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Tori e Lokita – Recensione dell’ultimo film dei fratelli Dardenne

Tori e Lokita – Trama

Tori e Lokita sono fratelli, non sono fratelli, non si dice espressamente, non si nega espressamente. Sono arrivati in Belgio dalla Francia e prima della Francia hanno viaggiato disperatamente in mare: sono africani, nigeriani, congolesi, sono di un villaggio con famiglie a carico, con fratelli da iscrivere a scuola e stregoni a comandare le tribù.

Lei ha i documenti, lui no: vivono in un centro accoglienza, cercano lavoro, hanno bisogno di denaro, e più di ogni altra cosa, sono inseparabili, perché scampati alla fine.

Tori e Lokita

Lokita (Joely Mbundu) canta in un locale assieme a Tori (Pablo Schils), per pochi spiccioli ed un po’ di focaccia: poi prende la droga dallo chef e spaccia per suo conto. Vorrebbe mandare quanto guadagna a casa ma quelli che l’hanno portata nel tragitto della disperazione fino a qui le chiedono il conto del terribile viaggio.

All’ennesimo questionario, incontro, rifiuto e nuova attesa che la burocrazia del paese “ospitante” frappone fra Lokita e quel visto che le darebbe la possibilità di trovare lavoro, la ragazza decide di rivolgersi al padrone-chef per cui spaccia. L’uomo gli garantisce di riuscire ad ottenere documenti falsi, ma in cambio dovrà curare la crescita di marjiuana in serre illegali coltivate in un capannone sperduto, dimenticandosi del mondo per tre mesi: in quel mondo è ricompreso Tori, e Lokita non sa se riuscirà a mantenere controllo e fiducia lontano da lui.

Tori e Lokita

Tori e Lokita – Recensione

Tornano i fratelli Dardenne, premiati a Cannes 2022 per il 75. anniversario, con il loro sguardo implacabile, il rigore di una narrazione meticolosa e diretta, lo stile essenziale, intimamente disciplinato, politicamente impegnato, che non fa sconti e si fa trovare sempre sul pezzo, e tornano con un racconto cristallino di barbara normalità, caso di cronaca come molti, ma anche esemplificazione dello scontro tra occidente sfruttatore e migranti in difficoltà, tra esuli e dominatori, tra abusati ed impossibilitati a far sentire la propria voce.

Tori e Lokita sono testimonianza di una violenza sistemica, riflessione empirica, dolorosa e quasi impotente sul divario di umanità che ci corrode consapevolmente ed inconsapevolmente, e scorre indisturbato nelle pieghe non viste o non volute vedere della società, tra gli invisibili che hanno smesso per contingenze controllabili e non, di essere persone, diventando merce.

Tori e Lokita 2

I protagonisti sono una coppia indecifrabile dove a dispetto dell’ età, non si riesce a capire chi sia la guida e chi il guidato, chi protegge e chi è protettore. Lokita è determinata e forte, ha una voce angelica con cui canta dolcissime ninne nanne a Tori, ma soffre di attacchi d’ansia e di sconforto. Tori più piccolo ed apparentemente inerme, è sveglio e risoluto, capisce al volo le situazioni, sa come muoversi e come rispondere per non finire nei guai.

Sono fratelli di “partenze”, provenienti tutti e due da una mamma-Africa intossicata, poverissima, orfana di tutto e sono in cerca di un’opportunità, di accoglienza. I due si intercettano in continuazione, non riescono a perdersi di vista, si danno conforto con la presenza e la volontà di riuscire ad abbandonare il limbo precarissimo e pericoloso in cui li tengono confinati, immaginano una vita normale, un ricongiungimento con le famiglie lontane, la costruzione di un futuro, onesto e possibile, su suolo europeo.

Alla ricerca di un nuovo mondo per riscostruire la propria infanzia

Questa ricerca di un mondo nuovo e migliore in cui poter introdursi e far avverare i propri desideri è un tentativo di ricostruire la bellezza dell’ infanzia, infanzia poco protetta la loro, che qui ha dismesso totalmente i panni di luogo felice (se mai li aveva ricoperti). Tori e Lokita sono il segno di qualcosa che non c’è più: la solidarietà non esibita, la memoria pura dei soccombenti.

