Zodiac è il nome del famigerato assassino seriale che tra la fine degli anni Sessanta e la metà del decennio successivo terrorizzò la California, aggredendo e uccidendo un numero ancora incerto di persone. Se avesse agito in quest’epoca probabilmente nel giro di qualche mese sarebbe stato incastrato. In quegli anni invece la tecnologia forense non era così avanzata e le forze dell’ordine, anche per via di una certa inettitudine, non riuscirono mai a catturarlo. Eppure Zodiac di tracce ne lasciava parecchie e addirittura rivendicava i suoi omicidi attraverso lettere cifrate che inviava ai principali quotidiani americani. Il Killer dello Zodiaco lasciò intendere di aver commesso più di trenta delitti sebbene il suo nome ufficialmente sia stato collegato solo a cinque omicidi. Alla fine degli anni Settanta improvvisamente scomparve. La sua identità rappresenta ancora oggi uno dei misteri più noti della cronaca nera americana. David Fincher, maestro del genere thriller e amante delle storie a tinte noir, si appassiona alla vicenda e con lo sceneggiatore James Vanderbilt (che adatta il romanzo-inchiesta di Robert Graysmith) nel 2007 gira Zodiac, il film che ripercorre la carriera criminale dell’assassino.
California. Estate 1969. Due giovani fidanzati si appartano con l’auto in un parco. Sono raggiunti da uno sconosciuto che li colpisce con numerosi colpi di pistola. La donna muore, l’uomo rimane gravemente ferito. L’aggressore telefona alla polizia. Rivendica l’omicidio e confessa di averne in passato commesso già un altro. Poco dopo alla redazione del San Francisco Chronicle arriva una lettera anonima, la prima di una lunga serie. Appartiene all’assassino. Vuole che il giornale parli di lui, esige che sia dato il giusto spazio alla sua figura. In caso contrario compierà altri delitti. La lettera contiene anche un complicato messaggio in codice che se tradotto, potrebbe rivelare la sua identità. Cominciano le indagini. A condurre il caso c’è l’ispettore Dave Toschi (Mark Ruffalo) aiutato dal giovane vignettista Robert Graysmith (Jake Gyllenhaal) e dal cinico giornalista di cronaca nera Paul Avery (Robert Downey Jr.). Quest’ultimo getterà la spugna dopo aver subito minacce dal killer. Anche l’ispettore Toschi ad un certo punto abbandonerà il caso. Graysmith si troverà da solo a portare aventi un’estenuante caccia all’uomo che durerà per circa un ventennio. Zodiac diventerà per lui un chiodo fisso, una vera e propria ossessione. Rinuncerà alla carriera e alla famiglia per poter dare un volto all’efferato criminale. E quando sarà certo di averlo trovato nell’ambiguo Arthur Leigh Allen, questo morirà poco prima di essere incriminato.
Gran parte della filmografia di David Fincher è costellata di personaggi malati, perversi che si muovono indisturbati dentro una società debole e corrotta. Tra tutti, il più pericoloso è il mefistofelico John Doe (Kevin Spacey) nel thriller poliziesco Seven. A guardarlo bene Zodiac non è poi così diverso dal suo illustre predecessore. E’ uno squilibrato, un maniaco mediatico, uno che vuole visibilità e che schernisce la polizia dimostrandone l’inadeguatezza. Fincher con Zodiac non fa altro che portare avanti il lavoro sul genere poliziesco che aveva iniziato con Seven. Questa volta però non stiamo sulle spine nell’attesa di un epilogo spiazzante. Zodiac punta tutto sulla ricostruzione del caso. E’ un giallo atipico, una pellicola d’inchiesta che possiede comunque momenti di vera tensione. Spesso i film di Fincher contengono due piani narrativi. Uno visibile e che dunque ci è consentito di conoscere, l’altro che è ben nascosto, che si comprende solo nella parte finale, che sbalordisce e disorienta. In Gone Girl, in Fight Club e ancor più nel magnifico Seven Fincher ci lascia col fiato sospeso fino ad un epilogo folgorante. Zodiac invece è un thriller fuori le righe perché sappiamo sin da subito che non assisteremo ad un finale al cardiopalma. D’altronde l’identità dell’assassino è ancora oggi un mistero ed è per questo che il maniaco ci appare per tutto il tempo inafferrabile e sfuggente. Non ci è mai concesso di vedere Zodiac se non in una scena avvolto in uno stravagante travestimento. Eppure non mancano momenti di puro terrore. Come la scena, vagamente hitchcockiana, nella quale il vignettista si trova braccato in un sottoscala accanto all’ uomo che potrebbe essere il killer o la sequenza iniziale, nella quale Fincher si avvale di uno straordinario movimento di macchina (un carrello) per condurci verso il primo efferato delitto. La ferocia di Zodiac però è per lo più indiretta, la percepiamo attraverso le conversazioni dei protagonisti. Per oltre due ore e mezzo ciò che ci cattura non sono le sue azioni ma i ragionamenti del detective e dei giornalisti. Analizziamo indizi, date, nomi, ripercorriamo a ritroso fatti, avvenimenti. E quando sembra che la soluzione del caso sia ormai prossima ecco che qualcosa non quadra, ecco che i ragionamenti che avevano condotto verso un indiziato non funzionano più e occorre ricominciare tutto daccapo. Fincher sembra quasi provare un sadico compiacimento nel vedere i protagonisti del film dimenarsi e agitarsi senza mai giungere ad un punto d’arrivo.
Oltre all’abilità registica di Fincher e alla sceneggiatura straordinaria di Vanderbilt che gli valse importanti riconoscimenti, in Zodiac c’è una accuratissima ricostruzione del periodo in cui la vicenda avvenne. I due giornalisti che si muovono con grande disinvoltura all’interno della redazione del San Francisco Chronicle ci riportano alla mente altri due audaci cronisti quelli col volto di Robert Redford e Dustin Hoffman che in Tutti gli uomini del presidente portarono avanti la scottante inchiesta giornalistica nota come lo scandalo Watergate che condusse, all’inizio degli anni Settanta, alle dimissioni dell’allora presidente Richard Nixon. Fincher come Pakula ha lo stesso freddo e distaccato approccio nei confronti della vicenda narrata. Zodiac è un film senza fronzoli che preferisce alla spettacolarità, la verità dei fatti. Con Zodiac Fincher dimostra ancora una volta di essere un ottimo autore e tra i più versatili. Lo conferma anche Mank, il suo ultimo film basato sulla storia dello sceneggiatore di Quarto Potere. Vincitore già di molti premi e in corsa con ben 6 candidature ai prossimi Golden Globe, siamo certi che se ne aggiudicherà parecchi.