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Strappare lungo i bordi, la serie Netflix di Zerocalcare

In un momento storico in cui, chi più chi meno, è smarrito dalla situazione pandemica e non solo, una nuova serie d’animazione di Zerocalcare, la prima, regala grandi insegnamenti quante risate. Strappare lungo i bordi è un prodotto Netflix che nella sua brevissima prima stagione, appena sei episodi, ha conquistato già il pubblico.

Sono infatti già tantissime le recensioni positive e sui social foto e citazioni della serie sono diffusissime. In un post su Instagram e Facebook, Zerocalcare ha spiegato che Strappare lungo i bordi non è semplicemente un lavoro suo, ma che hanno contribuito più di duecento persone. Pertanto non vuole che questo prodotto si leghi solo al suo nome. Tuttavia, si configura come il punto più alto di un climax di esplorazione emotiva e sociale che il fumettista ha sempre operato.

Strappare lungo i bordi, la serie di Zerocalcare

Zerocalcare è uno dei fumettisti più importanti del panorama italiano. Fin dai suoi esordi, ha portato in Italia elementi inediti riguardo al fumetto e tipici per esempio della Francia. La sua prima opera, La profezia dell’armadillo, è stata stampata più volte e i suoi libri hanno raggiunto il milione di copie vendute. È proprio da questo armadillo che comincia e continua la parabola artistica di Zerocalcare.

L’armadillo è coprotagonista nella serie a fare voce alla sua coscienza. Come una sorta di Grillo parlante, ma che anziché guidarlo di base gli sbatte cinicamente la triste realtà in faccia. Nella serie è doppiato da Valerio Mastandrea che come sempre dà prova di una performance eccezionale. Il romanesco è la voce principale dei dialoghi, molto veloci e incalzanti (tanto che diversi spettatori hanno dovuto inserire i sottotitoli per seguire meglio).

Mastandrea si è sempre trovato a suo agio con questo genere di performance, ma in questo frangente ha stupito anche di più. L’attore romano era il più adeguato per Zerocalcare che ha avuto sempre un legame profondo per Roma, città che lo ha adottato fin da ragazzino. Ricordiamo la sua serie sul periodo difficile del lockdown vissuto a Rebibbia uscita proprio durante il primo lockdown per la pandemia di Coronavirus e che ha avuto spazio in televisione durante la trasmissione Propaganda Live.

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Una serie animata Netflix è allora il giusto traguardo in cui già convivono elementi che i fan che seguono da tanto Zerocalcare conoscono. L’armadillo che abbiamo già citato, ma anche l’amico Secco. La trama è un mix tra autobiografia, sempre presente nelle opere del fumettista, e fantasia ma anche libera interpretazione dello spettatore. Si ride infatti tanto, ma la riflessione è anche perennemente presente.

Zerocalcare racconta storie vere

In un’epoca in cui spesso nell’ambito del cinema e delle serie TV ci troviamo davanti opere fittizie e finte, Zerocalcare racconta la pura e semplice verità di una vita quotidiana e che si scontra contro drammi di tutti i giorni. Non c’è spazio per filtri o disegni spettacolari, la tecnica è sempre la stessa e il protagonista è sempre lui. A partire dalla colonna sonora, semplice quanto azzeccata, entriamo dentro il mondo di un artista ma soprattutto di un uomo.

È un giovane ragazzo quando inizia la vicenda e racconta, con tantissimi flashback, la sua vita. Fra questi colpisce quello riguardante le lezioni private. Per mantenersi, a differenza di una sua amica che l’insegnante vuole davvero farla, impartisce lezioni a ragazzini. Non riesce a sentirne lo scopo perché non capisce nemmeno la propria utilità, cosa ha da insegnare a loro?

In fondo, lui è solamente un filo d’erba. Come elemento quotidiano, uno dei racconti più belli della serie, un altro aneddoto riguarda la sua casa. Con quel divano ricolmo di roba che non riesce mai a sistemare, paragonata a una serie di rifugiati immigrati. Un divano che nasceva per invitare gente, ma la sua misantropia gli ha impedito di farlo.

Storie sue e di altri amici, come Secco e il suo poker online. Conosciamo la psicologia di una figura che va oltre il personaggio ma è persona ed entriamo in una storia vera. Vera perché non parla di eroi e nemmeno di vigliacchi, ma di esseri umani. Con il severo armadillo sempre pronto a dire la verità su quella fragilità che non va nascosta, ma raccontata. La chiave di tutto questo sono i lunghi monologhi, ma anche i dialoghi:

  • È successo, è caduto come una pera cotta. L’hanno visto tutti.
  • Ma si è fatto male?
  • Un po’, ma poi passa!
  • Ma gli esce il sangue dal ginocchio?
  • Un pochino, ma il giorno dopo si sta già facendo la cicatrice!
  • Alice, ma la cicatrice quando passa?
  • La cicatrice non passa, è come una medaglia che nessuno ti può portare via. Così quando Zeta è grande e ormai il principe non gli fa più paura, si ricorda che ha vissuto, che ha fatto tante avventure. Che è caduto e si è rialzato.
  • Ma perché non passa?
  • Perché è una cicatrice, se andava via con l’acqua era un trasferello. È una cosa che fa paura ma è anche una cosa bella: è la vita.
Strappare lungo i bordi

Strappare lungo i bordi: tra risate e lacrime

Il fil rouge di tutta la vicenda è però lei: Alice, che palesemente ricalca la Camille di La profezia dell’armadillo. È un personaggio che spesso sta sullo sfondo, ma che grazie anche all’armadillo sta sempre lì, ricordiamo costantemente l’importanza che possiede. Tantissimi si saranno rivisti nella serie anche per questa ragione. Alice è quella persona costante nelle nostre vite dalla quale sembra che non vogliamo o possiamo privarci, un porto sicuro ma anche un punto di domanda. Rappresenta anche il dramma di una generazione ed è sicuramente il personaggio meglio caratterizzato.

Ma il protagonista è, come dice l’armadillo, cintura nera de come se schiva la vita. Non ha colto l’attimo, probabilmente, o forse no. La verità è che alla fine, distruggendo completamente ogni ilarità e invitando lo spettatore a una riflessione, i risvolti saranno drammatici. Nel dialogo con gli altri personaggi però il protagonista e anche noi troviamo smentite le nostre certezze, le nostre verità pre-confezionate e anche il nostro egocentrismo. Questo avviene perché si racconta una storia sulla vita vera, sulle sensazioni vere e su come stiamo al mondo.

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Non avviene, infatti, perché Zerocalcare abbia la presunzione di insegnare qualcosa. Non vuole insegnare alcunché, ma portare sullo schermo la semplicità di vivere la vita cercando di strappare lungo i bordi, senza mai, inevitabilmente, riuscirci. Proprio perché in realtà non è così che si vive, perché siamo tutti fili d’erba, e va benissimo così.

Noi andavamo lenti perché pensavamo che la vita funzionasse così: che bastava strappare lungo i bordi, piano piano, seguire la linea tratteggiata di ciò a cui eravamo destinati e tutto avrebbe preso la forma che doveva avere. Perché c’avevamo 17 anni e tutto il tempo der mondo.”

PANORAMICA RECENSIONE

regia
soggetto e sceneggiatura
interpretazioni
emozioni
Redazione
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