Ancora una volta la telecamera dei Dardenne punta il dito senza giri di parole, attenta al particolare del contesto, al rapporto causa-effetto nell’orchestrazione degli eventi, al background di chi ingombra la scena, con inquadrature in movimento che riprendono i personaggi in una caccia continua al luogo, alla persona, alla destinazione da raggiungere, come se il loro viaggio per la sopravvivenza fosse ancora in pieno svolgimento e ben lontano da porto sicuro.

Tori e Lokita

Le concessioni, i ricatti, gli abusi lasciati accadere per una banconota di un altro colore, le privazioni subite e paventate sempre più vicine al limite della sopportazione, la scelta della via illegittima, perché quella legittima non vuole farsi percorrere, sfidano la tolleranza di chi deve affrontare queste avventure per ottenere una firma sotto la propria identità, un via libera per un proprio diritto.

Tori e Lokita – Cast

Si alternano primi piani fissi sui volti dei protagonisti, di pietra il piccolo Tori, forza della natura, in apparenza incapace di provare paura e di Lokita, piccola madre in corpo di ragazza dalla pelle onesta, fragile, forte, restia a cattiverie e ripensamenti.

Due attori non professionisti ripresi nella loro spontanea convinzione, in una fraternità che li lega nella vittoria e nella sconfitta fino alla fine, durante una lotta fatta di nascondimenti e chiamate al cellulare, di filastrocche cantate abbracciati e del rombo inquieto del rozzo impianto di areazione di una serra/prigione.

Nuovi volti acerbi e puri

Quanto costa sognare pulito in un mondo che vuole farti sporcare; quante forza richiede tenere alta una testa nera in mezzo a tante bianche più fortunate (che si dimenticano di essere più fortunate). Tori e Lokita si muovono nelle rispettive aure magnetiche che ci impediscono, se non a costo di soffrire, di vederli lontani.

Tori e Lokita

Come ne L’età giovane (2019), anche qui i Dardenne preferiscono volti nuovi, acerbi e fulminanti, espressivi al massimo grado, meglio se giovani, se bambini, perché racchiudono quella contraddizione tra innocenza e ruvida decisione che amplifica i confini del problema da gestire.

La differenza ora è nel concedere alla brutalmente banale cronaca uno spazio di relazione tra due esseri viventi che ci appare chiarissimo nella sua potenza e profondità al di là di una miope definizione anagrafica.

I Dardenne e la fraternità sconosciuta, mistificata, calpestata, registi sempre vicini al cuore caldo delle questioni controverse, con riflettori accesi su questioni di evidente discrasia umana, che dovrebbero imporre riflessioni ed azioni ben più concrete di quelle che vediamo applicate oggi.

Tori e Lokita sono in sé e per sè mille storie simili che abbiamo sentito o possiamo immaginare esistano rimanendo bloccate nella loro impietosa problematicità: i Dardenne non se ne vogliono dimenticare e non vogliono che ce ne dimentichiamo noi.

Tori e Lokita – Trailer

PANORAMICA RECENSIONE

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Tori e Lokita sono inseparabili fratelli di viaggio: arrivati in Belgio dall'Africa, lei non ha i documenti per un lavoro e fa di tutto per ottenerli, ma non può rinunciare a Tori. Un caso che potrebbe essere mille casi di cronaca contemporanea, reso speciale dall'essenzialità rigorosa dei Dardenne e da un rapporto speciale, che unisce due anime superstiti dell'inferno. Una riflessione sul concetto di fratellanza e solidarietà, al di fuori della burocrazia e dell'indifferenza dell'occidente ospitante.
Pyndaro
Pyndaro
Cosa so fare: osservare, immaginare, collegare, girare l’angolo  Cosa non so fare: smettere di scrivere  Cosa mangio: interpunzioni e tutta l’arte in genere  Cosa amo: i quadri che non cerchiano, e viceversa.  Cosa penso: il cinema gioca con le immagini; io con le parole. Dovevamo incontrarci prima o poi.

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