Notte fantasma è il terzo progetto di Fulvio Risuleo che si misura con un obiettivo non da poco: ridare appeal a una Roma che ultimamente è set di grandi produzioni cinematografiche solo in qualità di sfondo. Pena dei contenuti scarsamente approfonditi, la capitale è da tantissimo tempo che non ha dei film in grado di celebrare la sua anima, rendendola parte integrante del racconto.
Ci prova Notte fantasma, un noir all’italiana che prende spunto anche da altri mostri sacri del genere (si può scomodare per l’occasione Taxi Driver, ma solo perché è un’opera che di fatto si è posta come apripista del settore). Anche Collateral è un parziale punto di riferimento; per lo più nella sua accezione di thriller.
La città domina il contesto scenico: le sue luci, le strade e le persone che la riempiono sono un elemento trainante del gioco (diciamo anche essenziale). Senza la cornice urbana, un film di questo rango diventerebbe povero, svuotato, privo di sensazioni da cavalcare.
Roma dona al contesto una cornice perfetta al cui interno si ambienta la narrazione. Sarà attore in gioco nel donare agli eventi una codificazione scenica ben precisa: ovvero, oscura e tenebrosa. All’inizio si ha l’impressione di trovarsi in un film di Claudio Caligari. La qualità, tuttavia, è ben lungi dall’avvicinarsi ai titoli correlati al regista di Arona. Si vedrà come Notte fantasma vive di pecche e meriti: una mescolanza di fattori contribuisce a fare di questo un film a fin di bene, con tentativi e slanci apprezzabili ma con difetti in mostra (che allo spettatore, dunque, non possono sfuggire).
Notte fantasma – Una Roma padrona del destino di molti
Notte fantasma è la storia di Tarek, ragazzo ventenne della periferia romana che sta aspettando il tram (in tal senso, è molto suggestiva l’immagine di apertura). Decide di andare a piedi, non trovando fortuna a livello di spostamenti (anche qui, un concetto ben radicato nella vita della capitale).
I suoi amici lo convincono, prima di passare a casa loro, ad acquistare un pezzo di fumo da consegnare loro inaugurando una serata all’insegna dei videogiochi e dello sballo. Subito dopo l’avvenuta transazione, Tarek viene avvicinato da un agente in borghese (interpretato da un discreto Edoardo Pesce) che lo arresterà e lo porterà con sé in giro per le strade di Roma. Tutta la notte.
Inizia per il giovane una fase di ansia e terrore: il poliziotto dapprima lo intimorisce, spiegandogli con modi bruschi a quale destino giudiziario andrà incontro per poi aprirsi e confidarsi con il ragazzo. Roma è scenario di paura ma anche di riconciliazione. Una città in grado di mettere a nudo gli istinti più reconditi dell’uomo, tanto quanto le insicurezze che lo stesso si porta dietro.
Lo sbirro è una persona sadica, irrisolta e decisamente insoddisfatta. Scarica prima su Tarek questo suo malessere, lungo l’arco della notte. Successivamente il giovane indonesiano si fa tuttavia spalla dell’uomo, arrivando quasi a rappresentare un’ancora di salvezza.
Fulvio Risuleo con Notte fantasma insegna come Roma decida di fatto il destino assegnato a ogni suo abitante con un ritardo nei trasporti, un appostamento della polizia in borghese e con le sirene dell’alcol e della droga che si trovano ad ogni angolo.
Noir dalle emozioni discordanti
Un grande merito del regista è quello di donare una rappresentazione sensoriale della città. I protagonisti, al netto di una caratterizzazione pensata e ragionata, vivono pradossalmente sullo sfondo. Il vero capo della scena è una Roma che si può quasi toccare, odorare e percepire sulla pelle.
Saggia l’ambientazione: il primo pit stop in macchina della coppia improbabile è un “kebbabbaro” di Termini, dove i passanti tatuati e ciondolanti, la birra da quattro soldi e le strade disastrate completano il puzzle di una scenografia azzeccata. Si percepisce il pericolo; quest’ultimo sgorga infatti da ogni frammento di screenplay e Roma in quel frangente mette praticamente le mani addosso a Tarek e ai malcapitati come lui.
Roma intesa come città che tradisce, che ingloba e risputa i più deboli. Tarek si rivelerà non essere affatto un debole: la sua natura gentile e assorta lo porterà ad aprire una breccia nel cuore del suo sequestratore. Da qui nasce una delle caratteristiche meno esaltanti di Notte fantasma.
Risuleo punta a creare una serie di sentimenti contrastanti: il poliziotto all’inizio schernisce Tarek (gli chiede addirittura perché non si vergogna di essere sovrappeso) lo umilia, lo insulta e lo costringe a fare cose che non vuole. Successivamente si apre con lui: addirittura dopo averlo lasciato andare, Tarek scopre che l’uomo ha anche una figlia a cui badare e che quindi parte del suo destino è collegato ad altri esseri viventi.
Se tutto ciò è ben pensato, non vuol dire che sia anche ben gestito. Una dicotomia del genere, se fosse affidata a registi più esperti, sarebbe presentata in maniera più qualitativa. Si rimane spiazzati davanti ai cambiamenti umorali di Edoardo Pesce (la “guardia”) e non colpiti.
La colpa è anche di un reparto attoriale non esorbitante, con due protagonisti ben assortiti ma dall’esperienza lavorativa diametralmente opposta: da un lato un esordiente, dall’altro il vincitore di un David di Donatello.
Notte fantasma quindi, ad un certo punto, abbandona la sua natura di thriller per porsi come un noir introspettivo. Le inquadrature sono infatti quasi nella loro interezza dedicate ai due personaggi principali e la trama abbandona il nodo azione per concentrarsi su un’impronta più marcatamente psicologica.
L’impianto generale è pensato bene ma quest’alternanza di fattori contenutistici dona all’opera (in fatto di risultato finale) una dimensione poco corposa. Notte fantasma arriva a perdere di robustezza e si sfalda dietro al perseguimento di intuizioni audaci ma di difficile realizzazione.
Rimane una sola e unica certezza: Roma è padrona.