’intervento attivo dello Stato è un elemento diegetico che forse appare forzato. Solo in questo momento infatti Chiara cambia definitivamente il suo destino, portandosi dietro per sempre i fantasmi di Gioia Tauro; in Mediterranea e A Ciambra l’evoluzione morale e psicologica dei protagonisti seguiva il suo corso senza bisogno di sottolineare interventi esterni.
La musica dà un grande contributo al film di Carpignano, aspetto già in nuce in A Ciambra. È sfogo per Chiara e per le sue preoccupazioni, ma è anche ciò che sopprime le sue domande; la musica, come i rumori, sono il modo migliore in famiglia per cercare di aggirare le probabili intercettazioni. Con un montaggio meno frenetico rispetto ai precedenti lavori e grazie alla splendida performance di Swamy Rotolo, premiata come miglior attrice protagonista ai recenti David di Donatello, A Chiara conferma la maturazione di Carpignano autore, in grado di raccontare storie di territori difficili attraverso registri diversi, contemporanei e privi di stucchevoli retoriche di denuncia.