Si commuove Adrien Brody ai microfoni di IndieWire durante l’intervista riguardante il suo nuovo progetto The Brutalist. Il film (in arrivo in sala nel nostro Paese dal 23 gennaio) – non solo é candidato in numerose categorie ai Golden Globes, ma ha visto il suo interprete trionfare nella categoria miglior attore a Venezia. The Brutalist vede Adrien Brody nei panni di László Tóth un architetto ungherese sopravvissuto all’olocausto che si reca in America con la speranza di creare arte.
Adrien Brody parla della sua interpretazione:
L’attore premio Oscar nota come siano innegabili le similitudini tra il suo ruolo in Il Pianista e quello di Tóth in The Brutalist: “The Brutalist inizia quasi dove [‘Il Pianista’] è finito, in un certo senso”, ha detto Brody. “È il viaggio di un immigrato ebreo che cerca di sopravvivere. Quelle specifiche difficoltà e perdite, il desiderio di ricominciare, il sogno di arrivare in un posto come l’America – dove il mito del sogno americano, soprattutto negli anni ’50 – [offre] la speranza di essere liberi da quella persecuzione e di in qualche modo forse ricominciare da capo“.
Ma non è facile per l’architetto László Tóth superare il trauma degli orrori dell’Olocausto. Mente progetta mobili moderni, biblioteche straordinarie e la mastodontica struttura brutalista ( da cui il titolo del film ) in cemento che domina il film. L’uomo – in lotta con la sua dipendenza da sostanze e con un mecenate americano ( Guy Pearce ) aspetta che sua moglie Erzsébet ( Felicity Jones ) lo raggiunga a New York.
Si chiede Adrien Brody raccontandosi ai giornalisti di IndieWire: “Come può essere creata l’arte in mezzo agli orrori delle profondità dell’oscurità in questi tempi storici? Quella grande arte e lo spirito umano possono in qualche modo trionfare attraverso questo. I traumi del nostro passato influenzano il nostro lavoro, le nostre scelte e la nostra esperienza. La psicologia del dopoguerra ha profondamente influenzato l’architettura del dopoguerra. Anche il movimento brutalista è un’antitesi agli ideali precedenti e parla di un modo di espressione modernista e futurista”.
Il valore emotivo di The Brutalist:
Discorrendo sulla costruzione del personaggio ( come riporta CinecittàNews ) ha poi detto: “László è un personaggio ben costruito su carta ma allo stesso tempo l’ho immediatamente sentito mio, l’ho compreso. Mia mamma è Sylvia Plachy, grande fotografa che lavora a NY: è fuggita dall’Ungheria, è stata quindi una rifugiata e, come László, ha cominciato la sua vita da capo, ma ha seguito il suo sogno di essere un’artista; capisco molto le ripercussioni di tutto questo sulla sua vita e sulla produzione artistica, e credo sia un parallelo fantastico con la vita e le creazioni di László, e su come la psicologia post bellica influenzi il nostro lavoro e altri aspetti della nostra esistenza.”
Continua Brody: “Il film è finzione ma ha un che di molto realistico, e credo questo sia stato importante per me, per rendere reale il personaggio. C’erano le complessità della progettazione architettonica e l’architettura come forma d’arte, connessi al trauma del passato che influenza un artista e, per immergermi in quell’esperienza di vita, affinché influenzasse la mia come attore e come uomo, trasformasse tutto nel personaggio, è servito che tutto confluisse”. E poi: “Ho avuto una vita intera di preparazione per questo ruolo. Ho desiderato a lungo un personaggio di questa complessità, che affrontasse così tanti temi personali per me. Provengo a origini molto umili, non l’ho mai dato per scontato”.
In conclusione, l’attore dedica ai nonni un pensiero colmo di rammarico: “Avrei voluto che potessero vedere parte del mio percorso. Le loro battaglie hanno influenzato profondamente il mio processo“.