Nulla si può contro la possessione demoniaca. Nei film, se ci si trova circondati da un’orda di zombie famelici basta mirare e colpire al cervello, se sono i lupi mannari i nostri avversari allora è sufficiente una pallottola d’argento diritta al cuore. Se si ha a che fare con i vampiri basta condurli sotto il sole cocente ed i loro corpi in breve saranno ridotti in cenere. Ma affrontare il diavolo è un’altra cosa. Raramente se ne esce indenni. Lo sa bene William Friedkin che con il suo celebre film L’esorcista (1973) pietra miliare del genere horror e cult movie tra i più imitati della storia del cinema, a distanza di quasi cinquant’anni continua incredibilmente a suscitare terrore e sgomento. Per la verità a guardarlo oggi L’esorcista appare un po’ “stagionato”. Sarà per quegli effetti speciali che all’epoca provocarono malori e svenimenti negli spettatori di tutto il mondo e che oggi invece hanno un aspetto un po’ antiquato. Eppure il film ha conservato intatto quel senso di angoscia e di puro terrore per via di quel male oscuro, arcaico e soprannaturale che d’improvviso piomba nella quotidianità di una famiglia normale e ne prende il possesso. E’ per questo motivo che oltre agli inevitabili prequel e sequel che seguirono al successo del film, L’esorcista ha prodotto una serie di film-copia che non sono mai stati in grado di superare “l’opera maestra”.
L’esorcismo di Hannah Grace (2018) del regista olandese Diederik Van Rooijen, soprattutto per la sequenza iniziale, è sicuramente uno di questi. Il film inizia laddove il capolavoro di Friedkin termina. C’è una giovanissima donna, Hannah Grace, dal volto emaciato ed il corpo livido e tumefatto, legata mani e piedi alle sbarre di un letto. Vicino a lei due sacerdoti che tentano con ogni forza di liberarla dal demone che si è impadronito del suo esile corpo (come non pensare dunque alla piccola Regan)? A ben poco serviranno le invocazioni e le preghiere dei due religiosi che presto saranno crudelmente uccisi dalla bestia maligna che si rivela del tutto indomabile. Al padre di Hannah Grace, che le è accanto, non rimarrà che uccidere sua figlia pur di renderla finalmente libera.
Grazie a questa scena, chiaramente ispirata al film L’esorcista, Van Rooijen riesce ad infondere una buona dose di terrore ma in seguito compie una scelta insolita ed il film cambia decisamente registro. Trascorsi tre mesi dal tragico evento, un ex poliziotta, Megan Reed (Shay Mitchell) dopo un incidente sul lavoro che l’ha profondamente turbata è alla ricerca di un nuovo impiego. Accetta di diventare la dipendente notturna dell’obitorio del Boston Metro Hospital. Scelta singolare per chiunque ma non per l’ex poliziotta ancora traumatizzata e alle prese con una dipendenza da psicofarmaci difficile da gestire. Prima stramberia di una sceneggiatura che dopo un buon inizio risulta alquanto mediocre soprattutto dal momento in cui il cadavere di Hannah Grace giungerà presso l’obitorio. Cominceranno ad accadere fatti inspiegabili all’interno della struttura e l’ex agente si accorgerà che le ferite inferte sul corpo di Hannah Grace stanno poco per volta rimarginandosi così come il colore dei suoi occhi che sta decisamente mutando. Hannah Grace o meglio, il demone che è in lei, ucciderà ancora e ad ogni omicidio commesso diventerà più forte. Sarà in grado la donna di sconfiggerlo definitivamente?
L’esorcismo di Hannah Grace passa dall’essere un film sulla possessione satanica ad una sorta di monster movie. Hannah Grace con il suo aspetto deforme e spaventoso si aggirerà per l’obitorio camminando sulle pareti, lievitando da terra e mietendo vittime. Al regista va sicuramente riconosciuto il merito di aver tentato d’intraprendere una strada nuova all’interno del filone demoniaco ma il risultato è tutt’altro che convincente. Il film annoia un bel po’ e le trovate narrative risultano essere solo dei noiosi cliché. Buona invece la scelta dell’ambientazione sotterranea. L’obitorio è asettico, freddo e, grazie ad una buona fotografia, cupo e costantemente in penombra. E’ un luogo claustrofobico che trasmette un forte senso di tensione grazie anche ad alcuni espedienti narrativi come lo spegnimento automatico delle luci a causa delle quali la protagonista spesso si ritrova completamente al buio. La stessa cupezza e lo stesso senso di smarrimento lo si trovava in un thriller degli anni novanta Nightwatch–Il guardiano di notte remake americano di un film danese, entrambi diretti da Ole Bornedal. Il film aveva come protagonista un giovanissimo Ewan McGregor nei panni di uno studente che per sbarcare il lunario accettava il lavoro di guardiano notturno all’interno di un obitorio. Non era però un spirito malvagio a dargli la caccia ma uno spietato serial killer che cercava di far ricadere sul malcapitato la responsabilità degli omicidi commessi.
L’intenzione di Diederik Van Rooijen con l’Esorcismo di Hannah Grace è invece quello di affrontare il tema del soprannaturale, della supremazia del Male sull’essere umano. Non riesce però nell’intento, per via soprattutto di una debole trama nonché scontata che riesce a stento a catturare l’attenzione di chiunque guardi il film.