Adrien Brody, tra poco al cinema con la sua ultima fatica cinematografica, The Brutalist di Brady Corbet, parla della sua celebre interpretazione ne Il Pianista di Roman Polanski. Il film, uscito nel 2002, è considerato una delle pellicole più accurate e drammatiche mai realizzate sull’Olocausto. Nonché, una delle interpretazioni più intense dell’attore.
Adrien Brody, infatti, ha rilasciato alcune dichiarazioni proprio su questo, parlando degli sforzi compiuti per interpretare quel ruolo. Brody, nel film, era Władysław Szpilman, compositore e pianista polacco di origini ebree, sopravvissuto all’Olocausto. Rinchiuso nel ghetto di Varsavia, scampò ai campi di sterminio nazisti grazie ad amici che lo nascosero, divenendo uno dei più famosi Robinson di Varsavia.
Per il ruolo, Adrien Brody ha intrapreso una dieta quasi da fame arrivando a perdere 13 kg, scendendo a 129 kg. Si diceva che l’attore “bevesse a malapena acqua” quando iniziarono le riprese del film, che è stato girato dalla fine, mostrando Szpilman nella sua forma più denutrita e smunta. Per arrivare a mostrare sullo schermo uno Szpilman emaciato, scarnito nelle ossa, Brody ha compiuto una trasformazione fisica notevole.
Adrien Brody e la trasformazione fisica
“È stata una trasformazione fisica necessaria per la narrazione”, ha detto Brody al Vulture del New York Magazine. “Ma poi questo mi ha aperto, spiritualmente, a una profondità di comprensione del vuoto e della fame in un modo che non avevo mai conosciuto.”
L’intero processo trasformativo gli ha provocato conseguenze durature, come insonnia e attacchi di panico, concordando sul fatto che soffriva di disturbo da stress post-traumatico per tutta l’esperienza. “Ho sicuramente avuto un disturbo alimentare per almeno un anno. E poi sono stato depresso per un anno, se non per tutta la vita. Sto scherzando, sto scherzando”, ha aggiunto.
La sua abnegazione nel ruolo, forte del metodo dell’Actors Studio, lo ha messo in condizioni al limite della sopportazione. Come sul set di The Jacket (2005), dove ha chiesto al regista, John Maybury, di imprigionarlo in una camicia di forza “così da potersi farsi un’idea” della condizione del protagonista.
Ancora, come durante la lavorazione di Oxygen (1999), in cui interpretava un serial killer con l’apparecchio, dove ha deciso di non indossare un apparecchio protesico, aggiungendo: “Non sapevo quanto fosse doloroso finché non mi hanno infilato delle pinze e alla fine me le hanno strappate dai denti”.